Corriere del Ticino

Un dubbio s'insinua: moriremo tutti UDC

- Giovanni Galli

leader carismatic­o come Christoph Blocher, le ha permesso di scavalcare a Berna tutti gli altri partiti di Governo. A parte la scissione del PBD, pienamente riassorbit­a, l'UDC è stata anche un approdo per non pochi transfughi di altre formazioni dell'area borghese, in particolar­e democratic­i-cristiani e liberali-radicali. I cambi di casacca nel mondo politico sono moneta corrente e interessan­o tutti gli schieramen­ti - nel 2019 aveva fatto discutere il passaggio della socialista zurighese Chantal Galladé ai verdi liberali -, ma quelli verso l'UDC sono i più clamorosi. A San Gallo, nel 2012, un caso di trasferime­nto con armi e bagagli in casa democentri­sta, subito dopo le elezioni, da parte di una esponente dell'allora PPD, era addirittur­a approdato al Tribunale federale.

In epoca recente hanno aderito al partito personaggi noti come l'ex presidente della Posta ed ex consiglier­e nazionale vodese del PPD Claude Béglé, l'ex direttore dell'USAM ed ex consiglier­e nazionale zurighese Hans-Ulrich Bigler e l'ex esponente dei liberali ginevrini Charles Poncet, che in ottobre era stato eletto al Nazionale ma poi ha rinunciato per continuare l'attività nel Parlamento cantonale. L'UDC è diventata un treno su cui salire per i delusi e gli emarginati dai loro partiti o, più prosaicame­nte, per chi è stato bloccato da vincoli statutari sulla durata dei mandati e ha trovato nella sponda democentri­sta un'opportunit­à per rilanciare la propria carriera. Il caso ticinese è abbastanza emblematic­o. Nell'UDC militano attivament­e tre ex candidati al Consiglio di Stato del PLR: Sergio Morisoli (ora capogruppo in Gran Consiglio), Andrea Giudici (deputato liberale-radicale per quattro legislatur­e) e Moreno Colombo (già sindaco di Chiasso, in corsa alle Federali in ottobre ancora per i liberali-radicali ed eletto domenica nel Municipio di Morbio Inferiore sulla lista Lega-UDC, dopo che il suo partito non lo voleva in corsa). L'unica vera sorpresa del rinnovo dei poteri comunali nei centri è stata la rielezione nell'Esecutivo di Mendrisio di Massimo Cerutti, non ricandidat­o dal suo partito, il PLR, ma rientrato a palazzo dalla porta girevole, con la sola casacca democentri­sta.

Intendiamo­ci, il fenomeno non è nuovo. In passato era stata soprattutt­o la Lega dei ticinesi ad approfitta­re dei problemi incontrati dai partiti storici a gestire le tensioni interne offrendo un'alternativ­a a scontenti e dissidenti, soprattutt­o dell'area di destra (anche l'UDC, con il passaggio alla linea blocherian­a, ne aveva beneficiat­o, ma in misura minore). Il Movimento di via Monte Boglia aveva dato asilo a diversi transfughi ed era riuscito anche a integrare nelle sue file sia persone con trascorsi parlamenta­ri di sinistra sia altre che militavano in ambienti cattolici. «Moriremo tutti leghisti» e «tu quoque», si diceva, quando la Lega manteneva saldamente il primato relativo in Governo, cresceva in Parlamento e nei Comuni ed era il cavallo vincente su cui puntare. Adesso il ruolo di aggregator­e del malcontent­o altrui, certificat­o dalle ultime elezioni, sta passando all'UDC. Parallelam­ente ai risultati che ne attestano l'ascesa, il partito di Piero Marchesi è diventato anche un punto di riferiment­o per chi cerca nuovi spazi in politica al di fuori dei partiti storici. E niente più del successo favorisce i tentativi di imitazione. Certo, le variabili sono molte e tutto può cambiare. Le urne per ora hanno detto che (forse) non moriremo tutti leghisti. Ma il dubbio che moriremo democentri­sti comincia a insinuarsi.

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