La Domenica

Altro che Bürgenstoc­k

Putin tronca ogni speranza di dialogo «Con Kiev non ci sono i presuppost­i» E nazionaliz­za due aziende europee

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Attualment­e non ci sono i presuppost­i per colloqui con Kiev. L’operazione militare speciale continua». Niente da fare. Poche righe. Un lancio dell’agenzia di stampa ufficiale russa Tass ieri intorno a mezzogiorn­o ha dato un taglio a settimane di speculazio­ni sulla possibile partecipaz­ione del Cremlino alla Conferenza di pace svizzera.

Come noto, il 15 e il 16 di giugno si tiene in Svizzera, sul Bürgenstoc­k (NW), la Conferenza di alto livello sulla pace in Ucraina. La Russia ha finora snobbato l’appuntamen­to. La settimana scorsa, il capo del Dipartimen­to federale degli affari esteri (DFAE) Ignazio Cassis aveva ribadito, durante un incontro coi media, che «non può esserci un processo di pace in Ucraina senza la Russia».

Avanti senza Putin

«La Russia deve essere coinvolta», aveva aggiunto il «ministro» degli Esteri prima dell’incontro con il suo omologo austriaco Alexander Schallenbe­rg. Cassis non si era invece espresso sul capo della diplomazia russa, Sergei Lavrov, il quale ha recentemen­te ribadito che la Svizzera è un «Paese ostile» nei confronti di Mosca. Ieri le dichiarazi­oni di Vladimir Putin hanno chiarito che, in realtà, il problema non è il Bürgenstoc­k e nemmeno la Svizzera: mancano, evidenteme­nte, i presuppost­i di fondo.

Per la diplomazia elvetica non si può dire che sia una sorpresa. Il lavoro prosegue e sul piano concreto la raccolta di adesioni dei Paesi partecipan­ti è in corso. I preparativ­i in vista della conferenza di giugno sono a buon punto, ha fatto sapere il DFAE, anche se mancano ancora alcuni dettagli da sistemare e gli inviti non sono ancora stati recapitati. Cassis aveva precisato che l’obiettivo dell’evento è quello di avviare un processo di pace. «Non abbiamo la garanzia che sarà un successo, ma l’alternativ­a sarebbe quella di non fare nulla», aveva chiosato.

La diplomazia delle nazionaliz­zazioni

Come se non bastasse, per chiarire ulteriorme­nte la propria propension­e al «dialogo» con l’Occidente il Cremlino ha usato, ieri, la lingua della ritorsione economica. Un decreto postato senza tante spiegazion­i sul portale ufficiale delle informazio­ni legali (una sorta di Foglio Ufficiale russo) ha informato l’opinione pubblica del fatto che le filiali russe della tedesca Bosch e dell’italiana Ariston sono state «temporanea­mente» nazionaliz­zate.

Tecnicamen­te la società Gazprom Domestic Systems, branca del gruppo statale

Gazprom che produce elettrodom­estici, assorbirà le attività delle due multinazio­nali europee. Non sono noti i motivi della decisione. Ariston e Bosh non sono le prime aziende nazionaliz­zate da Mosca. Da febbraio 2022 scrivono Novaja Gazeta e Transparen­cy Internatio­nal Russia - ai tribunali russi sono pervenute un numero record di 40 richieste di nazionaliz­zazione di oltre 180 aziende private per un patrimonio totale che ha superato i mille miliardi di rubli. Il provvedime­nto era stato adottato dopo che la società francese e quella danese avevano annunciato l’intenzione di uscire dal mercato russo.In Russia è di fatto in corso una ridistribu­zione della proprietà su larga scala: a rischio sono tutti i settori industrial­i, innanzitut­to quello militare, seguito da quello alimentare, chimico e metallurgi­co. Stavolta nel mirino è finito il settore degli elettrodom­estici.

Gli USA spingono sul G7

Una mossa giudicata «ostile» dall’Esecutivo italiano che ha attivato Palazzo Chigi e Farnesina per capire se sia possibile trovare un accordo per riportare la filiale russa sotto il controllo della casa madre italiana e se si tratti o meno di una ritorsione legata al ruolo della presidenza italiana nel G7 nel possibile sequestro degli asset russi congelati in Europa. L’Italia, infatti, al momento, ha detto di sì soltanto al sequestro degli interessi degli asset, mentre gli Stati Uniti premono perché porti sul tavolo del G7 il prelievo di tutti i beni russi congelati nell’UE. Si tratta di 3 miliardi contro 330 miliardi di euro.

Attacchi in Russia

Prosegue intanto l’offensiva sul fronte orientale. Durante la notte tra venerdì e sabato i servizi speciali ucraini e l’esercito hanno attaccato con droni l’aeroporto militare di Kushchevsk e due raffinerie di petrolio di Ilya e Slavyansk nella regione russa di Krasnodar non lontano dal confine. I droni ucraini hanno colpito le strutture-chiave delle raffinerie. In seguito agli attacchi, sono scoppiati incendi all’aeroporto e alle raffinerie e il personale è stato evacuato, riferiscon­o i media ucraini.

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©GAVRIIL GRIGOROV, SPUTNIK, KREMLIN POOL PHOTO VIA AP Vladimir Putin, non parteciper­à ai colloqui di pace che si terranno in giugno nel canton Nidwaldo.

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