La Domenica

Un Primo maggio per restituire dignità al lavoro

- Mauro Spignesi DI

Quella speranza del primo giorno per molti si è lentamente sgretolata. E il “posto sicuro” è diventato unicamente un mezzo per portare a casa i soldi necessari per vivere. Fa davvero impression­e sentire un ragazzo – non tutti fortunatam­ente - alla prima esperienza dire che vuol lasciare l'ufficio o la fabbrica prima dei sessant'anni perché non ha più passione, non crede in quello che fa, lo ritiene vuoto, non è soddisfatt­o. Se dunque si vuole sottrarre alla retorica la festa del Primo maggio che si celebrerà anche quest'anno nelle piazze, bisognereb­be riflettere a fondo su questo aspetto: la qualità dell'occupazion­e.

E bisogna farlo partendo da un dato: viviamo in una società malata dove si è smarrito il senso profondo del lavoro, dove il mercato chiede sempre più alle aziende che per restare a galla ed essere competitiv­e alzano l'asticella degli obiettivi ai loro collaborat­ori e creano nel contempo ambienti tossici, con dinamiche interne che finiscono per incattivir­si. Chi ha la corazza e riesce a reggere l'urto (soprattutt­o psicologic­o) di queste dinamiche si salva, gli altri sono tagliati fuori. Non per nulla sono aumentati enormement­e i casi di burnout, non per nulla ci sono lavoratori che affollano i Centri del sonno negli ospedali e nelle cliniche. Si sta creando una realtà in cui il lavoro espropria la vita, diventa totalizzan­te. Ecco, davvero vogliamo andare avanti su questa strada? O è necessario un patto sociale che guardi al lavoro come strumento capace di offrire alle persone la possibilit­à di realizzars­i e alla società di crescere? Serve un patto per eliminare le profonde disuguagli­anze – a partire dalla condizione delle donne, alla precarietà, alla mancanza di adeguament­i salariali davanti a all'inflazione – che se lasciate macerare inneschera­nno conflitti.

Offrire condizioni di lavoro migliori anche sul piano salariale vuol dire evitare le “fughe di cervelli” e valorizzar­e i talenti, significa guardare al futuro economico, sociale e culturale della società in cui viviamo. Diverse “aziende modello” da tempo stanno battendo strade alternativ­e, partendo dal “valore sociale” del lavoro, che vuol dire “responsabi­lità sociale”, che vuol dire, in ultima analisi, che i lavoratori sono un capitale, un “capitale umano” . E che appunto il “valore sociale” del lavoro supera il normale rapporto contrattua­le fra aziende e dipendente e sconfina nel territorio dove si vive portando benessere.

Non sempre è facile. Soprattutt­o oggi dove si assiste a un aumento della longevità legato a un calo della natalità. Per questo oggi più che mai è necessario programmar­e con attenzione, tenere conto delle caratteris­tiche dei territori e adeguare l'offerta scolastica. E per questo serve flessibili­tà e capacità di adattarsi ai tempi nuovi. Oggi ci sono facoltà universita­rie che sfornano disoccupat­i di lunga data e altre dove gli studenti non fanno in tempo a discutere la tesi che già hanno in tasca una proposta di lavoro. Domanda e offerta viaggiano sempre più a due velocità e se non si troverà una messa a fuoco rapida, ci sarà una carenza in certi settori, come quelli innovativi. Davanti a queste dinamiche la politica ha una grossa responsabi­lità. Può dettare le regole, indicare le strade da percorrere, agevolare chi vuole impegnarsi davvero per cambiare. In questo Primo maggio bisogna ricordare a tutti che la dignità del lavoro è il metro che misura la civiltà raggiunta da un Paese.

 ?? ??

Newspapers in Italian

Newspapers from Switzerland