Cinema e paure. I fantasmi della rimozione
Il cinema è stato fondamentale nell’elaborazione delle nostre paure, riuscendo attraverso le immagini in movimento a renderle terribilmente reali.
Ci ha pensato uno degli artisti più visionari dei nostri tempi, David Lynch, a ricordarci come le paure, anche quelle più contemporanee, siano intimamente connesse alla possibilità dell’uomo di cedere alla tentazione delmale. E così nel 2017, il ritorno della serie TV Twin Peaks, a oltre un ventennio dall’ultima stagione, si è rivelatomolto più di un evento televisivo. Dal punto di vista formale, le sedici puntate (da poco disponibili in home video) hanno raggiunto un livello di ricercavisiva taledaspingereun’autorità come i Cahiers du cinéma ad abbassare gli steccati tra cinema e TV, per eleggereTwin Peaks 3 miglior film del 2017. Lo spettro del fungo atomico
Sul piano contenutistico, invece, Lynch è riuscito a innestare la trama di un thriller (o di una soap opera, per come la serie era stata concepita nel 1989) sullanostrarealtàstorica. Edeccoallora che la scomparsa di una ragazza dellaprovincia americana – inmolti ricorderanno il proverbiale «chi ha ucciso Laura Palmer?» – viene ricollocata, attraverso un kubrickiano volo pindarico e filosofico, nel quadro di un’umanità che è stata capace di rimuovere intere comunità in pochi secondi attraverso la bomba nucleare (vedere l’ormai leggendario «Episodio 8» per credere). E che, se è riuscita a rielaborare il nazismo e le altre pagine buie del Nove- cento, non ha mai davvero fatto i conti con il fantasma del fungo atomico, che torna come immagine ossessiva lungo tutta la narrazione. Guardapocoalleminacce(oraapparentemente spentesi) di KimJong-un, DavidLynch: labombanonèsoloun’arma e sfoderata dalle nazioni per impaurire l’avversario; e nemmeno – o non solo – il fatale giocattolo lasciato nellemani di un potere infantilizzato, com’era nel Dottor Stranamore. È soprattutto un trauma dell’inconscio collettivo, per i meccanismi perversi che vi sono implicati: da un lato, la cancellazione fisica della presenza umana; dall’altro, il paradosso di una scienza che progredisce minando la nostra sicurezza.
Addomesticare il pericolo
Non è un caso che l’intera vicenda di Twin Peaksprenda avviodalla famiglia Palmer: proprio la famiglia era lo specchio attraverso cui il cinema americano degli anni Cinquanta raccontava la pauradelnucleare, comedimostrano le numerose pellicole ambientate all’interno del focolare domestico, come Aquile nell’infinito (1955). Qui la normalità quotidiana veniva alterata, ma al tempo stesso si accettava il rischio come un nuovo inquilino.
Una strategia, questa dell’ «addomesticamento» del pericolo, che gli Stati Uniti avevano adottato a livello mediatico, a partire dai nomi assegnati alle bombe di Hiroshima e Nagasaki, chiamate confidenzialmente «Little Boy» e «Fat Man». Anche la fantascienza ha tratto molta della sua linfa vitale dagli esperimenti atomici: a fare scuola sarà L’invasione degli ultracorpi di Don Siegel ( basato su un romanzo di Jack Finney del 1955), incuimisteriosi «baccelli» catturano l’identità dei personaggi sostituendo questi ultimi con alieni.
Ansie sociali
Questi filoni, sviluppatisi nel clima della Guerra fredda, evolveranno nell’attuale cinema apocalittico o catastrofista, che racconta la sopravvivenza dell’uomo dopo eventi eccezionalmente violenti e distruttivi, come insegna la saga di Mad Max, riportata di recente sul grande schermo. Anche se nei decenni successivi la minaccia assumerà nuovi volti – il complotto, il disastro ecologico, l’impatto di meteoriti o comete, l’invasione aliena – l’obiettivo rimarrà sempre lo stesso. Come ha spiegato efficacemente Susan Sontag: la fantascienza permette di placare le ansie sociali rendendo il disastro normale, e allo stesso tempo rende vivo l’orrore evocandolo costantemente. Una lezione che Lynch ha fatto propria in Twin Peaks 3, ma per svelarne i meccanismi. E per immergerci in quel rimosso collettivo che dobbiamo riconoscere, per poterci salvare.