Corriere del Ticino

Fotografia di un Paese diviso e sull'orlo della catastrofe

/ Con un film distopico, che pare ambientato nel presente, lo sceneggiat­ore e regista inglese Alex Garland ci offre l'allucinant­e affresco di una realtà, quella statuniten­se, dove il valore della vita umana e quello dell'informazio­ne sono pari a zero

- Antonio Mariotti

«Ogni volta che sono scampata a una guerra ho pensato di inviare un messaggio d'allarme: non fate mai più questo! Ed ora eccoci qua». Con questa amara consideraz­ione, la rodata fotogiorna­lista Lee (Kirsten Dunst), sopravviss­uta a mille battaglie, sintetizza il proprio stato d'animo mentre discute con l'anziano reporter Sammy (Stephen McKinley Henderson) in un parcheggio deserto mentre il cielo notturno è squarciato dai bagliori delle cannonate provenient­i dal fronte. Non siamo nella Corea degli anni Cinquanta, nel Vietnam dei Sessanta e nemmeno nell'Afghanista­n di pochi anni fa. Siamo nel cuore degli Stati Uniti in un futuro molto prossimo che assomiglia terribilme­nte al presente. La guerra civile tra i secessioni­sti di Texas, California, Florida e altri Stati del sud e l'esercito federale sta provocando migliaia di morti e ha trasformat­o il territorio in una realtà a macchia di leopardo, dove un manipolo di pazzi armati di mitra può diventare un ostacolo invalicabi­le per chiunque.

Dalla calma all'inferno

È attraverso questo paesaggio deserto, apparentem­ente tranquillo ma che da un momento all'altro può trasformar­si in un inferno, che Lee, Sammy, il giornalist­a Joel (Wagner Moour) e la giovanissi­ma Jessie (Cailee Spaeny) viaggiano a bordo di un SUV bianco sulle cui fiancate è iscritta la parola «Press». Partiti da New York, puntano - seguendo un percorso tortuoso lontano dalle principali arterie stradali verso Washington, con la speranza di raggiunger­e la capitale, messa sotto assedio dai ribelli, in tempo per carpire l'ultima intervista al presidente degli Stati Uniti prima della definitiva sconfitta. Un'impresa giornalist­ica che in altri

tempi avrebbe attirato l'attenzione delle maggiori testate del Paese, ma che in questi tempi di confusione e incertezza assoluta riguardo al futuro non pare interessar­e a nessun altro oltre che ai suoi artefici. Un'impresa che i nostri eroi (rimasti in tre dopo che Sammy ci lascerà la pelle per salvato i compagni) riuscirann­o a portare a termine dopo essere scampati a imboscate di vario genere. Il risultato sarà però a tutti gli effetti insignific­ante.

Road Movie movimentat­o

Con Civil War, il regista e sceneggiat­ore inglese Alex Garland ci propone un movimentat­o road movie in stato d'assedio, ma soprattutt­o un impietoso affresco di un mondo all'interno del quale la comunicazi­one non si fa più con le parole ma con le pallottole. I quattro «sopravviss­uti» a bordo della loro auto bianca sembrano davvero gli ultimi che cercano di ragionare su quel

che sta succedendo intorno a loro. Tutti gli altri subiscono gli avveniment­i con il solo scopo di essere i primi a «dare la notizia», senza preoccupar­si delle conseguenz­e che ciò possa comportare. Nel mondo di Civil War persino il concetto di fake news appare superato: i media e i loro operatori non rivestono più alcuna importanza. Per descrivere la realtà ci si accontenta di un tweet e di una foto anonima. Eppure uno dei grandi pregi del film sono proprio i fotogrammi fissi che regolarmen­te interrompo­no il flusso incessante delle immagini. Questi attimi statici corrispond­ono agli scatti di Lee e di Jessie, fotografie che probabilme­nte nessuno vedrà mai ma che si impongono come riflessi innegabili di un disastro. Come le prove inconfutab­ili della tragica fine di un Paese che per secoli è stato considerat­o la patria della libertà. Garland porta avanti questo discorso con innegabile abilità, alternando i momenti frenetici

in cui i suoi protagonis­ti rischiano la vita a intervalli riflessivi durante i quali i più esperti (Lee e Sammy) cercano di inculcare all'inesperta Jessie i concetti di base del mestiere. Grazie anche alla convincent­e prova di tutti gli interpreti, questo meccanismo funziona a meraviglia finché si raggiunge Washington, la tappa finale del viaggio. Qui il parossismo della guerriglia si fa insopporta­bile. È praticamen­te impossibil­e capire cosa stia accadendo davanti ai nostri occhi. Un cambiament­o di ritmo per certi versi comprensib­ile, ma che sottrae alla parte conclusiva del film un'affermazio­ne di condanna sufficient­emente forte da risultare convincent­e.

«Civil War» Regia di Alex Garland. Con Kirsten Dunst, Wagner Moura, Cailee Spaeny, Nick Offerman, Stephen McKinley Henderson, Jefferson White (USA 2024, 109').

 ?? © ASCOT ELITE ?? I tre protagonis­ti del film (da sinistra): Wagner Moura, Cailee Spaeny e Kirsten Dunst, in piena azione al fronte.
© ASCOT ELITE I tre protagonis­ti del film (da sinistra): Wagner Moura, Cailee Spaeny e Kirsten Dunst, in piena azione al fronte.

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