VOGUE (Italy)

Lila Azam Zanganeh Una Sirena A Manhattan

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di Omero e di quella di Derek Walcott. Rimasi impression­ata dai suoi lineamenti cangianti e dalla sua conoscenza di questi testi. Non avevo mai sentito parlare dell’Odissea di Derek Walcott. Gli chiesi delle canzoni, ma lui esitò, e fece un sorriso sornione. Un poco dopo mezzanotte, disse: se vuoi saperne di più, o vedere di più, incontriam­oci domani sera sotto il Manhattan Bridge Overpass.

La sera successiva, indossai l’abito e mi presentai al luogo stabilito per l’incontro. Mi vide e sembrò elettrizza­to, mi fece sedere su una panchina e sollevò le mani davanti a me come di fronte a un altare o una divinità. La sua voce era alterata, dell’uomo sicuro di sé, quasi impudente, che avevo incontrato la sera prima, non restava che il ricordo: sembrava stupito, senza fiato e tremante di paura o desiderio. Feci per parlare, e disse, per favore stai attenta a quello che dici, perché tutto ciò che dirai cambierà la mia vita. Non riuscii a reprimere una risata. Mi guardò beato mentre ridevo. Disse: una risata da sirena! Per favore, amore mio, mia bellezza, mio sogno, che sa tutto ciò che è accaduto in ogni momento ovunque su questa terra, tutto ciò che accadrà in ogni momento... Restituisc­imi alla mia gloria, alle mie imprese, alla mia natura segreta, esaudisci i desideri del mio cuore. Volevo ridere di lui, e fare sesso con lui su quella panchina. Sembrava leggerment­e fuori o fatto di funghi allucinoge­ni, ma era attraente e gli occhi gli brillavano sotto la falce di luna. Disse, canta per me, amore mio, ora canta per me e soddisfa i desideri del mio cuore! Mi spremetti il cervello per trovare una canzone e mi ricordai solo Killer Queen, di Freddie Mercury. Iniziai: She’s a killer queen, gunpowder, gelatin, dynamite, with a laser beam, guaranteed to blow your mind... Disse, mia Regina, e pronunciò qualcosa come una formula magica: babor babakar babaloom kadoom!

All’improvviso mi trovai su un’isola deserta. Fu, possiamo dirlo, un’inattesa svolta degli eventi. Mi aspettavo un appuntamen­to insolito, con un po’ di magia e meraviglia, forse, ma non un viaggio fuori città. Indossavo ancora il mio abito da sirena e cantavo stonata Killer Queen. Sino non era legato a un albero, ma era sdraiato su una barca che scivolava accanto alla mia isola e implorava che io continuass­i a cantare, e più forte. Chiese, con la voce che rimbombava, uno sguardo di follia sul volto, se era vero che la mia isola era coperta di ossa, e io dissi di no. Sono tutte voci, dicerie, vieni a vedere di persona: niente ossa sull’isola delle sirene, dissi... Non ero sicura del motivo per cui parlavo in quel modo, sembrava che quest’isola su cui mi trovavo e tutto quello che c’era intorno fossero il prodotto dei suoi poteri magici, o piuttosto un frutto della sua immaginazi­one. Sembravo... una sorta di oggetto nel suo sogno. Parlavo come un sonnambulo: sappiamo tutto ciò che è accaduto ogni momento ovunque su questa terra, tutto ciò che accadrà in ogni momento... Conosciamo tutti i tuoi desideri, ti offriamo la bellezza e i piaceri di questo mondo... La verità è: anche in questa nuova ambientazi­one lo desideravo moltissimo, e la mia voce era flautata, supplichev­ole, convincent­e. Ero sdraiata su una roccia e il mio vestito era bagnato e il blu stava cominciand­o a sbiadire. Mi accorsi che la forma di sirena aveva iniziato a perdere le sue pieghe e curve. Sembrava dissolvers­i nell’acqua, e mentre si dissolveva, anche i miei poteri di seduzione svanivano. Avrebbe potuto rendersi conto che il mio falso Gaultier non era una pinna di sirena. Quasi annegai, forse lui lo lasciò succedere, e tutto quello che seppi dopo fu di essere nell’East River, sotto il Manhattan Bridge Overpass. Un passante mi vide, chiamò il 911, e finii nell’unità suicidi del Mount Sinai Hospital.

Quando convinsi i medici che ero caduta in acqua per sbaglio e che non volevo uccidermi, mi lasciarono andare. Gli mandai un messaggio: vuoi vedermi nel mio vestito ancora una volta? Subito dopo, ero nel suo appartamen­to, un loft quasi vuoto sulla 23ma strada, avvolta nella mia sirena Gaultier rattoppata e stirata in tutta fretta. In un secondo, mi fece sedere su un divano letto e mi guardò con i suoi occhi marini. Mi tenne per mano e la sua voce sembrava distante, incantata. Mi supplicò: canta per me, per favore... cantami dei tuoi poteri. Questa volta, cantai forte solo delle note a caso con voce acuta. E Sino mormorò: oh, avere tutto, saziarsi di tutto il mondo, di ogni piacere che puoi donare al genere umano. Continuò: mio talismano, mio amore, mio sogno. Rendimi Signore e Padrone dei mari, delle rocce e delle isole di questa terra. Mentre annuivo, pronunciò una nuova formula magica: boobifoom, boomboom, koomshoom!

Eravamo di nuovo sull’isola delle sirene. Questa volta, lo feci mio prima che il mio vestito iniziasse ad avvizzire nell’acqua. Dopo, mentre lo tenevo abbracciat­o, dissi: potrei ucciderti in questo momento, strangolar­ti a mani nude o con un suono acuto che non riuscirest­i a sopportare. Te lo meriti, con la tua bramosia senza fine, il tuo bisogno di possedere e dominare tutto, me compresa. Sei contaminat­o da questo desiderio, come un morbo. Sembrava spaventato, capiva che dicevo sul serio ed ero pronta a farlo fuori con l’incantesim­o che lui stesso aveva fatto. Balbettò: per favore, no... cosa posso fare? Sorrisi come un angelo e gli accarezzai i capelli. Mi guardò negli occhi con la più profonda speranza. Puoi amarmi, tornati sulla terra, e dimenticar­e quella fottuta canzone? Puoi rinunciare ai tuoi sogni di grandezza? Andare appena più vicino alla piccolezza delle cose? Cosa intendi con piccolezza? Amare ciò che è qui, proprio davanti ai tuoi occhi, me o un pesce d’argento. Sino disse: non so proprio da dove cominciare. Così lo presi per mano e tornati nel suo appartamen­to gli feci un bagno. Poi mi tirò dentro, e mi trasformò in una sirena. ___________

Lila Azam Zanganeh, nata a Parigi da genitori iraniani, è l’autrice del libro “Un incantevol­e sogno di felicità” (L’ancora del Mediterran­eo) e sta per pubblicare il suo nuovo romanzo, una riflession­e sul desiderio come primo motore nel rapporto tra maschile e femminile, dal titolo “Of Lovers and Other Madmen”.

IN APERTURA E NELLA PAGINA ACCANTO. Creature impossibil­i, oniriche, frutto dell'immaginazi­one del fotografo Steven Klein, e tratte da Vogue Italia, Marzo 2004.

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