Oggi si lavora solamente per sopravvivere
Ho letto con interesse il commento del signor Tito Tettamanti, pubblicato venerdì 22 marzo 2024, riguardante i giorni nostri e la dignità del lavoro. È innegabile che viviamo in una società completamente diversa rispetto a 70 anni fa, ma credo che sia un errore giudicarla con gli occhi di allora. Nel commento, Tettamanti afferma che chi non lavora è uno scansafatiche. Chi riduce il pro
prio orario di lavoro lo fa per ragioni puramente egoistiche. Credo che oggi ognuno debba poter decidere liberamente quanto tempo dedicare ai propri hobby e interessi, senza dover giustificare le proprie scelte a nessuno. Categorizzare coloro che non lavorano come un branco di ignoranti che passano il tempo a cambiare canale in televisione o ad aprire il frigo mi sembra ingiusto. Molte persone non sanno cosa fare della loro vita, sono indecise e si sentono inadeguate in una società che spesso non le comprende né le accetta, stanno cercando il loro posto nel mondo e forse è la società che dovrebbe in qualche modo stimolare queste persone. Il problema è che non tutti hanno la fortuna di svolgere un lavoro che li appassiona o gli piaccia. Molti sono alla ricerca della felicità, senza mai trovarla, e spesso si sentono insoddisfatti professionalmente, con un vuoto interiore che li logora. Qual è la soluzione? Alcuni cercano soddisfazioni altrove, nei loro interessi o curiosità, mentre altri cercano di dimenticare l'infelicità della propria vita immergendosi nei social o guardando programmi spazzatura. Queste persone non sono inutili, ma evidenziano un problema sociale: i giovani (ma non solo) non sanno dove andare o cosa fare della propria vita. Hanno mille stimoli, ma nessuno che li ascolti veramente, e una società divisa tra giovani e anziani nella quale nessuno si sforza mai di capire l'altro. Chiediamoci perché oggi rispetto agli anni '50 il lavoro è diventato così poco allettante. Potrebbe il lavoro diventare parte indispensabile della nostra felicità e soddisfazione personale? Una volta il lavoro era fonte di ispirazione, di soddisfazione e dava il giusto posto all'interno della società. Oggi si lavora solo per sopravvivere. Ridare slancio al lavoro e renderlo allettante è compito della società e non si può sempre chiedere l'impegno
ai ragazzi che sono inseriti in un mondo che spesso non capiscono e non li accetta. Si può avere il giusto equilibrio tra il dare il proprio contributo alla società lavorando, godersi appieno la vita ed essere riconosciuti come validi membri della società?
Marco Medolago
Taverne