Vitra Design Museum. Tutti in pista: le architetture dello sballo
Un’affascinante esposizione al Vitra Design Museum ripercorre la storia e l’evoluzione delle moderne discoteche. Oltre mezzo secolo di cultura urbana, arredi, grafica, luci e tecnologie innovative.
Le discoteche possono essere delle opere d’arte globali e offrire uno spaccato di architettura e costume? Visitando la mostra Night Fever. Designing Club Culture 1960–Today
al Vitra Design Museum di Weil am Rhein, in Germania ma a due passi da Basilea, parrebbe proprio di sì. Epicentri della cultura pop e della trasgressione, questi luoghi sono un terreno fertile di sperimentazione di nuovi alfabeti espressivi, tanto che ancora oggi molti nightclub riuniscono il meglio di grafica, design e arte contemporanea, le ultime tendenze della musica, della moda e lenuove alchimiedella luce. Gli esempi illustrati al Vitra spaziano tra EuropaeStatiUniti; dalle intriganti discoteche italiane degli anni Sessanta, a cura degli esponenti dell’architettura radicale, allo Studio 54 di New York conarredi di ScottRomleyeRonDoud, fino al concept per il nuovo Ministry of
Sound IIaLondra di Oma.
Una tribù che balla
Questa è la prima esposizione completa dedicata alla storia del design e della cultura dei nightclub intesi come spazi unici per esperienze multimediali. L’installazione musicale e luminosa, di Konstantin Grcic eMatthias Singer, proietta il visitatore nel vivo dell’atmosfera con una raccolta di copertine di dischi tra cui spiccano i disegni di Peter Saville per Factory Records di Manchester (quella dei Joy Division/ New Order) e l’album Nightclubbing di Grace Jones.
Il viaggio iniziadai luoghidella subculturanewyorkese, come l’Electric Circus (1967), che ispirarono la nascita di club europei tra cui lo Space Electronic del Gruppo 9999 a Firenze (1969) e il Piper di Torino (1966) dove si ballava e si tenevano concerti, happening e performance di teatro sperimentale. Che dire poi delBamba Issa (1969) sulla spiaggia di Forte deiMarmi, ideato dal Gruppo UFO, che era unvero e proprio art thea
ter. L’ascesa delmovimento disco negli anni Settanta dà ulteriore impulso alla cultura dei club trasformando la pista da ballo nella miglior vetrina per vip, stilisti e artisti. Il già citato Studio 54, aperto nel 1977 da Ian Schrager e Steve Rubell, diventa un crocevia di pop star e il regno di AndyWarhol. A frenare l’imperversare della disco music, esplosa con il film La febbre del sabato
sera, furono vari contromovimenti culminati nella «DiscoDemolitionNight» di Chicago (1979). Il Mudd Club e l’Area (1978) di New York mischiarono vita notturna e arte e divennero trampolini di lancio per emergenti come KeithHaring e Basquiat. Mentre nei londinesi
Blitz e Taboo con la newwave si facevano largo nuovi suoni e mode.
Culle del rave
La Haçienda, sempre a Manchester, fu la cattedrale del rave postindustriale firmata da Ben Kelly (1982). Da qui la controversa acid house parte alla conquista della Gran Bretagna e le droghe sintetiche con lei. Poi arrivanole sottoculture house e techno, nate a Chicago e Detroit, che segnano un’intera generazione di club. A Berlino, dopo la caduta delmuro, rinascono spazi abbandonati come il Tresor (1991). Negli anni 2000 il mondo dei nightclub diventa più complesso, tra passato glorioso e nuove sfide: a queste hanno guardato lo studio Oma di RemKoolhaas con il concept del Ministry of Sound II e l’A
koaki di Detroit con la consolle mobile per djMothership. Insomma, una visita al Vitra è soprattutto un’immersione nel nostro tempo; uno specchio delle società occidentali, tra geniale creatività e massificazione di stili, mode e divertimento. Avete tempo sino al prossimo 9 settembre.