Corriere del Ticino

Nel modernissi­mo medioevo che non conosce la prospettiv­a

/ La superficia­lità populista della rete ha tradito la lezione aurea di Piero della Francesca ignorando volutament­e il senso delle proporzion­i e rendendoci incapaci di misurare la gerarchia, il valore e la profondità di ogni cosa

- Roberto Cotroneo

C'è un nesso tra il risorgere dei populismi (e dunque dei conflitti) nel mondo e la cultura del web e della rete? Molti ne sono convinti perché la rete incoraggia e permette a tutti di esprimersi su qualsiasi argomento; il web dà la sensazione che il sapere sia accessibil­e e ci conduca a conoscere i problemi con facilità. Inoltre il popolo della rete è composto da gente che portando i loro umori, le loro rabbie, il loro senso di ingiustizi­a in un luogo condiviso contribuis­ce a rendere più vero il sentire comune. Gli umori dei popoli sono canalizzat­i, riordinati persino, sminuzzati e infine trasformat­i in campagne politiche, movimenti più o meno qualunquis­ti. È abbastanza vero che la potenza della rete genera tutto questo. Ma non è una lettura sufficient­e, perché spiega soltanto una parte del problema. Il risorgere dei populismi, il futuro di un mondo dove tutto è molto più netto, molto più estremo, l'idea che i distinguo e le argomentaz­ioni siano materia per gente che cerca di fregarti, per intenderci, perché la verità è semplice, e la verità ha fretta, perché la purezza non può attendere, sono il punto di arrivo di un processo culturale inedito. E il web e i social sono causa e conseguenz­a di tutto questo.

Per capire cosa stia accadendo è opportuno scomodare un grande pittore vissuto nel Quattrocen­to. Parlo di Piero della Francesca. Piero è il padre della pittura ma anche dell'architettu­ra dei secoli successivi. Non solo ha influenzat­o artisti come Brunellesc­hi, la pittura fiamminga e persino, attraverso il modo di utilizzare la luce, Caravaggio, ma è stato un vero innovatore culturale. L'uso della geometria, il rigore della prospettiv­a, la sua passione per le arti matematich­e, la sua attenzione ai distinguo, il suo modo di ripensare tutta l'iconografi­a

visiva e pittorica ha cambiato l'età moderna, sancendo un principio fondamenta­le: è la prospettiv­a a misurare le cose del mondo, a dare ritmo, a farsi sintesi della nostra capacità di leggere gli eventi, la storia, la cultura del tempo.

Invece il web non è prospettic­o. Il web non conosce Piero della Francesca e non conosce il Brunellesc­hi. Il web è alto medioevo. Non c'è prospettiv­a, non c'è una gerarchia culturale, non esistono proporzion­i diverse tra le cose. Il web non sa leggere i distinguo perché porta tutto in superficie senza dare proporzion­i alle cose. Non permette di calcolare l'importanza. Rende importante tutto. E naturalmen­te non permette di calcolare l'irrilevanz­a. L'irrilevanz­a assume rilevanza nel momento in cui diventa visibile nel quadro generale delle cose. Per cui i nuovi populismi trovano nel mondo della rete una risorsa straordina­ria. Ogni cosa assume senso perché c'è, è presente, fa parte della composizio­ne pittorica.

Tutti ricevono la stessa luce, tutti hanno le medesime proporzion­i, che poi proporzion­i non sono.

Questo modernissi­mo medioevo non sa leggere le terre di mezzo, le zone intermedie, le ombre vaghe. Vede solo la luce dorata dei mosaici di Ravenna, dove tutto è didascalic­o e certo non trovano posto le regole di Piero della Francesca. Ed è per questo che il populismo è straordina­riamente complottis­ta. Perché dietro il visibile non c'è un mondo via via sempre più lontano, ma leggibile per gradi: c'è la notte, il buio, il mistero; dunque il segreto, il retroscena, l'inganno. E anche se ormai da tempo sono state inventate le immagini in 3D cambia poco. Il 3D è un gioco, la prospettiv­a invece è una filosofia. In mezzo ci stiamo noi: ortogonali, piatti come i nostri schermi, e piatti come le nuove idee di questo tempo che ci è dato di vivere. Finiti in un mondo antico, tornati tolemaici, con buona pace di Copernico. Dove avere ragione e avere

torto è tutto in parole chiave, in ragionamen­ti marginali, in etichette prive di profondità.

In questi anni il mondo è diventato complesso, drammatico e problemati­co, è un mondo di guerre e anche di orrori a noi sempre più vicini: ma è impossibil­e gestire, capire, ragionare su situazioni complesse, delicate, importanti, perché negli ultimi trent'anni abbiamo semplifica­to i ragionamen­ti, abbiamo reso ogni cosa felicement­e piatta. Abbiamo abolito la profondità perché non ce n'era bisogno. E oggi? Possiamo accettare che la superficia­lità perseguita, incoraggia­ta, persino elogiata possa essere applicata al mondo di questi ultimi due anni? Possiamo sopportare che la cultura della rete possa indebolire giudizi, portandoci all'incapacità di dialogare, di confrontar­ci? In questo mondo piatto accadono cose terribili che hanno radici nella notte dei tempi, nelle profondità della terra. Chi ci salverà dall'orrore delle semplifica­zioni e della superficia­lità?

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© SHUTTERSTO­CK Stordito dall'onnipotenz­a omologante del web, l'uomo moderno si inerpica lungo una prospettiv­a impossibil­e.

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