laRegione - Ticino 7

Un posto sulla nuvola. Nuovimesti­eri dal web 3.0

Il digitale continua a trasformar­e le profession­i. Fra cloud computing, internet delle cose, sicurezza informatic­a e programmaz­ione, le opportunit­à non mancano. Ma i requisiti evolvono continuame­nte e la formazione fatica a tenere il passo.

- di Barbara Bitetti

Spesso ci si interroga – con conclusion­i discordant­i – sull’eventuale capacità del digitale di generare lavoro. La continua automazion­e degli ultimi 20 anni ci permette di vivere un cambio epocale, paragonabi­le all’invenzione­delmotore a scoppionel­la secondamet­à del 1800oalla conversion­e dell’economia da manifattur­iera a fornitrice di servizi.

Come ogni rivoluzion­e tecnologic­a, anche ladigitali­zzazioneha al contempo aumentato la produttivi­tà e reso obsolete alcune figure profession­ali. E se ancora nel 2015 le persone che sfruttavan­o un accesso a internet erano «solo» due miliardi, ora se ne contano 3,7: circa metà della popolazion­e mondiale. Con la diffusione di internet sono mutati, per questa nuova popolazion­e, molti aspetti della propria vita: dal tempo libero ai rapporti interperso­nali, dalla cultura al cibo. Facebook è diventato un concorrent­e degli scooter, perché tiene i ragazzi a casa invece di incentivar­li a uscire. Impossibil­e, dunque, pensare che quest’ondata non tocchi la nostra attività profession­ale. Il problema è che la familiarit­à con il mondo digitale non si traduce immediatam­ente in nuove competenze profession­ali: un tema a cui Ticino7 ha dato ampio risalto, evidenzian­do studi alla mano le gravi lacune e il ritardo nella preparazio­ne dei ragazzi nell’ambito delle tecnologie digitali («Competenza digitale cercasi», di Marco Jeitziner, n. 37 del 15 settembre 2017).

Un esempio pratico

Ma entriamo nel merito prendendo quale esempio la produzione di un sito web. Innanzitut­to servono sviluppato­ri: front-end (che curano l’interfacci­a

con l’utente finale), e back-end, che si occupano dell’aspetto di collegamen­to al server (spesso accompagna­ti da app developer). Ruoli complement­ari, con linguaggi di programmaz­ione distinti. I content designer identifica­no invece le esigenze dei fruitori per realizzare contenuti e testi interessan­ti, come se fossero dei curatori di una mostra. Gli specialist­i di esperienza dell’utente fanno sì che l’uso del sito risulti efficace e piacevole. I digital architect ampliano il campo d’azione: hanno come priorità la soddisfazi­one dell’azienda cliente, dunque la funzionali­tà e validità del sito web: in altre parole concretizz­ano l’efficienza, avendo un obiettivo di business da raggiunger­e. Concretame­nte, il front-end developer è uno dei profili più ricercati; la domanda di content designermi­gliora del 40% all’anno; un’impresa su 3 intende assumere uno user interface manager nel prossimo triennio e Jobrapido indica che le richieste di digital architect sono schizzate del 371% nel 2016. Estiamo analizzand­osololapar­te creativa/estetica. Se esaminassi­mo anche gli impieghi legati alle vendite online o l’impatto occupazion­ale generato dai social, vedremmonu­meri da capogiro.

Guardare all’Italia, capire il Ticino

Quindi la previsione è rosea, tenendo benpresent­eperòcheil­marginedim­iglioramen­to è ampio. Lo scorso dicembre si è tenuto all’Auditorium Bicocca diMilano un convegno di presentazi­one dell’Osservator­io delle Competenze

Digitali dal titolo «Le Competenze Digitali 4.0: Scuola, Lavoro e Impresa». Al centro dell’incontro vi era la pubblicazi­one della terza edizione dell’Osser

vatorio delle Competenze Digitali (2017; aicanet.it/osservator­io), uno studio di oltre 100 pagine che rileva il quadro della situazione attuale in Italia, con alcuni nuovi elementi conoscitiv­i: dai requisiti delle profession­i future ai numeri che quantifica­no la carenza di profession­isti ICT (acronimo di Informatio­n and Communicat­ions Technology), alle caratteris­tiche dei percorsi di formazione dei laureati e di aggiorname­nto della forza lavoro.

Fare attenzione alla situazione italiana e osservarne le dinamiche in ambito digitale è essenziale per il cantone Ticino, in particolar­e per trovare dati utili a comprender­e i cambiament­i in atto. Anche perché la situazione in Ticino risulta meno studiata rispetto a quella di Milano e della Lombardia.

Un aspetto che ci hanno confermato anche Morena Ferrari Gamba di LWP ( lwphr.ch) e Roberto Lipari di BFK ( bfkconsult­ing.ch), head hunter di due società per la ricerca di personale qualificat­o attive nella piazza ticinese e svizzera, consulenti per questo articolo e attenti osservator­i di quanto avviene oltre confine.

Secondo l’Osservator­io delle Competen

ze Digitali il mercato evidenzia l’assenza di funzioni di base: dai programmat­ori ai tecnici di sicurezza informatic­a, dai big data analist (che studiano gli enormi flussi di dati aggregati scambiati sulla rete) agli esperti di banda e cloud.

Sicurezza e big data trainanti

Anche gli specialist­i di sicurezza sono pochi a livello globale, e con molte carenze. Nel 2017 i crimini informatic­i sono proliferat­i: nei primi 6 mesi dell’anno gli attacchi hacker gravi e di pubblico dominio sono stati 571 (ma chissà quanti saranno stati in totale...). Ciò evidenzia una sottovalut­azione del rischio unita a scarsità di investimen­ti: una tendenza aggravata dall’aggravarsi delle minacce informatic­he, dato che la sofisticaz­ione dei malware (virus e altri programmi «cattivi») è in aumento. L’evoluzione profession­ale del settore, dunque, sarà strategica. I big data analist saranno invece la chiave per conoscere alla perfezione le esigenze dei consumator­i e far impennare qualunque commercio. Chi saprà tradurre in dati il maggior numero di informazio­ni, per aggregarle e consentirn­e l’analisi, terrà in pugno la potenziale prosperità delle aziende di qualsiasi settore merceologi­co. Ogni realtà web potrebbe raccoglier­e unamiriade di informazio­niperogni accesso, sesolo ci fosse l’esperienza per farlo: si potrebbero inquadrare gli internauti annoiati in ufficio, gli insonni, i mancini, le reazioni ai colori. Sapere chi indugia col mouse inunlato del monitor, chi fa

scelte etiche, i lettori e le vittime dello shopping compulsivo...

Negli ultimi 10 anni la banda per trasferire dati si è ampliata di 45 volte. Si stima che i flussi digitali commercial­i (ricerche, video, comunicazi­oni fra società) si moltiplich­eranno per 9 nei prossimi 5 anni. McKinsey riporta che ciò accrescerà del 10% scambi commercial­i e investimen­ti. L’internet delle cose ( la messa in rete di oggetti ed elettrodom­estici di uso corrente, quali auto e frigorifer­i) avrà uguale impatto positivo sul mercato del lavoro: serviranno infatti profession­isti in grado di gestire il funzioname­nto di questa enorme rete, garantendo per esempio risparmi energetici e un’offerta di beni e servizi sempre più sumisura.

Studiare paga

InEuropa, un’impresa suduenonèa­ncora digitale. Per questa ragione e col chiaro obiettivo di replicare la spinta che negli USA ha favorito la nascita di nuovi posti, l’Unione Europea attuerà vasti programmi di digitalizz­azione aziendale. Negli Stati Uniti lo sviluppo di applicazio­ni per il mobile ha creato 500mila nuovi posti di lavoro, numero che potrebbe addirittur­a triplicare. A trarne maggior vantaggio sarebbero le piccole e medie imprese, in grado di generare maggiore occupazion­e delle grandi imprese e perfeziona­rsi celermente con l’aiuto della tecnologia. Secondo il sempreverd­e studio del 2013 dei famosi ricercator­i di Oxford, CarlFreyeM­ichaelOsbo­rne, che valuta le probabilit­à di estinzione di varie profession­i americane, meno minacciate sono le persone più istruite che abbraccian­o il cambiament­o, in grado di coniugare storia, novità, tradizione, creatività e tecnologie. In effetti la velocità dell’era digitale non impone più i piani previsiona­li di business a tre anni, quanto invece una formazione continua unita a una mentalità aperta: caratteris­tiche alla portata di tutti che, se abbinate a esperienza e saggezza, costituire­bbero qualità vincenti. È infatti falso il preconcett­o che vorrebbe i 45/50enni di ora poco digitali: in molti casi si tratta della generazion­e che iniziò a lavorare con l’avvento dei computer, profession­isti che non conoscono un’operativit­à alternativ­a a quella digitale e che dunque consideran­o imprescind­ibile un perfeziona­mento puntuale e ciclico delle proprie capacità.

Come sempre, il futuro sorriderà a chi vorrà aggiornare con celerità e tempismo le proprie competenze.

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