Tutte lemeraviglie di un’isola
Solo a pronunciarne il nome – Zanzibar deriva dall’antico persiano zanj e significa nero – la mente vola a tempi lontani, a sapori e a profumi esotici e rari. E se la complessa storia dell’isola e del suo arcipelago (comprende circa quaranta isole molte delle quali disabitate) non manca di affascinare gli storici e gli studiosi del colonialismo, il presente non è certo da meno. Come meta turistica comincia timidamente ad affermarsi negli anni settanta: soprattutto giovani, per lo più i classici frikkettoni (i Jefferson Airplane la citavano in una loro celebre canzone) e soggetti in cerca di avventure e luoghi in cui vivere esperienze sensoriali nuove. Apripista del turismo esotico che negli anni ottanta e novanta diverrà fenomeno globale, Zanzibar, rispetto alle più gettonate Maldive, Mauritius e Seychelles, ha saputo mantenere un’identità e un fascino particolari. In qualche modo la sua fortuna. Innanzitutto di Africa si tratta, una realtà che si coglie non appena scesi dall’aereo nel piccolo e un po’ caotico aeroporto situato a pochi chilometri a sud di Stone Town, la capitale. L’isola, tutto sommato piccola – ha la stessa superficie di Fuerteventura ed è leggermente più grande di Rodi –, si allunga da nord a sud, allineata alla costa del continente africano. Siamo vicinissimi all’equatore e il clima tropicale si fa sentire alternando a periodi piuttosto secchi due stagioni delle piogge: la maggiore, da marzo a giugno, e la minore, da ottobre a dicembre. I momenti migliori per visitarla sono dunque quelli che vanno da giugno a settembre, la stagione secca, e il mese di febbraio durante i quali godrete del magnifico mare e dei suoi fondali, delle straordinarie spiagge e dell’atmosfera magica e misteriosa di un luogo in cui non sorprenderebbe incontrare Corto Maltese o un giovane Joseph Conrad.