Andrea Bertagni
Attraverso il bosco in cerca dell’infanzia perduta
Nell’ambito della musica rock si sente spesso dire che «il secondo album è sempre il più difficile»: gli anglosassoni la chiamano second album syndrome. Ovvero, per una regola quasi matematica, è improbabile che il secondo disco di una band sia all’altezza della prima prova. Se non altro perché a dettare l’ispirazione intervengono le scadenze, più che la creatività. Esattamente il contrario di quello che è successo ad Andrea Bertagni dopo il primo romanzo, Una montagna d’oro, pubblicato nel 2015. Da allora, ci racconta, scrivere è diventata una vera e propria urgenza: «Ho sentito la necessità di farlo tutti i giorni, anche soloper un’ora, tanto che per me è diventato il momento migliore della giornata, quello in cui sento di fare la cosa giusta». Tra i racconti di vario genere scritti di getto e «per piacere», sono emersi un caso investigativo e il personaggio di un commissario, che hanno dato origine a un romanzo giallo appena pubblicato da Armando Dadò.
Un salto nel passato
La bambina nel bosco, questo il titolo, si apre «in una valle della Svizzera italiana nel 1986». Due indicazioni, una spaziale e l’altra temporale, che diconogiàmoltodell’universocreativo dell’autore. Perché il nostro territorio torna a fare da sfondo al racconto, dopo che inUnamontagna d’oro era stata descritta la Leventina, colta durante gli scavi delle due gallerie ferroviarie del San Gottardo. Ma anche il tuffo nel passato accomuna i due romanzi, dal momento che entrambi ci trasportano in una Svizzera che non c’è più: da un lato quella di fine Ottocento, e dall’altro quella degli anni Ottanta del Novecento. «Ci sono autori che ritengono che la propria vita personale debba restare fuori dal romanzo, altri che pen-
sano sia inevitabile parlare di se stessi per scrivere qualcosa di unico. Io mi trovo a metà tra le due visioni» spiega Bertagni. «In questo mio secondo libro ci sono in effetti più riferimenti personali, soprattutto ai miei ricordi d’infanzia. Volevo parlare di bambini e dunque in maniera quasi naturale sono risalito con la memoria a quando anch’io ero un bambino». Il suo commissario Malfatti, tenebroso come si confà alle regole del genere, si muove tra presente e passato cercando di far luce sulle misteriose sparizioni di alcuniminori. E inquestocontinuo salto temporale la scrittura di Bertagni si fa quasi cinematografica, modellando il tempo attraverso un continuo gioco di flashback: «Sono un grande appassionato di cinema e tendo a scrivere per immagini, figurandomi prima la scena e poi descrivendola. Mi piace anche il fatto di concedere al lettore delle pause, facendo assaporare più storie nella stessa storia ».
Oltre al cinema, la musica: perché il ritmo delle ricerche in La bambina nel bosco è scandito dai testi di alcune canzoni, la cui scelta, come ovvio, non è casuale. « Brothers in Arms dei Dire Straits è stato un pezzo importante per me. Ma nel libro compaiono anche i Ricchi e Poveri, e il Festival di Sanremo», oltre a una serie di riferimenti alla cultura pop che servono a contestualizzare in maniera verosimile la vicenda, o a definire il carattere di un personaggio: «Quello che vuol fare il brillante o il trasgressivo imita ovviamente Simon Le Bon, all’epoca idolo di riferimento».
Di scrittura e di giornalismo
Quello che forsepuò sfuggire di questo neo-giallista è il fatto che la sua scrittura debba fare i conti con una doppia carriera. Se le ore notturne sono deputate al romanzo, quelle diurne sono invece spesenella redazionedelGiornale del Popolo, dove Bertagni si occupa di cronaca nazionale. Inevitabile, allora, chiedersi se queste due attività, affini eppure distanti anni luce, entrino spesso in collisione. «Il giornalista è come il pittore che fa ritratti su commissione: il committente si aspetta che il quadro sia fedele. Perciò l’artista deve anzitutto essere bravo a riprodurre: un po’ come il giornalista, che deve rispettare regole come le famose 5 domande, perché il lettore vuole essere informato in maniera completa. Nello scrivere storie di fantasia, invece, puoi comunicare come e quando vuoi le informazioni, c’è più divertimento». Dunque l’essere «ritrattista» non sempre agevola la scrittura di un romanzo: «Il mio primo libro è stato letto anche da Giovanni Orelli, che ho incontrato diverse volte prima che morisse. Lui sapeva che lavoro facevo emi ha detto: “in questo romanzo si vede troppo che sei un giornalista”. E in effetti eromolto condizionato dalle regole, dal dover dire chi, che cosa e perché. Invece lui mi diceva che dovevo rimescolare tutto. Ed è quello che ho cercato di fare con La bambina nel bosco ». Un libro destinato a infrangere diverse regole, dunque: quelle del ritrattista e, con ogni probabilità, quella più spietata del secondo album.