LA STRADA CHE TI RICARICA
Il futuro è elettrico. In tutti i sensi. Certo, quando si parla di auto anche di più, ma si faccia bene attenzione al fatto che dire “elettrico” significa tutto e niente. E poi: conosciamo davvero i vantaggi di una tecnologia elettrica applicata alle auto? E visto che niente viene per niente, quali sono le problematiche che porta in dote? Non è solo una questione di auto, di generatori, di produzione di elettricità, ma anche e soprattutto di infrastrutture. Nel momento in cui siamo capaci di offrire sistemi di alimentazione e batterie efficienti, e di produrli a un basso livello d’impatto ambientale, occorre garantire che funzioni tutto il resto. Un tema spesso poco considerato, quando si parla di auto elettriche, ma in realtà funzionale alla diffusione di questa tecnologia, è quello dell’approvvigionamento. Non parliamo solo di punti di ricarica ma anche di modalità. Banalmente: saremo davvero costretti a tenere l’auto in ricarica con un cavo?
Tutto di corsa Al momento la soluzione è questa, ma c’è chi sta lavorando a un’alternativa, convinto che la diffusione delle auto elettriche passi anche da “commodity” capaci di rendere ancora più accattivante questa tecnologia e altrimenti impossibili con i carburanti tradizionali. Si tratta del professor Khurram Afridi e lavora al dipartimento di ingegneria elettrica, informatica ed energetica dell’Università di Colorado Boulder. Col suo gruppo di ricerca ha sviluppato un sistema per ricaricare le auto elettriche con la massima comodità e, soprattutto, senza bisogno di cercare col lumicino la stazione di ricarica più vicina. E il trucco è semplice, anche se più a dirsi che a farsi: le auto si ricaricano in corsa.
Dagli smartphone alle auto Il progetto pilota portato avanti da Afridi e colleghi si basa sulla generazione di una serie di campi elettrici ad alta frequenza, non dannosi per gli esseri viventi, con cui disseminare i percorsi. Il principio, in fondo, è quello dei caricabatterie wireless per smartphone e tablet: delle piastre che rilasciano energia alle auto che, passandoci vicino, ricaricano la batteria. Se l’energia è costante per un tratto di lunghezza sufficiente, la batteria si ricarica e non serve nemmeno fermarsi.
Al momento, a seconda dei modelli, le batterie da auto possono garantire autonomie che vanno da 150 a 400 chilometri, ma trovare una stazione di ricarica è talmente problematico che tocca pianificare i propri viaggi tenendone conto. Una sorta di gioco di incastri e strategie che toglie il piacere e la libertà di guidare. Secondo Afridi, con questa tecnologia il problema sarà risolto nel modo più semplice. «In un’autostrada, potresti avere una corsia dedicata alla ricarica », racconta. E il risultato non è solo
che l’auto si ricarica in corsa, ma anche che potrà utilizzare una batteria più piccola e quindi molto meno pesante. E questo significa abbassare i costi del mezzo e risparmiare sui consumi. Un effetto a catena che dimostra quanto, nelle considerazioni sui trasporti elettrici, debbano rientrare anche quelle non legate direttamente al sistema di alimentazione. Si parte da quello che apparentemente può essere considerato un optional e si arriva a parlare di impatti ecologici.
Certo, pensare alle ricariche wireless per smartphone può essere utile, ma un po’ fuorviante per comprendere la portata del progetto. Nel caso di un telefono, in fondo, si ha la possibilità di appoggiarlo a un “piatto” e lasciarlo lì fino a quando è carico. Con un’auto il discorso, benché ci siano ovvie affinità, è diverso. Un’auto sfreccia sulla strada e, anche chiedendo al guidatore di rallentare durante la fase di ricarica, c’è comunque il problema che non è possibile fermarsi e che il mezzo passa davanti a una piattaforma di ricarica per poche frazioni di secondo, anche a basse velocità. Ecco, dunque, che servono dei “pad” di ricarica ravvicinati e per lunghi tratti, con un’energia sufficiente per alimentarli per lunghe distanze. Una sfida che non ha certo scoraggiato i ricercatori.
Dal magnetico all’elettrico Per risolvere il problema, si è partiti da una considerazione matematica: uno smartphone ha bisogno di circa 5 Watt di potenza per ricaricarsi. Un notebook di circa 100. Un’auto di qualche decina di migliaia. Un ordine di grandezza completamente diverso, dunque, che ha bisogno di un approccio totalmente diverso. Inizialmente si è guardato alla generazione di campi magnetici, utilizzata appunto per la ricarica wireless a bassa potenza. Un campo magnetico è semplice da generare, ma richiede una struttura circolare molto delicata e un materiale come la ferrite. Per il suo progetto, Afridi aveva bisogno invece di energia distribuita in modo lineare e, soprattutto, di strutture robuste. E così ecco l’idea del campo elettrico. Si sviluppa in modo lineare, può essere generato da strutture robuste, trasporta molta energia per tratti anche lunghi ed è economico.
Da qui si è passati alla prova vera e propria: una serie di piastre che irradiano energia, disposte sul pavimento, e un’altra serie di piastre sospese a 12 cm di distanza, che simulano quelle che ricevono energia (e che potrebbero essere installate sul pianale di un’auto). A quel punto, in base a una serie di considerazioni fisiche, è bastato aumentare la frequenza dei campi elettrici per garantire il corretto approvvigionamento anche a una distanza “elevata” come questa. E ha funzionato.
Le applicazioni di questa ingegnosa tecnologia non coinvolgono solo il mondo delle auto. Si pensi a magazzini industriali con robot che si ricaricano mentre lavorano, o ai mezzi di trasporto del futuro come Hyperloop, capace di collegare San Francisco a Los Angeles in mezz’ora.
Il futuro è davvero elettrico. Quanto un campo energetico.