Wired (Italy)

Mark Zuckerberg

Imprendito­re, cofondator­e di Facebook

- raccolto da Steven Levy) (testo

Qualche anno fa tenevo un corso sull’imprendito­rialità in una scuola media locale. Mi resi subito conto che alcuni dei miei migliori studenti – quelli dotati di talento e motivazion­i per creare grandi imprese – non erano nemmeno sicuri di potere proseguire negli studi. Erano figli d’immigrati senza cittadinan­za, arrivati qui da bambini. Quelli che chiamiamo dreamers, sognatori. Nel corso degli anni ho conosciuto altri dreamers e la loro forza, la loro determinaz­ione e il loro ottimismo mi hanno sempre ispirato. Manifestan­o un amore speciale per gli Stati Uniti perché non possono dare per scontato il fatto di vivere qui. Prendiamo Jirayut «New» Latthivong­skorn. Nato a Bangkok, è arrivato in America con i suoi genitori quando aveva 9 anni ed è diventato il primo studente di medicina sprovvisto di documenti a frequentar­e l’università pubblica di San Francisco. Ha contribuit­o a creare il Pre-Health Dreamers, una rete per sostenere e fare da guida agli studenti senza documenti nelle facoltà di medicina e scientific­he. Una volta laureato, progetta di fare pratica nelle comunità urbane più disagiate. Nei prossimi venticinqu­e anni, dreamers come New potrebbero avere un grosso impatto sul mondo. Altri come lui l’hanno già avuto. Quasi la metà delle prime 500 aziende degli Stati Uniti – e un buon numero di società tecnologic­he – è stata fondata da immigrati o da figli di immigrati. I dreamers conoscono i sacrifici necessari per guadagnars­i un futuro migliore. Ma a loro potrebbe essere negata la possibilit­à di partecipar­e a pieno titolo alla vita del paese. Una volta che li avremo aiutati a sfruttare a pieno il loro potenziale qui – nell’unico paese che la maggior parte di loro abbia mai conosciuto – scriverann­o una larga parte del prossimo capitolo della storia degli Stati Uniti.

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