Latin Lover. Ecco perché il latino è importante
Secondo alcuni è una lingua inutile, un’anticaglia per maniaci del passato e una noia mortale per gli studenti. Un recente saggio ribadisce invece l’assoluta importanza del latino, non solo per chi studia i classici e la storia della civiltà.
Illatino continua a resistere, nonostante da decenni si parli di abolirlo del tutto nelle scuole e nonsiapiùlalinguapereccellenzadelle classi dirigenti e colte. Resiste perché ha la sua schiera di fan, ma soprattutto perché mantiene secondo molti una sua profonda utilità. Una conferma ci viene anche dalla vicina Italia dove il latino è sempre più studiato da chi vuole rafforzare il proprio curriculum lavorativo, dato che anche le aziende paiono apprezzare una buona conoscenza dell’idioma degli antichi romani. Una riprova ci viene da Isabella Covili Faggioli, presidente dell’Associazione italiana dei direttori del personale (AIDP), che in una intervista al quotidiano la
Repubblica ha dichiarato: «Vediamo in modo favorevole la certificazione del latino in curriculum. Significa che il candidatoha la capacità diproblemsolving, sa affrontare, cioè, situazioni complesse eha capacità logiche».
Nuovi latinisti
Tornandoacasanostra, oggi lalinguadi Cesare e Cicerone compare durante la scuola dell’obbligo tra le scelte facoltative di terzamedia, dove raccoglie ancora unbuonnumerodi studenti, e di quarta media, dove subisce qualche flessione. Al liceo il curricolo «classico» continua in prima con greco e latino oppure con il sololatinoenegliultimi anni si è avutauna tendenzaaunaumentodegli studenti iscritti ai corsidi lingua latina nei cinque licei ticinesi (Bellinzona, Lugano 1 e 2, LocarnoeMendrisio). Numeri non stratosferici dato che il latino viene scelto da circa il 10% degli studenti liceali, però la tendenza appare positiva dopo un periodo di progressiva diminuzione del numero dei «latinisti». Evidentementequellachevienedefinita solitamente «linguamorta» tanto mortanonè. Estainuncertosensopassando ilmessaggiocheil latino– mail discorso vale anche per il greco, naturalmente – è una palestra formativa, che rende il percorso di studimolto qualificato proprio perché si tratta di materie ostiche, impossibili da affrontare con leggerezza. Insomma, la lingua latina non può e non deve essere appannaggio solo di chi vuole diventare un filologo classico, ma è soprattuttouno strumentoper garantirsi una formazione culturale di base di assoluta qualità. Ce lo ricorda un vero e proprio paladino della lingua di Roma, Nicola Gardini, docente di Letteratura italiana all’Università di Oxford e autore del volume Viva il latino. Storie e bellezza di una lingua inutile
(Garzanti Libri, 2016, anche e-book): «Il latino è il latino, come la biologia è la biologia. La distrazione e gli insulti degli inconsapevoli, quando nondei sabotatori, non fanno testo. Il latino non ha bisogno di noi, siamo noi che abbiamo bisogno del latino. Quanto più numerosi sono coloro che lo studiano e lo rispettano, tantomegliosaràperquesti eper la loro società».
Da qualche tempo, però, pare esserci maggiore interesse per la lingua latina. Sta dunque cambiando qualcosa?
«Certo è che si sta assistendo a una diffusione dell’interesse per il latino fuori dei circuiti scolastici. Lo studio del latino ha sempre trovato nella scuola il suo habitat più favorevole. Enon poteva che essere così, finché alla scuola si è consegnato il compito principale di formare una classe dirigente. Siamo in un momentodella storia incui certimonopoli possono ben cessare e la conoscenza di certe cose può espandersi dappertutto. Resta che la scuola debba mantenere il suo compito dimodello di istruzione e che questo modello includa l’insegnamento del latino».
Perché questa il latino è ancora così importante?
«Le cose essenziali sono importanti per molte ragioni. Il latino è l’origine della lingua italiana, oltre che di altre numerose lingue; ha elaborato sistemi di pensiero e di espressione che ancora regolano e determinano i nostri comportamenti, dalla letteratura alla giurisprudenza; il latino èunesempio supremo di linguistica, un codice complesso e raffinato che già di per sé merita uno studio scientifico, un punto altissimo della capacità umana di formulare immagini verbali… Lo studio del latino porta conoscenza: della lingua latina, delle lingue moderne, della letteratura ecc.; così come lo studio della biologia porta conoscenza: delle forme viventi, dell’evoluzione, del senso della vita. Ma non si confonda la conoscenza con le competenze pratiche».
Cosa cambia tra conoscenza e competenza?
«Le competenze pratiche si possono acquisire senza riflessione, con la pura e semplice applicazione di certe direttive, seguendo un libretto di istruzioni o gli ordini di un capo. Se si confonde la conoscenza con le competenze pratiche, come molti stanno facendo (e perché lo stanno facendo meriterebbe di per sé una certa discussione), addio non solo latino, ma sapere tutto: addio musica, addio arte, addio fisica teorica eccetera».
Cosa dà in più lo studio del latino?
«Chi studia il latino studia una lingua scritta di particolare complessità e di particolare ambizione espressiva, dove l’esattezza dei concetti va con la bellezza della formulazione. Chi studia il latino studia la mente di Cicerone, di Virgilio, di Seneca, di Tacito, diCatullo e di molti altri grandi scrittori. Studia, attraverso la civiltà di un mondo che ci ha dato l’Europa, un sistema cognitivo fatto di molti sistemi cognitivi, le varie opere e i vari autori, e impara a sviluppare il senso della storia, il rispetto della varietà e delle differenze, la profondità di qualunque parola, anche la più piccola, anche la meno interessante in apparenza, l’ironia, l’ambiguità, l’ambivalenza, la creatività. Chi studia il latino è principalmente impegnato nella più completa operazione mentale che si possa immaginare: il tradurre».
Ma tradurre è tanto importante?
«Quante abilità, quanta capacità mentale richiede il tradurre! Ci vorrebbe un partito dei traduttori, gente aperta a capire gli altri e a cercare l’armonia dell’intelligenza. Il latino è un’arte, e l’artista è la figura più umana, almeno in via di principio, che si possa immaginare. Chimai avrebbe il coraggio o la faccia tosta o la pazzia – se non gli iconoclasti di BinLaden– didire che l’arte è inutile?».
Che cosa si potrebbe fare per combattere la nomea di «lingua inutile» o, peggio, morta?
«La nomea gliela danno gli stolti, i violenti e i demagoghi, che nella nostra cultura di Internet hanno troppa voce in capitolo. Siamoarrivati a una divisione netta tra opinione pubblica e riflessione socio-culturale. Chi grida contro il latino, grida contro il sapere. Non ha argomenti, se non quello dell’inutilità, ridotto, peraltro, a elogio dell’utilità pratica, a competenza pratica, a gesto meccanico. Occorre che chi un po’ ancora si sforza di riflettere sul bene della società si faccia più avanti, trovi il modo di non essere sommerso dal vociare dell’opinione, che è distruttiva e autodistruttiva; telecomandata da ragioni malvagiedi repressioneedi censura. In ogni caso, il latino non sta così male. I libri sul latinohannolettori numerosi e appassionati (come il mio stesso Viva il latino, che ha aperto una vera e propria strada nel dibattito pubblico e nell’editoria), e un po’ ovunque si stanno diffondendo iniziative che hanno per fine la promozione dell’antichità e delle lingue antiche».
Basterà tutto questo?
«Possiamo cercare tutti di rendere più sensibile il mondo in cui viviamo: più sensibile alla bellezza delle cose complesse, alla lontananza, alla diversità. Sono valori che tutti coloro che credono nel saperecoltivano. Nonacasotra i più appassionati cultori del latino si trovanoi fisici e i biologi. Un testolatino è un po’ come un fossile o la luce di una stella: che scienza ci sarebbe senza queste testimonianze? Che senso del presente avremmo senza le origini che l’hanno prodotto? Impariamo a fare un’altra distinzione: a non confondere il presente con l’attualità. Il presente è fatto di un’antichità che nessun quadrante d’orologio saràmai in grado di contenere».