IL GIGANTE
Dopo un tour di proporzioni, e SUCCESSO, incredibili, MARRACASH torna sul palco con un FESTIVAL attesissimo. Da vero KING. Di SOFIA VIGANÒ
Me lo aspettavo così e così l’ho trovato: alto, anzi altissimo. E poi, senza dubbio, disponibile. Nonostante gli abbiano chiesto di tutto, Marracash a questo tutto ha sempre, puntualmente, risposto. Perché «la gentilezza è un valore», ammette, «e perché ci vuole quel tanto di spregiudicatezza che ha preso il posto della sregolatezza. La società premia i folli, gli audaci e i narcisisti. Il genio fa rima con il successo, il successo con la spregiudicatezza». Una parola che, vocabolario alla mano, ha molto a che fare con l’indipendenza e un certo grado di ostentazione. Insomma con il Marrageddon. Ovvero, per chi non lo sapesse, l’attesissimo e “omonimo” festival di musica rap in programma il 23 e il 30 settembre, rispettivamente a Milano e Napoli. «L’idea è nata senza alcun tipo di calcolo: venivo da un tour clamoroso, farne un altro non aveva senso. Era questo il format giusto». La line up è affollatissima: Salmo, Fabri Fibra, Shiva e Paky a Milano; Madame, Lazza e Geolier a Napoli. Senza dimenticare Guè - “padre”, insieme a Marracash, di Santeria (anno domini 2016, ndr) - che, a grandissima richiesta, sarà presente in entrambe le città. Santeria, così come Noi, loro, gli altri e Persona sono album immortali, o quanto meno candidati all’immortalità. «Per guadagnarti un palco che non invecchia devi avere della musica che non invecchia», spiega riferendosi ad “highlander” come Vasco e i Depeche Mode. Il successo, insomma, non si improvvisa. E d’altronde questo suo momento, imponente e massivo, Marracash lo ha costruito con il tempo, arrivando all’apice a 40 anni dopo un periodo di crisi. Un po’ come Pedro Pascal. « Persona è nato come un progetto maturo perché lo ero io. Lo stesso vale per Noi, loro, gli altri ». Un disco, quest’ultimo, considerato il migliore del 2022 e premiato con la Targa Tenco, il riconoscimento che dal 1984 celebra cantautori come De André, Battiato, Gaber e Marracash. Un primato: nessun album rap era arrivato all’oro fino a quel momento. Ma come “scrive” Marracash? «Vado molto in profondità, attraverso vari processi decisionali, “alla giapponese”. Faccio una super selezione e questo si applica un po’ a tutto: alle persone che frequento, a quel che scrivo, ai film che guardo». Marracash riflessivo dunque, oltre che alto (altissimo) e gentile. Ma anche “vivo”. «È il complimento che vorrei ricevere: io sono molto vivo».