Le “carte stracce” dei diritti e la crisi dell’ordine internazionale
Il 24 aprile è stato pubblicato il rapporto Amnesty International 20232024, in cui si descrive come allarmante la situazione dei diritti umani nel mondo che, insieme al diritto internazionale, vengono lesi da molti Stati potenti in lotta per la supremazia globale. Proprio in questo modo minano l’ordine delle regole internazionali creato dopo la Seconda guerra mondiale, che realizzano «l’avvento di un mondo in cui gli esseri umani godano della libertà di parola e di credo e della libertà dal timore e dal bisogno che è stato proclamato come la più alta aspirazione dell’uomo» (Preambolo della Dichiarazione universale dei diritti umani, 1948). In questo momento, però, il ritorno degli autoritarismi e l’erosione di diritti fondamentali su scala planetaria indica un allontanamento da questo fondamentale insegnamento derivato dalla catastrofe della guerra e pone la domanda inquietante se l’umanità è capace di progresso morale.
Dalle 21’600 vittime nella Striscia di Gaza alle 12’000 in Sudan, morte anch’esse per gli attacchi su quartieri densamente popolati – che hanno causato 8 milioni di sfollati, ai quali si sommano quasi 2 milioni di Palestinesi in fuga (cioè dell’83% della popolazione): basta l’accostamento di questi due esempi per farci rendere conto di quanto poco sappiamo delle lesioni dei diritti umani nel mondo e dell’inefficienza delle istituzioni internazionali che dovrebbero proteggerli. Del resto, dai crimini di guerra della Russia fino agli attacchi del regime militare di Myanmar contro la popolazione civile – entrambi i Paesi finanziati dalla Cina –, il report disegna un quadro giustamente spietato dello scenario internazionale. Leggendolo, viene il dubbio se possa scuotere i potenti in tempo prima che ciò che rimane dell’ordine internazionale sfugga al controllo.
Inoltre si rileva che proprio in questo mega anno elettorale – che è un “anno di democrazia” solo per pochi –, le manipolazioni delle opinioni pubbliche e delle stesse elezioni, con l’aiuto delle moderne tecnologie, hanno raggiunto nuovi pericolosi livelli. Le stesse tecnologie vengono del resto pure usate per fomentare razzismo, discriminazione e odio contro minoranze, orientamenti sessuali nel campo delle comunità LGBTQ+ oppure migranti. La stessa polizia di New York ha ammesso di utilizzare le tecnologie di riconoscimento facciale per sorvegliare le proteste dei Black Lives Matter.
E mentre l’indebitamento ingente di molti Paesi – dall’Egitto al Kenya, dal Pakistan allo Sri Lanka – toglie fondi necessari per la protezione efficace dei diritti umani, l’abbassamento del valore morale dell’umanità si nota anche in Europa: la Germania «ha registrato percentuali record di crimini d’odio», specialmente nei confronti degli immigrati, e in Italia è leso il diritto dei rom all’alloggio e si registra un tasso alto di femminicidi.
Le prospettive per un mondo più giusto «volto alla promozione di ogni uomo e di tutto l’uomo», come Paolo VI ebbe a definire che cos’è il “progresso”, non sono affatto rosee. Ma esistono anche i grandi testimoni della speranza come Antonio Rosmini: proprio «quando la forza bruta opprime l’uomo che ha per sé il diritto», egli confidava negli uomini e le donne capaci di vedere che «il suo diritto pare che brilli da quel momento di uno splendore insolito». Non dobbiamo infatti illuderci che sono le carte e le convenzioni internazionali a garantire l’umanità, ma le persone che – secondo il report – alzano sempre di più la voce per i diritti: la speranza che «il diritto trionfa», ormai, è passato nelle loro mani.