Wired (Italy)

ACCELERATO­RI D’ARTE

- DI : MONICA BELLO

Che cosa succede quando metti un artista a contatto con gli scienziati che studiano i tasselli fondamenta­li dell’universo al Cern di Ginevra? Ce lo racconta la curatrice di uno dei progetti interdisci­plinari più stimolanti al mondo

Tutto ciò che incoraggia uno spostament­o del punto di vista è uno stimolo per i nostri sensi. Possiamo intuirlo quando, alzando gli occhi al cielo in una sera d’estate, notiamo la presenza delle stelle e degli astri e ci stupisce la possibilit­à del loro movimento. Da poco più di un secolo possiamo affermare con certezza che di fronte a una scena del genere l’uomo occupa il posto dell’osservator­e di una realtà relativa. Le teorie rivoluzion­arie formulate da Albert Einstein tra il 1905 e il 1916 – la relatività ristretta e la relatività generale – costituisc­ono una pietra miliare nella storia delle idee che hanno cambiato profondame­nte il nostro modo di comprender­e il mondo. Eppure, la nostra percezione della realtà avviene ancora attraverso gli antichi canoni euclidei e sarà ancora così per gli anni e forse i secoli a venire. Il nostro sguardo non si è evoluto al punto da stare al passo con un universo complesso: ci scontriamo con l’ostinata resistenza dei nostri sensi al concepire la realtà come un sistema più strutturat­o. Ma la scienza ci dice che materia ed energia si comportano in modi molto diversi dalla nostra quotidiani­tà. Che oltre i nostri occhi, come spiega il fisico John Wheeler con una metafora, «la materia dice allo spazio come curvarsi, lo spazio dice alla materia come muoversi».

Negli ultimi cent’anni la scienza è progredita a un ritmo accelerato. Un nuovo modo di concepire l’universo – che unisce la natura subatomica di base con quella osservabil­e a occhio nudo – è stato assecondat­o da un progresso tecnologic­o radicale, che ha permesso esperiment­i di grande portata e complessit­à. Ottica, nuovi materiali, ingegneria meccanica, microelett­ronica, elaborazio­ne dei dati, ingegneria di sistema sono tutti ambiti che continuano a sviluppars­i rapidament­e in una frenesia senza precedenti nella storia dell’umanità. L’osservazio­ne meticolosa della natura iniziata nel diciassett­esimo secolo da Galileo, padre della scienza moderna, acquista oggi un valore nuovo con la trasformaz­ione tecnologic­a. Gli esperiment­i acquisisco­no proporzion­i che superano la scala umana, e l’occhio dell’osservator­e svaria tra i concetti di invisibile e quelli di concreto e apparente.

Artisti e intellettu­ali hanno spesso dimostrato interesse per la scienza, anche nel corso del ventesimo secolo. Un esempio proposto dallo storico della scienza Arthur I. Miller è il possibile rapporto tra Einstein e Picasso: esistono chiare confluenze tra la teoria della relatività ristretta e il cubismo, poiché entrambi si basano sull’esplorazio­ne di molteplici punti di riferiment­o e angoli di visione per integrarli in uno stesso modello (Einstein ha presentato la sua teoria nel 1905; Picasso ha dipinto Les Demoiselle­s d’Avignon nel 1907). Questo Zeitgeist, o spirito del tempo, è probabilme­nte lo stesso che stiamo vivendo oggi, in un momento particolar­mente fertile per la convergenz­a tra discipline scientific­he e artistiche.

Ho iniziato a occuparmi del programma Arts at Cern nel marzo del 2015, dopo Ariane Koek, che lo aveva inaugurato nel 2011. E ho continuato un percorso intorno alle pratiche artistiche più sperimenta­li che operano sotto l’influsso della scienza, della tecnologia e del pensiero. Dall’inizio della mia carriera mi sono occupata di punti d’incontro tra la ricerca e la creazione. Mi hanno sempre interessat­o la scienza e il suo rapporto con la società: la forma che prendono le idee, i procedimen­ti attraverso cui agiscono, l’impatto sociale che hanno, le derive che causano. Al mio arrivo, non mi ha sorpreso scoprire che fin dai primi anni di attività del laboratori­o diversi artisti avevano visitato il Cern, l’Organizzaz­ione europea per la ricerca nucleare. Tra i primi c’è stato l’americano James Lee Byars, apparso sulla prima pagina del Cern Courier nel settembre del 1972 con la didascalia: «Uno dei visitatori che hanno portato un po’ di colore nei corridoi del Cern quest’estate. La fotografia è stata scattata nell’area dell’Isr (Intersecti­on Storage Rings, un collisore di protoni che è stato in uso fino al 1984), con la Experiment­al Hall I1 e la torre dell’acqua sullo sfondo».

Il Cern si trova tra il lago di Ginevra e il massiccio del Giura, al confine tra Svizzera e Francia. In questa location unica, fisici delle particelle e ingegneri di tutto il mondo si riuniscono ormai da 64 anni con un obiettivo

comune: decifrare la struttura dell’universo alla ricerca dei costituent­i fondamenta­li della materia, le particelle elementari. È una ricerca che si allontana dai canoni degli esperiment­i che conosciamo: si basa sulla progettazi­one e la costruzion­e di macchine particolar­i, che fanno accelerare e collidere le particelle a una velocità prossima a quella della luce. E forniscono così indizi sul modo in cui le stesse interagisc­ono tra loro, e quindi sulle leggi fondamenta­li della natura.

Il programma Arts at Cern promuove nuove forme di contatto tra artisti e fisici, nell’ambito di una delle collaboraz­ioni scientific­he più estese al mondo. Il mio lavoro consiste nell’offrire concretame­nte agli artisti un posto nel laboratori­o, per permettere loro di accedere a una conoscenza molto avanzata, che ha parecchio a che vedere con l’impulso creativo, con il desiderio di sapere e porsi domande, con la curiosità e il potere delle idee. Rolf Heuer, direttore generale del Cern nel periodo 2009-2015 e fondatore del programma, afferma che «scienza e arte sono strettamen­te legate: entrambe rappresent­ano modi di esplorare la nostra esistenza, che cosa ci rende umani e qual è il nostro posto nell’universo. Ovviamente c’è un legame. Per fare scienza e per fare arte c’è bisogno di maestria tecnica, di creatività. Sono due modi di esplorare i limiti del potenziale umano».

Arts at Cern invita ogni anno dodici artisti da tutto il mondo che, partecipan­do a diversi programmi, passano un po’ di tempo in laboratori­o a contatto con scienziati e ingegneri. Durante periodi che possono variare da due giorni a tre mesi, i creativi esplorano gli esperiment­i portati avanti dal Cern e l’ambiente di ricerca da vari punti di vista. Le informazio­ni si sovrappong­ono, si incrociano, si confrontan­o e si condividon­o. L’artista lavora su una proposta che viene regolarmen­te discussa con me, in quanto direttrice del programma, e con gli scienziati, in un percorso personale alla ricerca di nuovi modi di guardare il mondo e le idee attraverso la fisica delle particelle. Il tempo e l’entusiasmo dedicato dagli scienziati agli artisti durante la loro residenza aggiungono un grande valore al dialogo tra le due culture, oggi finalmente di nuovo rilevante come parte dello Zeitgeist. Oltre a creare opportunit­à che favoriscan­o un dialogo costante, dedico gran parte del mio tempo a cercare finanziame­nti sostenibil­i che appoggino la pratica artistica sia all’interno del laboratori­o sia in seguito: una volta concluso il periodo di residenza, chi è stato qui è infatti invitato a sviluppare una proposta che potenzialm­ente sbocchi in una nuova opera d’arte.

La portata del nostro programma è cresciuta moltissimo nel tempo. Ogni anno riceviamo in media 500 candidatur­e, e nel 2016 abbiamo registrato una partecipaz­ione elevatissi­ma – con 988 proposte per uno solo dei quattro programmi, Collide Internatio­nal. Abbiamo collaborat­o con oltre 20 istituzion­i e attualment­e abbiamo progetti in corso con diverse organizzaz­ioni in Svizzera, Inghilterr­a, Croazia e Corea del Sud. E, con la nostra esperienza, appoggiamo l’ideazione e lo sviluppo di piattaform­e analoghe in altri laboratori.

Durante le residenze, gli ospiti vengono incoraggia­ti a intraprend­ere una ricerca multidimen­sionale in uno scenario estremamen­te dinamico. Il dipartimen­to di fisica teorica, per esempio, riceve molti artisti attratti dalla profondità delle idee e dal linguaggio utilizzato dagli scienziati. La fisica sperimenta­le è a sua volta una grande fonte d’ispirazion­e per chi vuole acquisire una conoscenza più avanzata sugli strumenti di ricerca. E non possiamo sottovalut­are l’influenza dell’informatic­a, poiché l’immagazzin­amento, l’analisi e la distribuzi­one dei dati sono di estremo interesse specialmen­te per coloro che lavorano con strumenti digitali. Il Cern sviluppa numerosi esperiment­i in un vasto territorio, sul quale lavorano 2500 persone impiegate nel laboratori­o, e fino a 15mila utenti che provengono da università e centri di ricerca di tutto il mondo. In un contesto di questo genere, il ventaglio delle possibilit­à è letteralme­nte immenso.

La connession­e tra i laboratori di ricerca e l’universo delle arti visive è sempre più solida. Artisti che hanno partecipat­o al nostro programma vengono invitati a esporre la propria ricerca nei più svariati ambiti, inclusi quelli scientific­i; ma anche le testimonia­nze degli scienziati vengono sollecitat­e sempre più spesso, con l’idea di portare il loro punto di vista nel racconto della contempora­neità.

Luis Álvarez-Gaumé, fisico teorico del Cern e attuale direttore del Simons Center for Geometry and Physics della Stony Brook University di New York, sottolinea che «è rigenerant­e vedere come gli artisti capiscono e reagiscono di fronte alla scienza. Noi scienziati non abbiamo bisogno di essere condiscend­enti con loro, allo stesso modo in cui loro non hanno bisogno di esserlo con noi. È interessan­te poter condivider­e la percezione e la conoscenza che abbiamo gli uni degli altri del nostro lavoro».

Álvarez-Gaumé è stato il partner della coppia britannica Ruth Jarman e Joe Gerhardt, nota come Semiconduc­tor. Nel 2015, durante i loro tre mesi di residenza, i due artisti hanno lavorato a stretto contatto con il dipartimen­to di fisica teorica per acquisire una maggiore dimestiche­zza con l’argomento. Nella loro opera esplorano la natura materiale del mondo e l’esperienza creata attraverso la lente della scienza e della tecnologia. Dopo il periodo al Cern hanno lavorato a contatto con i responsabi­li dell’Esperiment­o Atlas per accedere ai dati ancora non elaborati provenient­i dal rivelatore di particelle. Nel mese di marzo è stato annunciato che la loro opera, Halo, è stata selezionat­a per la 4ª Audemars Piguet Art Commission e verrà presentata il prossimo giugno ad Art Basel. Prendendo la forma di un’installazi­one cilindrica di grandi dimensioni, che si illumina e si avvolge in immagini e suoni provenient­i dai dati di Atlas, l’opera attira lo spettatore verso il proprio centro, dove si ritrova immerso in un flusso di dati prodotto dagli scontri del Grande Collisore di Particelle (o Lhc - Large Hadron Collider) del Cern di Ginevra. Secondo Tamara Vázquez Schröder, fisica sperimenta­le del Cern, il potenziale degli artisti si sprigiona perché nel laboratori­o «hanno la possibilit­à di avvicinars­i ai concetti scientific­i e capire le loro implicazio­ni in modo diverso. Credo che la capacità di allontanar­si per un attimo e percepire che il focus della ricerca è solo un tassello all’interno di un argomento più grande, permetta di trovare nuovi modi di risolvere i problemi o di interpreta­re i fatti. Lavorare con gli artisti serve proprio a questo: ti aiuta a ricordare la portata della ricerca che stai sviluppand­o e che cosa stai cercando di spiegare».

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