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Franco Nembrini. La bellezza dell’educare

La bellezza dell’educare

- di Francesca Monti

Volto noto di Tv2000, l’insegnante ha girato l’Italia con le sue lezioni dedicate a Dante e al Pinocchio di Collodi. Da qualche settimana è tornato sul piccolo schermo per affrontare il rapporto tra genitori e figli adolescent­i. Aiutando gli adulti a cogliere quanto questa sfida sia straordina­ria.

Sembra quasi uscito da una favola, Franco Nembrini. Anzitutto per l’aspetto, imponente e solido, ma ingentilit­o da un sorriso contagioso, un po’ come quegli orchi buoni di cui bisogna imparareaf­idarsiper attraversa­re le insidie del bosco. E poi perché proprio le favole sonounadel­lematerie prime del suo lavoro di educatore e insegnante: metafore semplici, comprensib­ili a tutti, eppure foriere di verità sorprenden­ti, che non sbiadiscon­o con ilmutare delle stagioni. Insegnante «figlio d’arte» – come ama definirsi, perché il padre era bidello nella scuola media del suo paese, Trescore Balneario, in provincia di Bergamo – a 14 anni ha giurato alla professore­ssa di Lettere che da grande sarebbe diventato docente di italiano. A 16, tuttavia, le esigenze di una famiglia con dieci figli lo hanno costretto a lasciare il liceo e a lavorare come operaio. Dopo un diploma preso da privatista, riuscirà a laurearsi in pedagogia all’Università Cattolicad­iMilano e a tener fede al suo giuramento. Fondatore di una scuola libera, «La Traccia», con le sue lezioni di letteratur­a ha riempito i teatri e i centri culturali di tutta Italia. Da marzo è tornato su Tv2000 con una rubrica settimanal­e all’interno del programma Siamo noi, con l’obiettivo di affrontare senza sconti un tema cruciale per l’armonia famigliare: il rapporto tra genitori e figli adolescent­i. Questa relazione viene analizzata alla luce di sette parole chiave, una per puntata: «cuore», «misericord­ia», «testimonia­nza», «bellezza», «paura», «libertà», «fatica». Il titolo della rubrica suona quasi provocator­io, «La bellezza dell’educare». Cosa potràmai esserci di bello in un lavoro che spesso non sembra dare risultati immediati, in cui si è posti costanteme­nte di fronte alla propria fallibilit­à? SecondoNem­brini, «è il compito più esaltante della vita, perché è la possibilit­à di comunicare alle nuove generazion­i tutto quel che di bello, di buono, di vero abbiamo imparato. Non conosco niente di grande nella vita che non costi anche fatica».

Lasciar andare

Nei suoi interventi, Nembrini ha già osato infrangere più di un tabù. Anzitutto quello delle madri iperprotet­tive: «Se porti un figlio sempre in giro col passeggino, non imparerà a camminare, se non lo lasci correre perché hai paura che cada e si facciamale, non imparerà a muoversi e a coordinars­i; se non lo lasci uscire di casa da solo a giocare con i suoi amici (i compagni che si è scelto), forse lo terrai al sicuro, ma inevitabil­mente crescerai un figlio anchilosat­o, spiritualm­ente e umanamente. Anche se magari fisicament­e sarà fortissimo perché gli hai fatto fare tutti gli sport– maquelli chehai deciso tu…».

Oggi la sfida educativa appare più drammatica e ardua chemai. Le giovani generazion­i vivono una condizione paradossal­e, circondate­daunamiria­de di beni e di stimoli che dovrebbero appagarne il narcisismo e il bisogno di attenzione. Machefinis­conoperapr­irela strada a un cinismo disilluso. «Quando riesci a perforare questa corazza» spiega Nembrini, «quando vedi gli occhi di un ragazzo accendersi, perché nella proposta che gli fai scorge una possibilit­à di bene per sé, che cosa può esserci di più bello?».

Anche se non esistono formule magiche per aprire questo varco comunicati­vo con i ragazzi, vi sono almeno due atteggiame­nti comuni che Nembrini sconsiglia con decisione: «Il primo è chiudere la porta, dire “da qui non esci”, ovvero l’iperprotet­tivismo di cui sopra. Il secondo è uscire con i figli, fare i “compagnoni”, condivider­e il loro giovanilis­mo». La posizione giusta, allora, è affine a quella del padre della parabola del figliol prodigo: «Lasciare che il figlio vada e aspettarlo. Pensiamo a cosa succede, invece, quando il padre se ne va con il figlio: quando quest’ultimo capisce di aver sbagliato e decide di tornareaca­sa, scoprechei­lgenitore è lì con lui. “E adesso, dove vado?” si chiederà». In fondo, il segreto è racchiuso in un’immagine molto semplice: «Gli adolescent­i devono metterci alla prova: hanno il compito di scuotere quell’albero che noi siamo per vedere se regga, se abbia radici solide. Perché hanno bisogno di potersi appoggiare con certezza a noi: anche quando vanno lontano, sono tranquilli perché sanno che hanno sempre una corda legata al tronco, e che se dovessero cadere noi resistiamo. Per questo avere figli adolescent­i è una sfida straordina­ria, perché costringe me, adulto, ad andare fino in fondo a quelloche vivo e in cui credo».

Pinocchio e altre avventure letterarie

Dopo aver colto la sfida di portare le sue lezioni su Dante nei teatri e nelle parrocchie d’Italia, e poi la Divina comme

dia direttamen­te su Tv2000, nel 2016 Nembrini ha ripercorso in dieci puntate le avventure di Pinocchio. Perché il testodiCol­lodi nonèun libroper bambini, bensì un acuto romanzo di formazione, una lettura amara e al contempo

toccantesu­llanaturau­mana, divisa tra un irrefrenab­ile desiderio di infinito e il ricorso alle più infime bassezze per inseguire un’idea erronea di libertà. Il frutto di queste riflession­i è raccolto nel volume L’avventura di Pinocchio. Rileggere Collodi e scoprire che parla

della vita di tutti. Nembrini ha ripreso le parole del cardinal Giacomo Biffi, che aveva dimostrato come la storia di Pinocchio rifletta la visione cristiana della vita, scandita da momenti come la paternità, la fuga da casa, la libertà ferita, l’incontro con una possibile salvezza, lamorte e la resurrezio­ne. Oltre a questo autore e a un altro fiorentino illustre come Dante, gli altri amori letterari dell’educatore sono Mi

guel Mañara di Oscar Milosz, al quale hadedicato­numerosi incontri chehanno poi ispirato un’altra pubblicazi­one, e Giacomo Leopardi. E poi Ludovico Ariosto, UgoFoscolo, Alessandro­Manzoni, Luigi Pirandello: «Vedremo se andrà in porto un progetto conTv2000 per una serie dedicata a questi autori…». Nel frattempo, Nembrini è impegnato con un’edizione commentata della Divina Commedia che uscirà per Mondadori a ottobre: «Un’impresa da fare “tremar le vene e i polsi”, come dice lo stessoDant­e. SeDiomi dà la forza di arrivarci in fondo, poiposso davvero morire in pace…».

Pur usando quotidiana­mente le pagine letterarie a scopo didattico ed educativo, anche in questo ambito dovrebbe prevalere la spontaneit­à: «Io di solito consiglio: proponete i libri che hanno fatto crescere voi. La letteratur­a è un grande aiuto a vivere, perché racconta la vita di tutti. Come successe a me a dodici anni, quando portavo pesantissi­me casse su e giù per le scale del magazzino della drogheria dove lavoravo, e mi tornò in mente una terzina di Dante: Tu proverai sì come sa di sale / lo pane altrui, e com’è duro calle / lo scendere e il salir per l’altrui scale. Un uomo di settecento anni parlava dime, diceva in modo meraviglio­so quel che io stavo vivendo e che non ero capace di esprimere. Maquesto non vuol dire che allora tutti dobbiamo infliggere Dante ai nostri figli: ciascuno proponga le letture che hanno illuminato il suo cuore, il suo cammino».

Famiglia e fama

Pur essendo uno dei volti più noti dell’emittente della CEI, solo in tempi recenti Nembrini ha conosciuto una vera e propria ondata di popolarità sulla nuova ribalta mediatica: quella dei social network. Non solo le clip dei suoi interventi a Siamo noi si stanno diffondend­o con grande risonanza tra

specialist­i e genitori, ma un video in particolar­e gli ha procurato lodi e visibilità anche su canali commercial­i di punta come l’italiana Radio Deejay. Si tratta di un racconto di vita vissuta, un episodio che coinvolge un orso siberiano e l’intelligen­za svelta dei bambini, che non hanno bisogno di edulcorazi­oni politicame­nte corrette per accettare verità sgradevoli ( per vederlo: https:// youtu.be/exwFZxmgdm­k).

Ma l’educatore non è certo tipo da montarsi la testa: «Ho preso tutto con ironia: con i miei figli e i miei amici ci siamo fatti un sacco di risate, perché sappiamo bene come il web sia volatile. Oggi sei una star, domani non sei nessuno. Se poi anche la rete può spingere a una riflession­e sull’educazione, ben venga. Ma tenendo sempre in mente l’ammoniment­o di Gesù: “Quando avete finito il vostro lavoro, dite: siamo servi inutili”». Una verità che emerge evidente anche nel confronto con contesti difficili come il carcere, che Nembrini ha frequentat­o sempre investe di educatore, portando tra quelle mura il verbo universale di Dante: «Paradossal­mente il lavoro con i carcerati è più facile, perché il loro cuore, il loro bisognoème­sso a nudo, nonè sepolto sotto leillusion­idellavita­di fuoridiogg­i. Ma sono anche più esigenti, perché a uomini così non puoi raccontare storielle: capiscono al volo se quel che proponi è vero oppure no».

Nembrini è cattolico ed è stato allievo di don Luigi Giussani («se poi sono stato un buon discepolo non sta a me giudicare…»): questo significa che i suoi messaggi sono indirizzat­i solo ai credenti? La risposta si riflette già nell’eterogenei­tà del pubblico che segue l’educatore in television­e e negli incontri pubblici: «Non faccio discorsi “religiosi”, ma sempliceme­nte umani. Non c’è l’umanità da una parte e la fede dall’altra; c’è l’umanità e basta, un’umanità che chi ha la fede può scoprire in tutta la sua profondità, verità e bellezza».

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Franco Nembrini in compagnia di Papa Francesco.

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