Quando Nasciamo Siamo Nudi
Il genere è una questione di fisiologia e di sovrastrutture culturali. E dunque l’abito deve essere il mezzo per definire la propria vera identità: uno strumento di tolleranza.
Un mese prima della settimana della moda parigina A/I 2020, Arnaud Vaillant, co-designer del brand francese Coperni, mi dice che lui e Sébastien Meyer faranno sfilare Juno Mitchell nel loro show d’esordio. Juno è forse il primo caso di “they model” a Parigi e, come precisa l’agente, con lui va usata la terza persona plurale, perché Juno non è né “lei” né “lui”, ma “loro”, una di quelle persone che non vogliono essere né uomini né donne. Ma è davvero così necessario scegliere il proprio genere? Quando nasciamo siamo nudi, non dovremmo essere etichettati. Ecco allora che Yuasa, brand giapponese di underwear maschile con base a New York, come testimonial ha ingaggiato il modello britannico transgender Finn Buchanan, mentre sul sito di e-commerce Youdoyou. com tutto è agender, dall’abbigliamento agli accessori, dai cosmetici al lifestyle. Obiettivo: dimostrare che la moda si adatta a tutti.
Carl Jung scriveva: «Anima, l’immagine archetipica della donna, è presente a tutti gli effetti nel corpo dell’uomo. Analogamente, nell’anima femminile di una donna si trova una forte immagine archetipica maschile, Animus. La nostra struttura mentale è stata predeterminata da Dio sulla base di questo dualismo». Oltre che da peculiarità fisiche, la differenza è indotta anche da sovrastrutture sociali. Che si tratti di una società femminista o patriarcale, si direbbe che il giusto assoluto non possa che nascere da idee assolute. La moda, invece, si adegua alle caratteristiche naturali di ognuno, diventando un fattore di tolleranza. Gaultier negli anni 80 sfidava gli stereotipi imposti dalla società con busti aderenti e pizzo per gli uomini. «Le donne hanno il diritto di mostrare il loro potere e gli uomini quello di esibire le loro debolezze», affermava. «Nel caso delle donne, si sono fatti molti passi avanti, ma per gli uomini la strada della moda continua a essere a senso unico».
Uno che di passi ne ha fatti è lo scozzese Charles Jeffrey, che nel 2015 ha fondato il brand Charles Jeffrey Loverboy. Il designer è uno strenuo sostenitore della libera espressione agender nell’abbigliamento e sostiene che la moda non vada più valutata in termini di brutto o bello, ma in base alla sua capacità di aiutare le persone a trovare se stesse, integrando la consapevolezza di genere con uno spirito anarchico vagamente carnevalesco.
Le definizioni di genere si basano dunque sulla fisiologia. Se il nostro corpo ha un aspetto maschile, decidiamo che siamo maschi e non ci lasciamo influenzare da quello che ci dice la mente. Maschile e femminile è definito anche dalla cultura, dalle attività produttive. A lungo, il sistema economico ha indicato gli uomini quali responsabili dei mezzi di produzione e di sussistenza, e delle decisioni necessarie al benessere collettivo, e coraggio, determinazione sono diventati pertanto loro qualità. Quindi, apparteniamo all’uno o all’altro genere in quanto materia, non in quanto spirito, anche se, quando siamo soddisfatti della nostra identità materiale, ci identifichiamo in essa e assumiamo il ruolo che, dal punto di vista degli altri, ci compete.
Culturalmente, la generazione Z è la più diversificata, nata e cresciuta com’è in famiglie variabili quanto a struttura, composizione etnica e identità di genere. Alessandro Trincone, designer italiano emergente, l’ha ben rappresentata dichiarando: «Io non creo capi per gli uomini o per le donne, ma per le persone». Con lo sviluppo della società, menswear e womenswear non saranno etichette che definiscono genere e orientamento sessuale, ma mezzi per dichiarare la propria identità. Di fatto, la cultura della moda dovrebbe progredire, farsi sempre più diversificata, democratica e imparziale. Qualità queste che non possono limitarsi a ciò che oggi è un’esplicita dichiarazione di intenti nel campo dell’abbigliamento, ma che devono diventare cardine nel lavoro di quei designer che promuovono una moda agender, aperta a tutte le differenze. _