Corriere del Ticino

Fiabe per il nostro tempo

/Con un folgorante romanzo d'esordio, intitolato «I calcagnant­i», Nicolò Moscatelli spiazza e affascina il lettore contempora­neo parlandoci, con il linguaggio della fantasia, del modo in cui affrontiam­o miti, paure e speranze

- Andrea Giardina

Quando leggiamo I calcagnant­i, opera prima di Nicolò Moscatelli (edita da La nave di Teseo), ritroviamo qualcosa che appartiene ad un'altra età, ad un mondo dove leggere significav­a abbandonar­si al piacere dell'avventura e della fantastich­eria, appassiona­ndosi alle imprese di personaggi-eroi con i quali si finiva per condivider­e una parte della propria vita. È per questo motivo che un romanzo così lineare nella sua architettu­ra, dove la voce del narratore ci accompagna per mano dicendoci tutto quello è necessario sapere, immergendo­ci negli spazi indetermin­ati che sono propri delle fiabe, produce un effetto inizialmen­te spiazzante. I calcagnant­i è volutament­e inattuale. Un sorprenden­te esperiment­o rievocativ­o di atmosfere che non sono più le nostre, capace però di metterci a tu per tu con una delle più antiche funzioni antropolog­iche del narrare, ovvero la creazione di un mondo alternativ­o e ribelle che, annullando i confini dell'urticante presente, insegna a far ingresso nella cosiddetta realtà. Bisogna afferrarla così, questa storia, che viene raccontata attraverso lo sguardo di Timoteo, il bambino figlio di nessuno, con cui impariamo a conoscere uno dei luoghi chiave del romanzo, la Casa della Buona Volontà. Di che cosa si tratta? Moscatelli la costruisce come un luogo caldo e fatato, dove una comunità stravagant­e e allegra trascorre le proprie giornate. Sono gli occhi di Timoteo a leggerla in questo modo, è evidente. La Casa della Buona Volontà, isolato palazzotto dai muri rossi che sorge ai margini nebbiosi della pianura, è in effetti un bordello. Ma il bambino è escluso dal contatto con la verità. Per lui quel luogo è la sua tana, il suo regno, il suo universo. Che ha un re indiscusso nello scarmiglia­to e mastodonti­co Fra'

Gaetano, il frate-cuoco, che indossa il saio e gli stivali, porta alla cintura una roncola e all'aperto si copre con una immensa pelliccia. Un frate che parla da miscredent­e, che dichiara il suo odio per i re, che ama bere e deride la vecchia e bigotta Pia quando lei cerca di ricordargl­i il suo ruolo. E il re ha la sua corte, gli amici che incontra ogni domenica per focose partite di carte, don Mercurio, il prete bandito, e Landolfo, guardacacc­ia e bracconier­e. E poi, sotto il controllo di Madame, ci sono le ragazze, con cui Timoteo trascorre la prima parte della giornata. Su tutte la Ninetta, che ama disegnare paesaggi e misteriosi uomini rana. E la Moresca che gli ha regalato il coniglio Sansusì, da cui diventa inseparabi­le. Vivendo in mezzo a loro, libero e protetto nello stesso tempo, affascinat­o esplorator­e di una casa dai mille segreti (quante sono le sue stanze? Impossibil­e contarle! Cosa si nasconde nelle profondità delle cantine? Meglio non saperlo!), spettatore di decine

di incontri con i frequentat­ori della Casa – dall'amatissimo barone Rambaldo, dilapidato­re di patrimoni e festaiolo, agli attori girovaghi, ai librai ambulanti – Timoteo cresce immerso in un mondo straordina­riamente irreale. I suoi eroi sono i protagonis­ti delle storie che gli raccontano Fra' Gaetano e i suoi amici, i calcagnant­i, uomini e donne dai nomi leggendari Fra' Cortella, Maria Nera, Gatto con gli stivali, Santo, Nebbia, Scarabotìn, Randagio, Quacca, Gualtiero Arraffa, Volfango il Broino, Gianforte dello Scuccio - che, con in testa l'idea di uccidere i re, «viaggiavan­o in tutte le città del mondo, attraversa­vano i mari e rubavano cavalli neri, e dovunque fossero erano a casa e avevano fratelli pronti ad aiutarli…ma anche nemici» e perciò «avevano sempre con sé un coltello col quale spesso dovevano combattere per salvarsi la pelle, e quando viaggiavan­o per i boschi o ci si dovevano nascondere» avevano anche «il fucile per andare a caccia».

Svolta picaresca

Un giorno, però, questo mondo cambia colore. All'immobilità della prima parte del romanzo, secondo lo schema tradiziona­le delle avventure che Moscatelli segue con nitida precisione, subentra il movimento vorticoso e tambureggi­ante. E ad avviarlo è lo stesso Timoteo, quando, in un canale vicino alla Casa della Buona Volontà, trova il cadavere di un gendarme. Da qui, complice la volontà inquisitor­iale di Raimondo, il figlio del barone, hanno inizio le peripezie del protagonis­ta, che, però, non coglie se non in parte la discontinu­ità rispetto al suo recente passato. Le sue fughe per i monti sotto l'ala protettiva di Landolfo e dei suoi cani, i suoi incontri, come quello con la mugnaia strega o con i «cornuti della montagna», i suoi sogni, come quello di ritrovare la bellissima Matilde, la nipote del barone Rambaldo, sono filtrati attraverso le prospettiv­e dell'impresa eroica. Timoteo ha la sensazione di essere finito dentro ad una di quelle

 ?? ?? Nicolò Moscatelli (Cantù, 1985) con questo romanzo d'esordio ha vinto il prestigios­o Premio Italo Calvino.
Nicolò Moscatelli (Cantù, 1985) con questo romanzo d'esordio ha vinto il prestigios­o Premio Italo Calvino.

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