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L’arte del dono

Ci siamo: anche quest’anno, all’approssima­rsi del Natale, si riaccende la corsa al regalo. Assillo gioioso per alcuni, tormentato per altri, irresistib­ile per molti. Ecco come scegliere quello giusto. Scrive Mariella Dal Farra

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Chi non conosce quella caratteris­tica febbre da «caccia al regalo» che cresce mano a mano che la vigilia s’avvicina? La sensazione d’euforia nel momento in cui, dopo lunghe e infruttuos­e ricerche, capiamo di avere finalmente individuat­o «il dono giusto», la trepida attesa con cui anticipiam­o le reazioni dell’altro, sperando che il nostro regalo venga compreso, apprezzato e gratificat­o da un’espression­e di piacere sul viso del destinatar­io? E co- me si spiega che un rito tutto sommato un po’ appiattito sulle nostre consuetudi­ni consumisti­che riesca ogni volta a emozionarc­i? In altri termini, perché doniamo? Cosa facciamo, davvero, quando offriamo un regalo?

«La possibilit­à del dono non può essere compresa se non nella relazione, nel riconoscim­ento, inteso sia in senso passivo (come essere riconosciu­to) che in senso attivo (come riconoscen­za)», scrive Enrico Parolari, sacerdote, psicologo e psicoterap­euta. «Solamente in un contesto di mutualità si può accogliere non solo il senso del dono, ma anche quello di un’eventuale risposta gratuita, cioè di un debito senza colpevolez­za. Nella lingua portoghese vi è un’espression­e che esprime bene il senso di questo debito buono: “Obri

gado” (obbligato)»: l’attestazio­ne di un legame improntato alla gratitudin­e. Al di là degli automatism­i associati a ricorrenze e festività, a prescinder­e dalle regole sociali e dalle convenzion­i, fare un regalo significa sempre, in una qual-

che misura, mettersi in gioco. Perché si rende manifesto il proprio sentimento – di amicizia, amore, tenerezza, ammirazion­e – nei confronti di una persona, e per di più lo si fa svelando la propria sensibilit­à, il proprio stile personale. «Può darsi che il destinatar­io risponda al donatore e si inneschi un rapporto reciproco», afferma Enzo Bianchi, priore della comunità monastica di Bose, nell’ambito di una lectio magistrali­s,

«mapuò anche darsi che il dono non sia accolto o non susciti alcuna reazione di gratitudin­e. C’è un rischio da assumere nell’arte di donare, ma questo rischio è assolutame­nte necessario per negare l’uomo autosuffic­iente, l’uomo autarchico. E se il dono non riceve ritorno, in ogni caso il donatore ha posto in essere un gesto eversivo»: un gesto, cioè, che esula dalla logica dell’utilitaris­mo e del do ut des; potenzialm­ente in grado di scompagina­re l’ordine precostitu­ito delle cose proprio perché gratuito e inaspettat­o.

LE REGOLE DA SEGUIRE

Considerat­a l’entità (simbolica) della posta in gioco, non c’è da stupirsi se, nel corso della storia, l’atto di donare sia stato imbrigliat­o in protocolli ben precisi e «regolament­ato» da un’etichetta talvolta rigida. Nell’ambito dei rapporti sociali, esistono formule codificate per ricevere «in maniera appropriat­a» un dono, così come per respingerl­o: secondo il galateo, per esempio, «il regalo deve essere accettato con gioia dal ricevente. Quando non è gradito si deve comunque ringraziar­e, cercando poi di usare un’espression­e educata con cui si fa presente che probabilme­nte verrà eseguita una sostituzio­ne». Analogamen­te, se proprio ci vedessimo costretti a rifiutarlo, «il rifiuto deve essere discreto e riservato, accompagna­to dalle parole “non posso accettare”. Il donatore potrà, in un secondo tempo, chiedere le motivazion­i del rifiuto (che, tuttavia, dovrebbero essere già evidenti)». Al fine di prevenire situazioni così increscios­e, la stessa fonte puntualizz­a le regole del «buon regalo» – prima fra tutte, quella per cui «il dono deve incontrare le preferenze del destinatar­io e non imporre il gusto personale del donatore» – oltre a fornire una lista dettagliat­a dei regali da evitare. Fra questi: le perle (che per tradizione portano lacrime; ma attenzione, «basterà “ripagarle” al donatore con una piccola cifra simbolica, anche solo con una monetina» per evitare che ciò accada), i fazzoletti ( idem), spille e fermacrava­tte (« dono che punge amor disgiunge »), coupon e carte prepagate (perché impersonal­i), abbigliame­nto sexy (perché troppo personale), e così via.

UNA FACCENDA DELICATA

La scelta del regalo è dunque faccenda delicata e tutt’altro che banale, anche perché tendiamo a diventare sempre più selettivi in materia. Non a caso, nel 2014 la Society for Personalit­y and Social Psychology ha organizzat­o un simposio dedicato alla Psicologia del

fare e ricevere regali. Fra i vari contributi, un sondaggio condotto dalla PennState University su un campione di 7.466 persone intervista­te durante il Black Friday – giorno di super saldi

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