Mark Zuckerberg
Imprenditore, cofondatore di Facebook
Qualche anno fa tenevo un corso sull’imprenditorialità in una scuola media locale. Mi resi subito conto che alcuni dei miei migliori studenti – quelli dotati di talento e motivazioni per creare grandi imprese – non erano nemmeno sicuri di potere proseguire negli studi. Erano figli d’immigrati senza cittadinanza, arrivati qui da bambini. Quelli che chiamiamo dreamers, sognatori. Nel corso degli anni ho conosciuto altri dreamers e la loro forza, la loro determinazione e il loro ottimismo mi hanno sempre ispirato. Manifestano un amore speciale per gli Stati Uniti perché non possono dare per scontato il fatto di vivere qui. Prendiamo Jirayut «New» Latthivongskorn. Nato a Bangkok, è arrivato in America con i suoi genitori quando aveva 9 anni ed è diventato il primo studente di medicina sprovvisto di documenti a frequentare l’università pubblica di San Francisco. Ha contribuito a creare il Pre-Health Dreamers, una rete per sostenere e fare da guida agli studenti senza documenti nelle facoltà di medicina e scientifiche. Una volta laureato, progetta di fare pratica nelle comunità urbane più disagiate. Nei prossimi venticinque anni, dreamers come New potrebbero avere un grosso impatto sul mondo. Altri come lui l’hanno già avuto. Quasi la metà delle prime 500 aziende degli Stati Uniti – e un buon numero di società tecnologiche – è stata fondata da immigrati o da figli di immigrati. I dreamers conoscono i sacrifici necessari per guadagnarsi un futuro migliore. Ma a loro potrebbe essere negata la possibilità di partecipare a pieno titolo alla vita del paese. Una volta che li avremo aiutati a sfruttare a pieno il loro potenziale qui – nell’unico paese che la maggior parte di loro abbia mai conosciuto – scriveranno una larga parte del prossimo capitolo della storia degli Stati Uniti.