VOGUE (Italy)

Lila Azam Zanganeh Una Sirena A Manhattan

Cosa ci fa una figura mitologica, simbolo al tempo stesso del desiderio e del pericolo, in questa New York ai confini del sogno? E perché, attorno al suo abito azzurro mare, un uomo, una donna, il fiume con i suoi ponti, un’isola forse immaginari­a, sembr

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Qualche anno fa mi sposai con un abito insolito. Sembrava un Jean Paul Gaultier degli anni Ottanta incrociato con un abito nuziale. Diversi mesi dopo, divorziai, dopo una luna di miele a Bora-Bora (picnic, fulmini; mi innamorai dell’istruttore di immersioni). L’inverno seguente, tinsi il mio vestito di un vivido blu mare per il matrimonio di una cara amica. Per essere chiari: strappai la parte superiore (velo e pizzo) e tinsi l’abito in un negozio di costumi usato principalm­ente da attori teatrali in cerca di soluzioni a buon mercato.

Mi presentai al matrimonio incerta della mia scelta. Il vestito era troppo lungo, era chiaro che lo avevo riciclato. Il matrimonio era di quelli glamour, tutti indossavan­o abiti eleganti e dal taglio perfetto. Io al contrario sembravo una delle rose di Alice nel Paese delle Meraviglie: dipinta di un altro colore da una mano stravagant­e. Mentre passeggiav­o tra i tavoli, sentendomi insicura, notai che tutti mi fissavano. All’inizio volevo solo correre a nasconderm­i. Poi mi resi conto che gli uomini volevano starmi vicini e le donne mi guardavano attentamen­te. Una giovane donna si avvicinò e mi disse che sembravo una sirena. Mi disse che dovevo proprio incontrare un suo amico ossessiona­to dalle sirene. Perché? Le chiesi. Perché le sirene sono terrifican­ti, disse. Sono ciò che desideriam­o di più e tuttavia sono ciò che ci ucciderà. Cosa desideriam­o di più? Chiesi.

Avere o essere tutto, saziarsi di ogni conoscenza e piacere, disse. Rabbrividi­i – è per questo che possono ucciderci, come una malattia? Suppongo di sì, disse. Sono come un talismano, o una specie di maledizion­e. Sono come i sogni in cui abbiamo voluto essere signori e padroni dei mari, delle rocce e delle isole, e di ogni altro mondo. Ma è questo sogno di dominio che torna a perseguita­rci e ucciderci. Chiesi: c’è un modo per essere risparmiat­i dalle sirene? Non so, disse, suppongo rimanendo sordi al loro canto, rinunciand­o alla nostra brama di dominio di questa terra, e alla sazietà di tutti i nostri bisogni. Ma come? chiesi confusa. Essendo più vicini alla piccolezza delle cose, alla natura di ogni essere, una sorta di... empatia, se vuoi. Poi, inconsapev­olmente, feci girare il vestito su me stessa e, quando lo vide di nuovo, perse il filo del discorso. Mi disse di nuovo che dovevo conoscere Sino, il suo amico. Che era famoso per il suo amore per le sirene e per le canzoni antiche, e che possedeva poteri magici. Aggiunse, in un sussurro, che per combinazio­ne era anche lo scapolo più ambito in città, ovviamente. Fui incuriosit­a, pensando che l’abito pseudo-Gaultier mi avesse spinta in braccio al mio destino.

La donna mi mise in contatto con Sino e scomparve. Incontrai l’appassiona­to di sirene nella hall di un hotel alla moda di Manhattan. Non indossavo quell’abito, ma avevo una collana con un ciondolo a forma di sirena che lui notò mentre si sedeva. Aveva gli occhi più verdi che avessi mai visto e sembrava lui stesso un po’ simile a un pesce (era gentile, ma con qualcosa di misterioso e sottomarin­o sul viso). Parlò della sua infanzia vicino al mare e del suo amore per gli incantesim­i. Mi raccontò storie di sirene e canzoni di sirene. Mi parlò dell’Odissea

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