La scuola come metafora della società
/ Il regista tedesco di origine turca Ilke Çatak firma un film di dura critica sociale prendendo spunto da un misterioso furto di cui è vittima una giovane insegnante che pensa di poter scoprire facilmente la verità
«Viviamo in un'epoca assurda e in qualche modo il mio film rappresenta anche un tentativo di mostrare la confusione che caratterizza il mondo in cui viviamo». Questa parole, del regista tedesco di origine turca Ilke Çatak, sgombrano subito il campo da ogni ambiguità riguardo alle intenzioni del suo ultimo lungometraggio La sala professori, che dopo essere stato presentato alla Berlinale 2023 è entrato nella cinquina delle produzioni internazionali candidate all'Oscar. Pur essendo quasi interamente ambientato tra le mura di una scuola media di Amburgo, il film è infatti da prendersi non tanto come una critica nei confronti dell'istituzione scolastica in sé, quanto piuttosto nei confronti della società in generale, di cui la scuola è uno specchio fedele e non certo dei meno importanti. La vicenda della giovane insegnante di matematica Carla Nowak (una brava e coinvolgente Leonie Benesch) che cerca di scoprire il colpevole di un furto che subisce proprio nella sala professori, si trasforma così in un percorso controcorrente e irto di ostacoli, alla fine del quale la donna si ritroverà sola a lottare contro tutti per difendersi da accuse a dir poco ingiuste. Ciò non toglie che il film sia anche una radiografia precisa ed accurata delle dinamiche che attraversano un microcosmo in perenne mutamento generazionale, sociale e didattico che non riesce però a distanziarsi, soprattutto per mancanza di volontà politica, da un modello di fondo ormai superato. Questo ragionamento fa sì che La sala professori per Ilke Çatak sia da considerare un film «fuori dal tempo»: è sì ambientato nel presente, ma in un presente in cui l'uso dei dispositivi elettronici è ridotto al minimo, mentre le scenografie e l'abbigliamento sembrano usciti da un film degli anni Ottanta. Il regista e il suo cosceneggiatore Johannes Duncker sono sulla quarantina, eppure affermano che diverse situazioni che si ritrovano nel film risalgono alla loro esperienza studentesca. I continui colpi di scena che ruotano attorno al furto subito da Carla Nowak tengono desta l'attenzione degli spettatori, trasformandosi in un gioco al massacro generalizzato che ci permette di misurare il disagio che si respira nella scuola, pardon, nella società di oggi.