Fiabe per il nostro tempo
/Con un folgorante romanzo d'esordio, intitolato «I calcagnanti», Nicolò Moscatelli spiazza e affascina il lettore contemporaneo parlandoci, con il linguaggio della fantasia, del modo in cui affrontiamo miti, paure e speranze
Quando leggiamo I calcagnanti, opera prima di Nicolò Moscatelli (edita da La nave di Teseo), ritroviamo qualcosa che appartiene ad un'altra età, ad un mondo dove leggere significava abbandonarsi al piacere dell'avventura e della fantasticheria, appassionandosi alle imprese di personaggi-eroi con i quali si finiva per condividere una parte della propria vita. È per questo motivo che un romanzo così lineare nella sua architettura, dove la voce del narratore ci accompagna per mano dicendoci tutto quello è necessario sapere, immergendoci negli spazi indeterminati che sono propri delle fiabe, produce un effetto inizialmente spiazzante. I calcagnanti è volutamente inattuale. Un sorprendente esperimento rievocativo di atmosfere che non sono più le nostre, capace però di metterci a tu per tu con una delle più antiche funzioni antropologiche del narrare, ovvero la creazione di un mondo alternativo e ribelle che, annullando i confini dell'urticante presente, insegna a far ingresso nella cosiddetta realtà. Bisogna afferrarla così, questa storia, che viene raccontata attraverso lo sguardo di Timoteo, il bambino figlio di nessuno, con cui impariamo a conoscere uno dei luoghi chiave del romanzo, la Casa della Buona Volontà. Di che cosa si tratta? Moscatelli la costruisce come un luogo caldo e fatato, dove una comunità stravagante e allegra trascorre le proprie giornate. Sono gli occhi di Timoteo a leggerla in questo modo, è evidente. La Casa della Buona Volontà, isolato palazzotto dai muri rossi che sorge ai margini nebbiosi della pianura, è in effetti un bordello. Ma il bambino è escluso dal contatto con la verità. Per lui quel luogo è la sua tana, il suo regno, il suo universo. Che ha un re indiscusso nello scarmigliato e mastodontico Fra'
Gaetano, il frate-cuoco, che indossa il saio e gli stivali, porta alla cintura una roncola e all'aperto si copre con una immensa pelliccia. Un frate che parla da miscredente, che dichiara il suo odio per i re, che ama bere e deride la vecchia e bigotta Pia quando lei cerca di ricordargli il suo ruolo. E il re ha la sua corte, gli amici che incontra ogni domenica per focose partite di carte, don Mercurio, il prete bandito, e Landolfo, guardacaccia e bracconiere. E poi, sotto il controllo di Madame, ci sono le ragazze, con cui Timoteo trascorre la prima parte della giornata. Su tutte la Ninetta, che ama disegnare paesaggi e misteriosi uomini rana. E la Moresca che gli ha regalato il coniglio Sansusì, da cui diventa inseparabile. Vivendo in mezzo a loro, libero e protetto nello stesso tempo, affascinato esploratore di una casa dai mille segreti (quante sono le sue stanze? Impossibile contarle! Cosa si nasconde nelle profondità delle cantine? Meglio non saperlo!), spettatore di decine
di incontri con i frequentatori della Casa – dall'amatissimo barone Rambaldo, dilapidatore di patrimoni e festaiolo, agli attori girovaghi, ai librai ambulanti – Timoteo cresce immerso in un mondo straordinariamente irreale. I suoi eroi sono i protagonisti delle storie che gli raccontano Fra' Gaetano e i suoi amici, i calcagnanti, uomini e donne dai nomi leggendari Fra' Cortella, Maria Nera, Gatto con gli stivali, Santo, Nebbia, Scarabotìn, Randagio, Quacca, Gualtiero Arraffa, Volfango il Broino, Gianforte dello Scuccio - che, con in testa l'idea di uccidere i re, «viaggiavano in tutte le città del mondo, attraversavano i mari e rubavano cavalli neri, e dovunque fossero erano a casa e avevano fratelli pronti ad aiutarli…ma anche nemici» e perciò «avevano sempre con sé un coltello col quale spesso dovevano combattere per salvarsi la pelle, e quando viaggiavano per i boschi o ci si dovevano nascondere» avevano anche «il fucile per andare a caccia».
Svolta picaresca
Un giorno, però, questo mondo cambia colore. All'immobilità della prima parte del romanzo, secondo lo schema tradizionale delle avventure che Moscatelli segue con nitida precisione, subentra il movimento vorticoso e tambureggiante. E ad avviarlo è lo stesso Timoteo, quando, in un canale vicino alla Casa della Buona Volontà, trova il cadavere di un gendarme. Da qui, complice la volontà inquisitoriale di Raimondo, il figlio del barone, hanno inizio le peripezie del protagonista, che, però, non coglie se non in parte la discontinuità rispetto al suo recente passato. Le sue fughe per i monti sotto l'ala protettiva di Landolfo e dei suoi cani, i suoi incontri, come quello con la mugnaia strega o con i «cornuti della montagna», i suoi sogni, come quello di ritrovare la bellissima Matilde, la nipote del barone Rambaldo, sono filtrati attraverso le prospettive dell'impresa eroica. Timoteo ha la sensazione di essere finito dentro ad una di quelle