Social XR
agg. + acronimo ( sing. ingl) – Realtà virtuale e realtà aumentata possono ora diventare esperienze collettive. Grazie a piattaforme che consentono l’interazione.
A Crans-Montana, cittadina svizzera ben nota agli appassionati di sci, gli impianti di risalita a giugno sono chiusi. Le strade sono comunque un viavai di visitatori, arrivati da ogni parte del mondo per partecipare al World VR Forum, un summit che da tre anni raccoglie esperti e professionisti del settore attorno a un’accurata selezione di esperienze in XR. Acronimo che sta per
extended reality, e include tutte le esperienze in realtà aumentata, virtuale o mista, nonché un’infinità di loro ibridazioni. Quale sia il futuro di queste tecnologie è indicato in maniera chiara dal motto del Forum, « being together »: la vera killer app delle realtà immersive sarà il suo sviluppo sociale, il divenire, cioè, esperienza condivisa.
Se già oggi la tecnologia è in grado di sfumare i confini fra mondo fisico e simulato, presto l’immersione diverrà un’abitudine collettiva. Sfruttando stimoli multisensoriali, i primi software d’avanguardia trovano impiego in campo artistico, medico, nell’intrattenimento e nella didattica; le esperienze condivise di realtà virtuale, mista o aumentata, possono migliorare i processi creativi, di progettazione e di lavoro, ma anche permettere di ridurre i costi di un processo produttivo, contribuire al nostro benessere psicofisico o farci divertire in modi, e mondi, che pochi anni fa potevamo solo immaginare. Dall’utilizzo negli allestimenti museali al supporto nell’istruzione di bambini affetti da autismo – come Hol’Autisme, il progetto della pedagoga Sophia de Séguin –, la versatilità di tecnologie e servizi immersivi promette di muovere 215 miliardi di dollari entro il 2021 e di convincere, per allora, 81 milioni di persone a munirsi di un visore per accedere a questo nuovo mondo. Meglio se in gruppo, per una sfida musicale (come in Chorus, di Tyler Hurd), un concerto, un appuntamento, una collaborazione professionale o qualsiasi cosa si desideri vivere con qualcuno che non sia fisicamente presente.
Siamo di fronte al ritorno evoluto dei metaversi, gli universi virtuali descritti da Neal Stephenson nel libro Snow Crash. Universi, come le piattaforme condivise AltspaceVR o Spaces (di Facebook), già oggi accessibili anche attraverso visori non avanzati. Ma ci sono anche sistemi più elaborati, come High Fidelity e Staramba. La prima è la nuova infrastruttura VR di Philip Rosedale, l’ideatore di Second Life, la tedesca Staramba è un mondo virtuale «con tutto il meglio di quello reale». Forte di una tecnologia proprietaria per la scansione in 3D, dal 2014 l’azienda sta costruendo un universo sintetico in questo momento popolato da 7mila avatar di celebrità internazionali: dai giocatori del Bayern Monaco o della Juventus ai wrestler della Wwe, fino a Papa Francesco. Dando così l’opportunità, a chi si munisca di un visore, di interagire con i propri idoli, di accompagnarne gli allenamenti, di vederli o esibirsi con loro – ci sono anche i Linkin Park dello scomparso Chester Bennington, scelta che evoca anche orizzonti digitali post-mortem in stile Black Mirror. Sono esperienze virtualmente collettive, ma – suggeriscono gli scettici – realmente isolanti? Non sempre: per chi volesse migrare negli universi sintetici in compagnia, c’è il Location Based Entertainment, o Lbe, parchi tematici in XR da godersi tutti insieme muovendosi con un headset sugli occhi. In attesa di tute aptiche (in grado di riconoscere i movimenti e comunicare stimoli) efficaci, i progetti più evoluti arrivano da leader di mercato come Imax o Amc. Nulla di strano se, prima o poi, a Crans-Montana gli impianti di risalita rimanessero sempre aperti. Accessibili con tutta la famiglia, stando comodamente sul divano di casa propria.