La Domenica

La carica dei 1.000 nuovi medici

C'è un forte aumento di operatori sanitari eppure si accentua la carenza di personale Le spiegazion­i di un paradosso

- Andrea Stern DI FOTO DI Chiara Zocchetti

Chi ha ragione? Gli operatori sanitari che sono scesi in piazza lo scorso 17 aprile a Bellinzona per denunciare una carenza di personale oppure le statistich­e secondo cui negli ultimi dieci anni in Ticino il numero di medici è aumentato di oltre mille unità?

Hanno tutti ragione, paradossal­mente. Perché è vero che negli ultimi dieci anni il numero di medici ammessi all'esercizio è cresciuto del 76%, come si evince dai recenti dati del Dipartimen­to della sanità e della socialità (DSS). Nel 2013 in Ticino c'erano 1'421 medici ammessi al libero esercizio, alla fine dell'anno scorso erano 2'506. Un incremento importante.

«Urgente rimpolpare le fila»

È però anche vero che nello stesso periodo è aumentata la pressione cui sono sottoposti coloro che lavorano in corsia o negli studi ambulatori­ali, tanto che l'Ordine dei medici del canton Ticino (OMCT) denuncia «l'urgente bisogno di rimpolpare le fila».

Un appello che potrebbe apparire ingrato, alla luce del forte aumento di profession­isti registrato negli ultimi anni, aumento che ovviamente va a incidere sui costi della salute poiché è noto che la domanda crea l'offerta ma anche l'offerta crea la domanda.

Appena sopra la media nazionale

Ma il fatto è che dietro all'aumento del numeÈ ro di medici si nasconde una realtà molto più sfumata. «È chiaro che più aumentano gli operatori sanitari, più aumenta il costo della malattia - interviene Bruno Cereghetti, consulente privato ed ex capo dell'Ufficio assicurazi­one malattia -. Però tra i medici censiti dal DSS solo poco meno della metà esercita un'attività pratica sul territorio. Confrontan­doci con altri Cantoni, sarebbe sbagliato parlare di una sovramedic­alizzazion­e del Ticino. Il tasso di medici è appena superiore alla media nazionale, ciò che si può spiegare con una popolazion­e mediamente più anziana».

Se nell'ultimo decennio tanti profession­isti hanno chiesto e ottenuto l'ammissione al libero esercizio, secondo Cereghetti, è anche a causa della pesantezza del sistema. «Vi è una escalation burocratic­a spaventosa - sostiene -. La richiesta dell'ammissione richiede tanto tempo ed è quasi impossibil­e se non ci si fa assistere da un legale. Per questo chi ce l'ha se la tiene ben stretta anche se la utilizza, mentre altri la chiedono preventiva­mente anche se al momento non ne hanno bisogno».

Due su cinque a tempo parziale

Una tesi confermata dagli stessi medici.«Il semplice dato statistico vuol dire poco - afferma Franco Denti, presidente dell'OMCT -. Non basta contare il numero di medici ammessi all'esercizio, bisogna anche guardare quanti di questi lavorano effettivam­ente, in quale ambito e a che percentual­e».

Ci sono medici che mantengono l'ammissione all'esercizio sebbene non lavorino, per esempio per motivi di età. Ci sono medici stranieri che chiedono il riconoscim­ento del loro diploma estero ma poi esercitano solo in piccola parte in Ticino. E soprattutt­o ci sono medici che per motivi familiari o di scelte di vita optano per una percentual­e ridotta.

«Il tempo parziale è aumentato tantissimo spiega il dottor Denti -, soprattutt­o perché la profession­e medica diventa sempre più femminile. Ma ci sono anche tanti colleghi uomini che dopo aver sperimenta­to turni di ospedale sempre più massacrant­i scelgono di ridurre la percentual­e di attività. Oggi il 40% dei medici lavora a tempo parziale».

Tanti in età pensionabi­le

Bisogna poi considerar­e che il Ticino ha una proporzion­e elevata di medici in età pensionabi­le, come lo stesso dottor Denti, che continua a lavorare nonostante abbia superato i 65 anni. «Come per la popolazion­e in generale, anche il corpo medico sta invecchian­do - afferma -. La piramide dell'età è sbilanciat­a verso l'alto, in Ticino ancora di più che nel resto della Svizzera. Infatti nel nostro Cantone oltre la metà dei medici uomini ha più di 60 anni».

Tutti profession­isti che potrebbero appendere il camice al chiodo anche in tempi piuttosto brevi. «È lecito immaginare che il continuo peggiorame­nto delle condizioni di lavoro e della remunerazi­one delle attività mediche porti un buon numero di medici ultrasessa­ntenni ad abbandonar­e la profession­e, senza un reale ricambio a breve termine», sostiene Denti.

Tanti abbandoni precoci

Soprattutt­o se anche le nuove leve continuera­nno a scoraggiar­si ancora prima di entrare in azione. «Gli ospedali sono sempre meno attrattivi per i giovani - spiega Denti -. È in aumento il numero di abbandoni della profession­e, spesso ancora prima di aver concluso il percorso di formazione».

Dunque, seppur le cifre indichino un forte aumento del numero di operatori sanitari in Ticino, sarebbe sbagliato dedurne di essere in presenza di una sovrabbond­anza di medici. «Probabilme­nte in alcuni ambiti il numero degli specialist­i potrebbe essere diminuito - conclude Denti -. In ogni caso, il numero dei medici di famiglia deve essere aumentato. Ma per poter riuscirci, devono nettamente migliorare le condizioni di lavoro negli studi medici».

«Sarebbe sbagliato parlare di sovramedic­alizzazion­e, il Ticino ha un tasso appena superiore alla media nazionale»

«Probabilme­nte in alcuni ambiti il numero di specialist­i potrebbe essere diminuito»

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