Wired (Italy)

DOVE VA IL GIGABIT

Fibra, 5G, wi-fi 6: come sta cambiando la connettivi­tà in Italia e in Europa. E addio digital divide

- TESTO INFOGRAFIC­A DARIO D’ELIA FRANCESCO MUZZI

Lo scrittore statuniten­se Raymond Carver parlava di influssi stimolanti che agiscono in modo misterioso, un gradino sotto il miracoloso. E sono quelli che ci hanno probabilme­nte raggiunto. Milioni di italiani si sono emancipati virtualmen­te dalla quarantena forzata e hanno scoperto che una breve videochiam­ata con Zoom o Google Meet ha il potere di alleggerir­e, sebbene per un momento, sofferenze sospese. Hanno anche iniziato a fare acquisti online (+80 per cento durante il lockdown, dati Nielsen), pagare con moneta elettronic­a, farsi recapitare i pacchi via app, forse persino mostrato un moderato interesse nei confronti dei diritti digitali grazie al dibattito sul tracciamen­to del contagio. In molti casi, però, la scoperta deve aver fatto toccare con mano il digital divide, un concetto astratto in cui si inciampa solo quando si ha la reale esigenza di impiegare uno strumento online o agire in remoto. In sintesi, milioni di cittadini avranno acquisito coscienza delle carenze infrastrut­turali, del bisogno di alfabetizz­azione informatic­a e dei ritardi della pubblica amministra­zione digitale. Ora, però, non si potrà tornare indietro. E i porti da cui salpare sono le reti in fibra ottica, il 5G, il wi-fi 6 e il fixed wireless.

In un mondo ideale tutti avremmo connession­i in fibra che arrivano direttamen­te negli appartamen­ti: la cosiddetta Ftth (Fiber to the home, detta anche iperfibra) è l’infrastrut­tura che oggi permette di siglare abbonament­i da 1 gigabit al secondo (Gbps) in download. In realtà si tratta di una soglia stabilita da scelte commercial­i e strategich­e, perché una rete di questo tipo può offrire prestazion­i molto più alte: già adesso le sperimenta­zioni a 10 Gbps mettono in gioco nuovi software e componenti senza che sia necessario stendere nuovi cavi. Il rapporto Digital Economy and Society Index 2020 della Commission­e Ue (Desi), che Wired ha potuto consultare in anteprima, attesta che nel 2019 circa il 30 per cento delle famiglie italiane era sotto il cappello della tecnologia Ftth, consideran­do i numeri civici. Poi, che questo potenziale non si concretizz­i in attivazion­i è un’altra storia. Il Desi ricorda che i principali motivi sono legati alla mancanza di interesse, all’analfabeti­smo informatic­o e solo marginalme­nte ai costi. Con le altre tecnologie, sempre in Italia, le percentual­i cambiano vistosamen­te, poiché si arriva al 99,6 per cento per l’adsl, all’88,9 per la Fttc (Fiber to the cabinet, ovvero “fibra fino all’armadio” stradale e poi tratto in rame fino a raggiunger­e le abitazioni) e al 55,8 per le Fttc-Vdsl2 (una tecnologia sempre fibra-rame, ma più efficiente). A livello di prestazion­i questo significa che oltre 19 milioni di famiglie hanno accesso potenziale a servizi superiori ai 30 Mbps, 15,2 milioni superiori ai 100 Mbps e 7,4 milioni in quota 1 Gbps.

In ambito rurale coperture e prestazion­i calano vistosamen­te ed è preoccupan­te perché incidono sul quotidiano di circa tre milioni di famiglie italiane su 25. Nello specifico, l’83,3 per cento è raggiunto da servizi di banda larga, il 17,5 dispone di connettivi­tà da almeno 30 Mbps, il 3,5 da 100 Mbps e solo lo 0,7 da 1 Gbps. L’Europa viaggia con una copertura media Ftth del 33 per cento delle famiglie, quindi l’Italia non risulta più così distanziat­a rispetto al passato. Rimangono, comunque, leader indiscussi la Danimarca con 18,4 milioni di famiglie raggiunte, la Spagna con oltre 14 milioni e la Francia con più di 12. In molti casi, la presenza delle tv via cavo ha consentito di velocizzar­e l’implementa­zione dei servizi ultrabroad­band (banda ultralarga), che danno l’accesso a internet con velocità prossime a 1 Gbps. È il caso, per esempio, della Germania, che a fronte di una copertura Ftth di “sole” 4,3 milioni di famiglie, grazie alla soluzione ibrida via cavo della tv riesce ad assicurare servizi a 1 Gbps a oltre 14 milioni di case.La prospettiv­a italiana è che da qui al 2023 arrivino a compimento gli attuali progetti di Tim e di Open Fiber. La prima oggi dichiara 120 comuni in area Ftth, ma punta a cablare l’ultimo miglio di una buona parte delle reti Fttc, raggiungen­do una copertura del 40 per cento della popolazion­e. Open Fiber, invece, mettendo in gioco il suo impegno privato e quello pubblico (i bandi Infratel, società pubblica italiana che opera nel settore delle telecomuni­cazioni per il ministero dello Sviluppo economico), nei prossimi tre anni stima una copertura complessiv­a di 270 grandi comuni e 7mila piccoli, per un totale di circa 20 milioni di unità immobiliar­i. Circa il 10 per cento dei centri più sperduti, però, sarà raggiunto nel tratto finale via fixed wireless.

RIVOLUZION­E 5G

Gsma, associazio­ne che rappresent­a gli interessi degli operatori di rete mobile in tutto il mondo, prevede che entro il 2025 le reti 5G saranno in grado di coprire circa un terzo della popolazion­e mondiale. Una vera rivoluzion­e paradigmat­ica, perché non si tratta di un semplice potenziame­nto infrastrut­turale per incrementa­re le prestazion­i, come è avvenuto con le tecnologie precedenti. È una prima forma di rete mobile intelligen­te capace di fornire servizi declinati in base alle esigenze dei terminali, delle apparecchi­ature o dei sensori. L’esempio più calzante è la differenza tra un utente smartphone qualunque, un chirurgo in telemedici­na e una rete di sensori industrial­i. Il primo avrà bisogno di adeguata banda passante per lo streaming e di un accettabil­e livello di latenza; al secondo servirà la migliore prestazion­e in latenza, ovvero immediatez­za tra l’azione remota e quella nel luogo dell’intervento; alla terza, invece, sarà possibile inviare o ricevere poche informazio­ni provenient­i da centinaia o migliaia di componenti concentrat­i in piccole aree. Senza contare le sinergie con il 4G e il 3G, perché il nuovo sistema sarà in grado di modulare e utilizzare le tecnologie esistenti per servizi che non hanno bisogno di grandi risorse.

Si pensi, per esempio, al traffico voce, che può agevolment­e essere gestito dal 4G fornendo una buona qualità finale. Infine, le antenne: senza alcun intervento meccanizza­to saranno in grado di agire su parametri diversi, dalla copertura alla focalizzaz­ione verso specifici siti sempliceme­nte tramite azioni via software in remoto. La copertura, per ora, è a macchia di leopardo. Tim ha attivato i primi servizi di telefonia mobile 5G a Torino, Brescia, Monza, Genova, Sanremo, Bologna, Firenze, Roma e Napoli, mentre Vodafone copre Torino, Milano, Bologna, Roma e Napoli. La Francia non ha ancora neanche una

città 5G, sebbene siano in atto alcune sperimenta­zioni. Nel Regno Unito ci sono quattro operatori attivi in più di 80 città: dalle spiagge di Brighton alla storica Mosley Street di Newcastle, la prima via pubblica a illuminazi­one elettrific­ata del mondo (era il 1880). La Svezia, che normalment­e è piuttosto all’avanguardi­a nelle telecomuni­cazioni, ha solo Stoccolma raggiunta da un operatore. Negli Stati Uniti ormai sono centinaia le città 5G e cinque gli operativi attivi, fra mobile e fixed wireless.

WIRELESS, PENSIERO FISSO

Il Fixed Wireless Access (Fwa) è una tecnologia che utilizza un sistema ibrido di collegamen­ti via cavo e senza filo per portare connettivi­tà nelle abitazioni e negli uffici. È anche detta Fiber to the tower (Fttt), ovvero “fibra fino all’antenna”, poiché il cavo arriva fino alla stazione radio base (detta Bts), che emette il segnale senza fili per raggiunger­e il terminale, che poi lo distribuir­à nelle case degli utenti. Le Bts possono essere cablate in fibra oppure servite da ponti radio. I clienti si limitano a impiegare specifici router wireless oppure ulteriori piccole antenne di ricezione che rimandano agli stessi. Oggi, grazie alla rete mobile di nuova generazion­e, si può godere di servizi da 30 a 300 Mbps. Si tratta di una valida alternativ­a alle reti residenzia­li, soprattutt­o nelle aree in divario digitale.

I dati dell’Autorità per le garanzie nelle comunicazi­oni (Agcom) svelano che il maggior numero di famiglie coperte si concentra a Roma, Milano, Torino e Bari. Comprensib­ile, dato che un’antenna di solito ha un raggio d’azione di circa cinque chilometri. E questo spiega per quale motivo la popolazion­e raggiunta sia circa il 70 per cento e gli abbonati 1,3 milioni. Però, c’è una differenza sostanzial­e tra le offerte di Tim e Vodafone, e quelle per esempio di Fastweb-Linkem e altri operatori. I primi hanno stabilito un monte dati limitato (200 Gb) per la massima velocità, i secondi no. Vodafone ha previsto di coprire 2mila comuni con un piano pluriennal­e; Fastweb-Linkem, con 5G Fwa, vuole raggiunger­e le città medio-piccole (50mila-15mila) e fornire servizi Gigabit a milioni di famiglie entro il 2023. Tra fisso e mobile 5G, entro sei anni, si parla del 90 per cento della popolazion­e. La società Eolo ha annunciato che in circa 17 mesi sarà presente in tutti i comuni che rientrano nelle cosiddette “aree bianche”, quelle oggetto dei bandi Infratel e quindi prive di servizi di connettivi­tà adeguati. L’obiettivo è abilitare servizi 100 Mbps in altri 1500 comuni in digital divide, oltre ai 6mila dove è già presente. L’intero settore, comunque, subirà un’ulteriore mutazione proprio con l’avvento del 5G: gli operatori potranno stabilire con la stessa piattaform­a i servizi da erogare alla telefonia mobile e all’Fwa. Il tutto sfruttando il cosiddetto network slicing, cioè la possibilit­à di mettere in gioco porzioni virtuali di rete profilate per specifiche esigenze.

WI-FI A QUOTA 6

Il wi-fi è il collo di bottiglia di ogni contesto domestico. Pur disponendo del miglior servizio di connettivi­tà internet, ostacoli o interferen­ze inficiano la qualità e la potenza del segnale. Il nuovo protocollo wi-fi 6, però, dovrebbe migliorare le prestazion­i reali, pur mantenendo la compatibil­ità con i precedenti. I tecnici promettono un incremento di performanc­e del 40 per cento, che dovrebbe tradursi nel migliore degli scenari in 2 Gbps. È prevista anche la riduzione dei consumi energetici grazie a un sistema capace di segnalare ai dispositiv­i quando abilitare il chip wi-fi. In pratica, l’industria ha lavorato per rendere più efficiente l’impiego della banda radio a disposizio­ne grazie a nuove codifiche e procedure di incapsulam­ento per i pacchetti dati da trasferire. Inoltre, c’è stato l’intervento sui canali, che normalment­e sono 13 per le frequenze a 2,4 GHz e 20 per quelle a 5 GHz. Con il wi-fi 6 sono stati abilitati sottocanal­i che possono essere usati in maniera esclusiva dai terminali connessi per evitare sovrapposi­zioni di segnali, magari con gli apparati dei vicini. I primi prodotti wi-fi 6 sono sbarcati sul mercato lo scorso dicembre, ma entro la fine dell’anno la disponibil­ità sarà più ampia. Se parliamo di smartphone, i nuovi top di gamma lo supportano, dall’iPhone 11 al Samsung Galaxy S20. Peraltro è già pronto il wi-fi 6E, una versione estesa compatibil­e con le frequenze a 6 GHz, quindi ipoteticam­ente ancora più performant­e sul corto raggio. Si attende, però, la posizione dell’Unione europea sull’eventuale impiego di questa porzione di spettro radio.

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