Fuori tono: i calzini colorati e l’inatteso declino del gustomaschile
Dei maschi ho sempre pensato che possedessero, almeno in tema di abbigliamento, un senso del ridicolo sano e benedetto. Non capitava di rado che, milioni di anni fa, prima di uscire per una serata chiedessi proprioamio padre – daltonico e digiuno di ogni nozione dimoda – il via libera per quello che oggi definiremmo outfit. La sua totale ignoranza lo rendeva immediatamente in grado di riconoscere i passi falsi. Per dire, oggi, se mi presentassi da lui con quei turbanti in testa che hanno sostituito i berretti di lana in tante giovani donne, lui scuoterebbe la testa e direbbe: «Non mi piace». Al contrario qualche amica, seppure in buona fede, potrebbe farsi tentare dalle sirene della moda e lasciarvi uscire con quei simil-asciugamani in testa. Un maschio, nella sua ignoranza, non lo farebbemai.
Nulla mi faceva presagire che anche quest’ultima certezza fosse messa in pericolo, prima del dilagare dei calzini colorati. A righe, per l’esattezza. Qualche ora fa ascoltavo parlare un uomo interessante, uno abbastanza anziano da dire ethos in un discorso e da rabbrividire – almeno così mi è sembrato – quando un altro uomo presente pronunciava plas (anziché plus, dal latino) nel tentativo di darsi un tono. Lo stavo ammirando con quel sorriso nostalgico che si può riservare solo a chi dà l’impressione di aver studiato greco e latino, quando lo sguardo mi è caduto in basso. «Perché?», mi sono domandata senza avere il coraggio di guardarlo negli occhi e chiederlo a lui. Che cosa induce un professionista stimato e riconosciuto a infliggere ai suoi piedi una punizione di questo genere? Che cosa lo fa sentire in dovere di mostrarsi come uno che non si prende troppo sul serio e per questo indossa calzini a righe colorate? Ma soprattutto: cosa ti ha fatto di male il filo di Scozia blu che ha servito con onore decine di generazioni?