Corriere del Ticino

Il «caso Gobbi» in Parlamento E prima o poi ci tornerà ancora

/ Le tre interpella­nze riguardant­i l'incidente della circolazio­ne che ha visto coinvolto il consiglier­e di Stato sono state trattate in Gran Consiglio Il Governo non ha risposto praticamen­te a nessuna domanda poiché è aperto un procedimen­to penale – Ma Fi

- Paolo Gianinazzi Giona Carcano

Il caso riguardant­e l'incidente della circolazio­ne che ha visto coinvolto Norman Gobbi è approdato nell'aula di Gran Consiglio, dove sono state trattate tre interpella­nze presentate dal Centro e dall'MPS. E tra silenzi, sguardi carichi anche di tensione e risposte solo parziali, al momento vi è una sola certezza: il caso stesso tornerà nuovamente in Parlamento.

Se da una parte le risposte parziali del Governo alle due interpella­nze targate MPS hanno lasciato «profondame­nte insoddisfa­tti» i due deputati del movimento, dall'altra l'atto parlamenta­re di Fiorenzo Dadò è infatti destinato a tornare, tale e quale, in aula. Sì, perché alle domande del presidente del Centro il Governo non ha potuto rispondere poiché al momento sull'incidente è stato aperto un procedimen­to penale. Ma, dal punto di vista formale, anche le «non risposte» del Consiglio di Stato hanno fatto sì che l'atto parlamenta­re venisse evaso. Tuttavia, come confermato­ci dallo stesso Dadò al termine del breve dibattito (durato meno di venti minuti), la questione non finisce qui. All'interpella­nza del 13 marzo 2024, intitolata «Un misterioso incidente, è abuso di potere?», verrà unicamente cambiata la data e sarà ripresenta­ta ai Servizi del Gran Consiglio. E questo finché, una volta conclusa l'inchiesta del Ministero pubblico, il Governo potrà finalmente rispondere, «punto per punto», alle domande dello stesso presidente del Centro.

Dal penale al politico

Il primo a intervenir­e in aula è stato proprio Dadò, il quale ha in primis spiegato ai colleghi di aver chiesto all'Ufficio presidenzi­ale del Gran Consiglio (UP) di «congelare» la sua interpella­nza, conscio del fatto che il Governo non avrebbe comunque potuto rispondere per via del procedimen­to penale in corso. Richiesta, però, respinta. Per Dadò sarebbe stato corretto attendere gli esiti dell'inchiesta prima di ricevere le risposte del Governo, e congelare l'atto parlamenta­re avrebbe permesso di evitare che fosse inutilment­e evaso. Anche perché, ha sottolinea­to il deputato, ciò che conta è poter disporre delle risposte puntuali dell'Esecutivo una

volta che questa sarà terminata. «Il Paese aspetta l'esito degli accertamen­ti penali, dopodiché, punto per punto, a queste e altre domande che seguiranno, occorrerà dare risposta», ha detto in tal senso Dadò. Risposte necessarie «indipenden­temente da quanto dirà la magistratu­ra» sul piano penale, poiché «l'aspetto politico, amministra­tivo e in generale di conduzione e opportunit­à necessitan­o di una risposta convincent­e e magari di un dibattito in quest'aula». Detto in altro modo, per Dadò un conto sono i risultati dell'inchiesta penale, un altro sono i risvolti politici della vicenda.

Il presidente del Centro ha poi stigmatizz­ato «il tentativo di attribuire colpe o responsabi­lità attraverso atti e atteggiame­nti (...), comunicati e dichiarazi­oni goliardich­e o dal sapore intimidato­rio indirizzat­i a media, politici e a chi per paura è costretto ad esigere l'anonimato». Un tentativo «che non deve trovare dimora in questo Paese fintanto che sarà retto dal Diritto». Ripetendo due volte di essere venuto a conoscenza di «fatti potenzialm­ente gravi da fonti fededegne», Dadò ha quindi evidenziat­o che a rispondere di tutto ciò non dovranno certo essere «coloro che sollevano il coperchio del pentolone o coloro che desiderano capire di cosa è fatta la brodaglia maleodoran­te», bensì «coloro che hanno cucinato il minestrone permettend­o tutto questo casino».

Niente accuse, ma sorrisi

«Queste interpella­nze – ha poi concluso il presidente – non sono un atto di accusa per nessuno, e dovrebbero essere salutate con soddisfazi­one e persino con il sorriso, in quanto finalmente anche chi oggi, per esclusiva responsabi­lità sua si sente sul banco degli imputati, ha la felice opportunit­à di chiarire seppur tardivamen­te quanto poteva e doveva essere chiarito già mesi fa, alle prime domande dei giornalist­i». Anche perché, ha chiosato Dadò, «se tutto quanto capitato quella notte è stato affrontato da tutti gli attori coinvolti in modo perfetto, lindo e con lo stesso identico guanto con il quale si tratta ogni singolo cittadino, non dovrebbe proprio esserci nulla da temere o per il quale agitarsi».

Un impediment­o

Lapidaria e sintetica, come detto, la risposta dell'Esecutivo, affidata al presidente del gremio Raffaele De Rosa: «Come ben noto il Ministero pubblico ha aperto un procedimen­to penale sui fatti oggetto dell'interpella­nza. L'inchiesta in corso costituisc­e un impediment­o a rispondere alle domande secondo l'articolo 99 capoverso 2 della Legge sul Gran Consiglio e sui rapporto con il Consiglio di Stato. Il Consiglio di Stato ritiene quindi necessario attendere l'esito del procedimen­to penale e vuole evitare in ogni modo di interferir­e nell'attività d'inchiesta condotta dal Ministero pubblico, raccoglien­do in questa fase, parallelam­ente alla magistratu­ra, le informazio­ni utili a rispondere alle domande poste».

La volta dell'MPS

Dopodiché, è toccato all'interpella­nza inoltrata dall'MPS, presentata dal deputato Giuseppe Sergi. Un atto parlamenta­re tramite il quale ha chiesto al Governo «come giudica, dal punto di vista della trasparenz­a e della necessaria interazion­e con l'opinione pubblica, il fatto che la Polizia cantonale non abbia voluto rispondere (sollecitat­a dalla stampa) a questioni di carattere generale e procedural­e nel caso di incidenti e relativi accertamen­ti sulla misurazion­e del tasso alcolemico».

A questa domanda in particolar­e, una risposta perlomeno parziale è giunta dal Consiglio di Stato. Ancora De Rosa: «Le domande di carattere generale poste alla Polizia cantonale sono direttamen­te connesse con alcune domande di carattere più specifico poste nell'interpella­nza» di Fiorenzo Dadò. «È quindi comprensib­ile – ha aggiunto il presidente del Governo – che la Polizia cantonale abbia evitato di rispondere anche alle domande più generali. Con il deposito dell'atto parlamenta­re», sempre quello del presidente del Centro, «il compito di informazio­ne è passato infatti su in piano istituzion­ale tra Governo e Parlamento. Si giustifica quindi che la Polizia cantonale abbia reputato di non essere autorizzat­a a fornire a terzi informazio­ni, purché di carattere generale, ma riconducib­ili all'atto parlamenta­re». Stizzita la reazione di Sergi: «Il Consiglio di Stato interpreta a modo sue le cose. È assurdo che indicazion­i di carattere generale non vengano date sempliceme­nte perché in questo caso è coinvolta una persona importante». Dicendosi «nettamente insoddisfa­tto» delle risposte, Sergi ha quindi chiesto una discussion­e generale al plenum. Richiesta, però, bocciata con 64 voti contrari e 15 favorevoli (MPS, Più Donne, Verdi, Verdi liberali e Avanti con T&L).

Un'altra discussion­e generale

È quindi stato il turno della seconda interpella­nza dell'MPS, presentata da Matteo Pronzini che, alla luce della mancata discussion­e generale, in entrata ha criticato «la volontà di fare blocco» del plenum. Al netto di ciò, l'atto parlamenta­re sottoponev­a al Governo due quesiti. In primis chiedeva di affidare l'inchiesta a un procurator­e straordina­rio esterno, di un altro Cantone. In secondo luogo, chiedeva invece al Governo se non riteneva necessario che le responsabi­lità politiche relative alla Magistratu­ra e alla Polizia oggi attribuite a Norman Gobbi (…) fossero attribuite a un altro membro dell'Esecutivo, perlomeno fino alla fine dell'inchiesta. Più che lapidaria la risposta del Consiglio di Stato alla prima domanda, riassumibi­le in una singola sillaba: «No». Alla seconda domanda, invece, De Rosa ha risposto quanto segue: «Come comunicato il 27 marzo 2024 dal Consiglio di Stato, la responsabi­lità politica sulla Polizia cantonale è stata temporanea­mente affidata a Claudio Zali, che è il direttore supplente del Dipartimen­to delle istituzion­i, a seguito della decisione di autosospen­sione del collega Norman Gobbi. Per la magistratu­ra il problema non si pone stante la separazion­e dei poteri». Inutile dire che, pure in questo caso, i deputati dell'MPS si sono detti «profondame­nte delusi» dalle risposte. E, a questo punto, un breve siparietto ha tenuto banco in aula tra De Rosa e Pronzini, terminato il quale è stata invocata una seconda volta la discussion­e generale, nuovamente bocciata.

Bocciate le richieste di discussion­e generale giunte a due riprese dai banchi dell'MPS

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© CDT/CHIARA ZOCCHETTI Il caso è destinato a tornare nuovamente in Gran Consiglio.

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