laRegione - Ticino 7

«Lasciateli giocare»

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La spinta dei genitori, la pressione che ci simette da soli perché si vuole dimostrare di saper giocare bene, la troppa voglia di vincere. Sono molti i motivi per cui un giovane può perdere la testa durante un incontro di tennis. «Le ragioni per cui durante un incontro si perdono i propri mez- zi, occorre affrontarl­e fin da piccoli – afferma Emanuela Zardo, maestra al Tennis Club Mendrisio ed ex profession­ista –. Lo si deve fare, mettendo in atto un lavoro che poi aiuta i ragazzi a stare bene in campo e mantenere la costanza in partita».

È un lavoro da mettere in pratica in maniera quasi personaliz­zata. «I maestri devono tenere conto del fatto che ognuno dei loro allievi ha un carattere, una personalit­à e delle sensibilit­à diversi. Il compito dell’istruttore è anzitutto capire quale tipo di persona ha davanti». Fondamenta­le è anzitutto comprender­e quali siano i motivi all’origine dell’eccessivo nervosismo; così come osservare se il giovane perde la calma anche durante gli allenament­i oppure solamente negli appuntamen­ti competitiv­i. Il solo modo che ha il coach per acquisire informazio­ni letteralme­nte sul campo è assistere di persona alle competizio­ni. Richiede tempo, certo; ma è tempo che vale tanto quanto quello dedicato all’insegnamen­to della tecnica o della tattica di gioco. Solo così si può elaborare un processo di crescita adatto alla personalit­à di ogni ragazzo che si segue». Un ruolo essenziale lo riveste l’ambiente in cui si trova immerso il giovane; centrale è la parte assunta dai genitori. «Per l’ascesa di RogerFeder­er è statobasil­are il fattochema­mmaepapà si siano “limitati” a fare, appunto, la mamma e il papà. Non hanno mai messo in discussion­e decisioni, scelte emetodi degli allenatori. La sua storia dovrebbe fungere da esempio per le famiglie; unmodello di come un ragazzo debba essere accompagna­to nella pratica sportiva. Il gruppo che Federer oggiha alle spalle è il suo grande atout: tutto ciò che lo circonda è con lui, vive con lui, prova le sue stesse emozioni. Per chi, come lui, può contare su tale certezza, è un’enorme forza; poiché sa che, qualunque cosa succeda, ha un gruppo di persone che lo sostiene. È questo che fa giocare tranquilli; togliendo la pressione di dover fare bene ovincerea tutti i costi. I ragazzi vanno sempliceme­nte lasciati giocare. Purtroppo – conclude Zardo – ciò accade troppo raramente».

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