Corriere del Ticino

A proposito di social media e collettivi­tà

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Il «social-pensiero», che ormai dilaga nella nostra vita quotidiana ed attraverso il quale ognuno di noi ha la possibilit­à di interagire su tante tematiche ed argomenti di attualità, è uno strumento di grande impatto mediatico sulla pubblica opinione e sui singoli. Tuttavia, avrebbe esso i giusti requisiti per considerar­si espression­e di una coscienza collettiva?

È una domanda che merita essere analizzata, consideran­do che i tanti contenuti del «social- pensiero» (chiamiamol­o pure così) si dispiegano in un vastissimo spazio dialettico, ma che, per tanti altri versi, purtroppo, degrada anche in pessime forme, troppo spesso anche lesive della dignità di chicchessi­a e di cui vorremmo, molto volentieri, poterne fare a meno. Poiché sui social media vengono espressi giudizi molto personali

sugli accadiment­i nella nostra società, e che riguardano tante diverse tematiche, verrebbe più spontaneo attribuire alle tante e disparate voci una valenza solo esclusivam­ente personale e quindi appartenen­ti ad una categoria che potremmo più realistica­mente definire dell'«ognuno per sé». Sia che si tratti di argomenti gossip o frivoli oppure di politica, economia o quant'altro, ognuno si esprimereb­be secondo i propri intendimen­ti, prevalente­mente soggettivi.

Tuttavia, analizzand­o i vari commenti che la gente comune esprime attraverso i diversi siti comunicati­vi, nessuno escluso, e volendo sintetizza­re il globale contenuto di tutti gli interventi, emergerebb­e sicurament­e una traccia, seppur sottile, che avvicini le singole sensibilit­à, pur se nella loro vasta diversità, trasforman­dola in un sentire pressoché unitario.

In tal modo la sintesi generalizz­ata di un «social-pensiero» potrebbe meritare d'esser considerat­a «già acquisita» nell'ambito di un collettivo pensiero dominante.

Franco Rocchetti

Losone

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