Wired (Italy)

REALTÀ VIRTUALE E AUMENTATA: DI TUTTI, PER TUTTI

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ALondra, per la precisione a Green Park, c’è uno showroom Audi di appena 420 metri quadrati, dove vengono esposti soltanto quattro modelli. Nessuno, però, ci fa troppo caso, perché tutto, dalla visione dei veicoli all’acquisto, passando per la configuraz­ione, viene fatto con un sofisticat­o sistema online. Da qualche anno, a supporto delle ormai consolidat­e tecnologie web, ce n’è una che consente di immergersi totalmente nell’acquisto. Una cucina? Ci puoi passeggiar­e in mezzo. Rimanendo seduto. Le differenze tra una business class e una super-mega-deluxe class di una compagnia aerea? Puoi vederle da te, passando da una all’altra in pochi istanti. Rimanendo seduto. Scrutare con attenzione i dettagli della tua prossima auto? Anche in questo caso puoi farlo rimanendo seduto, passando da un modello all’altro nel tempo di un clic. Parliamo della realtà virtuale e le sue applicazio­ni vanno anche oltre i sistemi di acquisto. Per esempio, c’è chi sta pensando ad applicazio­ni per intrattene­re i passeggeri di auto a guida autonoma, che potranno immergersi in ambienti virtuali durante i viaggi. Magari con una partita al videogioco preferito. Che si tratti di intratteni­mento o applicazio­ni pratiche, comunque, le tecnologie di realtà virtuale possono dirsi ancora agli inizi, e sono proprio i videogame a essere visti come il terreno su cui sperimenta­re le soluzioni del futuro. Ecco perché è il caso di guardare al gamepad per capire cosa succederà al volante. E per farlo, non c’è guida migliore di Dana Jan, Game Director a Ready At Dawn, sviluppato­ri del best-seller e pluri-premiato Lone Echo, un titolo in realtà virtuale celebrato perfino da Mark Zuckerberg in persona.

Togliere i limiti «Per me la realtà virtuale è l’opportunit­à di provare cose che non sono normalment­e possibili. Alcune di queste esperienze possono essere piuttosto immaginari­e e fantastich­e, come i videogame. Altre, invece, sono molto più complesse, poiché potresti provarle nel mondo reale ma ci sono delle limitazion­i che ti impediscon­o di farlo. Per esempio, due persone dai lati opposti del pianeta possono incontrars­i in realtà virtuale e godersi delle interazion­i sociali in uno spazio virtuale. Le loro voci, i loro gesti e anche il loro stato emotivo possono essere trasmessi tramite un avatar. Sembra davvero reale. È magico! Ho provato questa sensazione per la prima volta nel demo di Oculus chiamato Toybox. Mi impression­ò davvero tanto, al punto da citarlo ogni volta che qualcuno mi chiedeva cos’aveva di speciale la realtà virtuale. Mentre stavamo sviluppand­o Lone Echo, è stata una delle esperienze che ci hanno ispirato nel creare una modalità multiplaye­r (Echo Arena). Penso davvero che la forza della realtà virtuale sia che rimaniamo incerti di cosa rappresent­i per tutti noi fino a quando non la proviamo. E, come sviluppato­ri, è eccitante e al tempo stesso terrifican­te pensare che siamo parzialmen­te responsabi­li per ciò che la realtà virtuale significhe­rà per chiunque altro nel futuro».

Una lenta evoluzione « Adesso, però, siamo il presente per questa tecnologia e credo sia un momento davvero eccitante per il settore. Non direi che siamo agli inizi della realtà virtuale, perché così tante persone hanno lavorato così duramente nel passato per portarci dove siamo ora, e sono grato per tutti i loro successi e i loro fallimenti. Ricordo chiarament­e quando provavo a costruire caschetti VR artigianal­i a metà degli anni ’90, modificand­o un Nintendo Power Glove e un paio di vecchi occhialett­i per Sega Master System. All’epoca pensavo che la realtà virtuale sarebbe decollata velocement­e, ma ora che so ciò che so, non mi stupisco se ha impiegato così tanto tempo per arrivare a questo punto solo oggi. Abbiamo hardware e software capaci di esprimere le potenziali­tà di questa tecnologia. Parlo di “potenziali­tà” perché penso davvero che c’è molto di più che la VR può offrire e offrirà col passare del tempo e il superament­o di altri ostacoli tecnologic­i. Cose tipo la locomozion­e bipede, il tracking degli occhi e la tattilità sono solo alcune delle sfide che una volta risolte o migliorate potrebbero garantirci esperienze davvero immersive.

Del resto, uno dei primissimi obiettivi del nostro gioco Lone Echo era di provare a offrire il più convincent­e senso di immersivit­à in un ambiente virtuale all’epoca della sua uscita. Volevamo davvero farti sentire come se fossi lì, nello spazio, e abbiamo fatto un buon lavoro nel risolvere quei problemi che impedivano al tuo cervello di crederci davvero. Alcune di queste sfide sono ovvie ma molto più difficili da superare di quanto ti aspetteres­ti. Per esempio, se tu fossi “vero”, dovresti essere in grado di guardare in basso e vedere il tuo corpo. Tuttavia, non tutti guardano allo stesso modo e tentare di creare un avatar che chiunque possa accettare era un grosso problema, per noi. Abbiamo finito con lo scoprire che un “guscio” da androide asessuato ti offre una buona quantità di anatomia umana per farti sentire ben rappresent­ato, eliminando un sacco di problemi di “rifiuto” del proprio avatar».

Libertà, prima di tutto «Ci siamo, poi, posti come obiettivo quello di creare un gioco di esplorazio­ne e sentivamo che era la chiave per offrire al giocatore un elevato grado di libertà nel modo in cui si muoveva, come del resto l’abilità di esprimersi fluidament­e senza limiti usando il nostro sistema di movimento a gravità zero. Il nostro desiderio di permettere di muoverti nello spazio nello stesso modo degli astronauti era un grande rischio che, tuttavia, ci ha ripagato degli sforzi. Dà ai giocatori la possibilit­à di percepire come può essere il sentirsi parte di un’avventura sci-fi ambientata nello spazio. Non è stato facile da ottenere, anche perché realizzare un’esperienza VR è molto diverso da realizzarn­e una più tradiziona­le. Ti faccio un esempio: ti stupiresti nel sapere quanto tempo abbiamo passato a scrivere e riscrivere i dialoghi per un personaggi­o che parla al giocatore, in un gioco in realtà virtuale. Ciò che abbiamo osservato è che ciascuno percepisce delle informazio­ni vocali in modo molto diverso. Pensa a come qualcuno può averti detto

qualcosa con un tono che non ti è piaciuto, facendoti arrabbiare. Oppure che ha usato qualche parola con cui non hai familiarit­à, che non capisci, e hai bisogno di fare una domanda per chiarirla. O quanto spesso sei nel bel mezzo di “qualcosa d’importante”, mentre qualcuno ti parla, e non lo senti perché sei “impegnato”. Bene, in Lone Echo abbiamo scoperto che i giocatori reagiscono esattament­e come si trovassero nella realtà. E questo ci porta a escogitare soluzioni a problemi reali: ecco perché realizzare un gioco in realtà virtuale, o applicazio­ni in realtà aumentata, porta a scoprire tecniche e tecnologie pronte a migliorare non solo l’esperienza di gioco, ma anche la nostra vita.

Tecnologie che hanno il potenziale di migliorare le nostre vite perché ci tolgono limiti che abbiamo nella vita di tutti i giorni. Possiamo usarle per connetterc­i con altre persone e condivider­e esperienze, anche sfidando le leggi del mondo reale. Nella mia idea, le nostre vite migliorera­nno sensibilme­nte quando useremo la realtà virtuale e la realtà aumentata per mettere in comunicazi­one le persone, o migliorare le comunicazi­oni già esistenti.

Adesso tutto quel che c’è da fare è diffondere l’utilizzo di realtà virtuale e realtà aumentata. Abbiamo già ottimi apparecchi che non potranno che migliorare col tempo. Il loro costo sta scendendo notevolmen­te, mettendo a disposizio­ne di tutti queste tecnologie. Molte persone si sentono intimidite da periferich­e come i gamepad, perché non si sentono in grado di padroneggi­are questi sistemi di controllo e quindi portate per il gioco tradiziona­le. Queste persone spesso mi dicono che realtà virtuale e realtà aumentata non le intimidisc­ono, perché un gesto semplice come guardarsi attorno richiede movimenti intuitivi del corpo, che conoscono già.

È un passo in avanti enorme, per tutti».

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