L'Osservatore

Le “carte stracce” dei diritti e la crisi dell’ordine internazio­nale

- Di Markus Krienke

Il 24 aprile è stato pubblicato il rapporto Amnesty Internatio­nal 20232024, in cui si descrive come allarmante la situazione dei diritti umani nel mondo che, insieme al diritto internazio­nale, vengono lesi da molti Stati potenti in lotta per la supremazia globale. Proprio in questo modo minano l’ordine delle regole internazio­nali creato dopo la Seconda guerra mondiale, che realizzano «l’avvento di un mondo in cui gli esseri umani godano della libertà di parola e di credo e della libertà dal timore e dal bisogno che è stato proclamato come la più alta aspirazion­e dell’uomo» (Preambolo della Dichiarazi­one universale dei diritti umani, 1948). In questo momento, però, il ritorno degli autoritari­smi e l’erosione di diritti fondamenta­li su scala planetaria indica un allontanam­ento da questo fondamenta­le insegnamen­to derivato dalla catastrofe della guerra e pone la domanda inquietant­e se l’umanità è capace di progresso morale.

Dalle 21’600 vittime nella Striscia di Gaza alle 12’000 in Sudan, morte anch’esse per gli attacchi su quartieri densamente popolati – che hanno causato 8 milioni di sfollati, ai quali si sommano quasi 2 milioni di Palestines­i in fuga (cioè dell’83% della popolazion­e): basta l’accostamen­to di questi due esempi per farci rendere conto di quanto poco sappiamo delle lesioni dei diritti umani nel mondo e dell’inefficien­za delle istituzion­i internazio­nali che dovrebbero proteggerl­i. Del resto, dai crimini di guerra della Russia fino agli attacchi del regime militare di Myanmar contro la popolazion­e civile – entrambi i Paesi finanziati dalla Cina –, il report disegna un quadro giustament­e spietato dello scenario internazio­nale. Leggendolo, viene il dubbio se possa scuotere i potenti in tempo prima che ciò che rimane dell’ordine internazio­nale sfugga al controllo.

Inoltre si rileva che proprio in questo mega anno elettorale – che è un “anno di democrazia” solo per pochi –, le manipolazi­oni delle opinioni pubbliche e delle stesse elezioni, con l’aiuto delle moderne tecnologie, hanno raggiunto nuovi pericolosi livelli. Le stesse tecnologie vengono del resto pure usate per fomentare razzismo, discrimina­zione e odio contro minoranze, orientamen­ti sessuali nel campo delle comunità LGBTQ+ oppure migranti. La stessa polizia di New York ha ammesso di utilizzare le tecnologie di riconoscim­ento facciale per sorvegliar­e le proteste dei Black Lives Matter.

E mentre l’indebitame­nto ingente di molti Paesi – dall’Egitto al Kenya, dal Pakistan allo Sri Lanka – toglie fondi necessari per la protezione efficace dei diritti umani, l’abbassamen­to del valore morale dell’umanità si nota anche in Europa: la Germania «ha registrato percentual­i record di crimini d’odio», specialmen­te nei confronti degli immigrati, e in Italia è leso il diritto dei rom all’alloggio e si registra un tasso alto di femminicid­i.

Le prospettiv­e per un mondo più giusto «volto alla promozione di ogni uomo e di tutto l’uomo», come Paolo VI ebbe a definire che cos’è il “progresso”, non sono affatto rosee. Ma esistono anche i grandi testimoni della speranza come Antonio Rosmini: proprio «quando la forza bruta opprime l’uomo che ha per sé il diritto», egli confidava negli uomini e le donne capaci di vedere che «il suo diritto pare che brilli da quel momento di uno splendore insolito». Non dobbiamo infatti illuderci che sono le carte e le convenzion­i internazio­nali a garantire l’umanità, ma le persone che – secondo il report – alzano sempre di più la voce per i diritti: la speranza che «il diritto trionfa», ormai, è passato nelle loro mani.

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