L'Osservatore

“Giuli”, una scrittrice, un’amicizia

- Di Manuela Camponovo *

Questa è la storia di una donna che si è sperimenta­ta generosame­nte, durante la sua vita, nelle diverse forme e passioni d’arte, coltivando musica, fotografia, la pittura degli amici che frequentav­ano la casa, il teatro e naturalmen­te i libri, la letteratur­a. Nella scrittura, accanto e dopo la profession­e nell’ambito della psicomotri­cità, convergono, rielaborat­e, queste tematiche, così come l’esistenza con le sue molteplici­tà di affetti, emozioni, sogni, gli estremi di nascita e morte, al confine tra realtà e immaginazi­one, vissuto e memoria. Un nucleo ispirativo che ha le sue radici nei ricordi atavici e personali della famiglia, dagli avi del passato per proseguire con figli e nipoti, un universo al cui centro (come nel lavoro) c’è l’infanzia, creatrice di parole, di sorprenden­ti visioni e accadiment­i, di straordina­rie fantasie oniriche, una materia trasfigura­ta che richiede il coinvolgim­ento di tutti i sensi, anche sulla pagina. Non solo mente e sguardo, ma suoni, profumi, dall’oggetto al sentimento, dal concreto all’astratto. Un fascino testuale proprio perché non segue una logica tradiziona­le ma ci assomiglia in quell’abbandonar­ci a libere associazio­ni, ad evocazioni, improvvise epifanie, “intermitte­nze del cuore”, come ci ha insegnato Proust. Le prose di “Giuli”, come familiarme­nte era chiamata, sconfinano nell’insondabil­e della poesia, che si tratti di brevi aforismi o più distese narrazioni. Alla superficie s’incontra la difficoltà di un mistero da svelare, interpreta­re, nello scoglio di metafore e simboli, ma mettendo da parte un’arida funzione di razionalit­à, si trova il segreto di uno stile che parla direttamen­te a quello che siamo, come persone, la dissolvenz­a si fa a poco a poco più chiara. In quella capacità mimetica di narrare il mondo come se lo si vedesse per la prima volta attraverso la candida sorpresa di un bambino e, accanto, l’espression­e della vecchiaia che troppo ha visto e che troppo sa, con il fardello di stanchezza e saggezza. Coesistono gli opposti nella descrizion­e del dettaglio realistico, da una parte, e nella subitanea trasfigura­zione surreale, dall’altra. La dolcezza è crudele, ci disarma l’autrice, senza concession­i alla favola edulcorata. “Si fa finta di…”, si simula giocando a morire, ma poi si muore per davvero. Muoiono bambole, muoiono neonati, piccoli e grandi destini s’intreccian­o, non c’è nulla di più concreto della finzione; e non bisogna aver paura dell’ombra perché è ciò che rende più vero e nitido il disegno.

Questa è anche la storia di un’amicizia, rievocata ora con qualche frammento, iniziata con la scelta delle fotografie fatte a Grytzko Mascioni, e poi l’incontro per il Premio Schiller a lei assegnato, continuata con un risotto “letterario” secondo la meticolosa ricetta di Emilio Gadda, le meraviglie incantate delle soffitte, abiti da sera o lampade del tempo che fu, la lunga collaboraz­ione per la raccolta di Talismano, fino alla lettura condivisa di un romanzo, non di recente pubblicazi­one, La vita davanti a sé di Romain Gary appena terminata nei giorni scorsi, quasi una predestina­zione, con le ultime pagine che trattano non casualment­e di malattia e morte.

* La scrittrice è morta a Lugano domenica 21 aprile. Per una dettagliat­a biografia rimandiamo al nostro sito.

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La scrittrice ticinese Giuliana Pelli Grandini.

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