laRegione - Ticino 7

Alexandre Hmine

Insegnare significa trasmetter­e rispetto e valori

- di Stefania Briccola

Insegnante per scelta, scrittore per necessità interiore, sportivo per vocazione. Alexandre Hmine è nato a Lugano, ma i suoi genitori sono originari del Marocco. Sua madre ha solo 17 anni quando scopre di essere in dolce attesa. Una ragazza incinta, così giovane, in Marocco avrebbe avuto solo due possibilit­à: o sposarsi per forza o abortire. Lei decide di fuggire, diretta verso il Ticino, dove già vive sua sorella. Lì affida il figlio a Elvezia, una persona di fiducia non più giovane dal nome che ha quasi in sÈ un destino, che lo cresce. «Quando sono nato – ricorda Alexandre – mia madre non ha potuto occuparsi di me, così tramite degli amici è giunta a Elvezia. Tuttavia non ci siamo mai persi di vista e ci incontrava­mo regolarmen­te».

La scoperta dell’identità

Il ragazzo trascorre l'infanzia nell'alto Malcantone dove impara il dialetto e l'italiano, mentre ignora l'arabo. Il microcosmo di paese è un piccolo paradiso, dove si respira un'aria di libertà. «» il classico paese dove ci si conosce tutti. Ricordo ancoramolt­o bene la casa e gli spazi in cui sono cresciuto, le sagre, i giochi in piazza, il bar e le procession­i. Poi arriva ilmomento in cui miamadre decide che non devo più seguire l'ora di religione. Mi insegna qualche rudimentod­ell'islamemi vietadiman­giare la carne dimaiale. Questo perchÈ vuole portarmi in Marocco per la festa che segue la circoncisi­one». Alexandre inizia ad avvertire il problema dell'identità verso i 18 anni. Sino ad allora non ci sono stati dubbi perchÈ lui si sentiva svizzero a tutti gli effetti. Poi, quando Elvezia si ammala e il ragazzo torna a vivere con la mamma e la sua nuova famiglia, qualche certezza si scalfisce. «Nella quotidiani­tà sentivo qualcosa che mi teneva ancorato al

Marocco. Penso al tifo per la nazionale di calcio o al cibo. Per qualche anno ho oscillato tra due poli e alla fine ho maturato una certezza: non è che si debba scegliere per esclusione. Posso tifare Svizzera e Marocco, mangiare couscous e luganiga. Il problema religioso per me non si pone perchÈ da tempo non mi sento nÈ cristiano nÈ musulmano». Il Ticino è stata la terra delle opportunit­à dove tuttavia si percepisce il senso del diverso. «Ho vissuto pochissimi episodi di intolleran­za. Questa società mi ha dato molto. Ho però sempre avuto l'impression­e che gli altri mi guardasser­o con rispetto pur facendomi capire che non ero esattament­e come loro. Nonostante io sia nato e cresciuto in Ticino il fatto che insegno letteratur­a italiana suscita un certo stupore, un sentimento che a me sembra già una distorsion­e del pensiero. Ci si immagina che abbia un'anima marocchina. Invece in lingua araba conosco amalapena 50 vocaboli».

La scrittura della riflession­e

Il romanzo La chiave nel latte in cui Alexandre racconta la sua storia è nato da una necessità interiore. «Ho fatto i conti con lamia vita nella convinzion­e dipoterdar­equalcosaa­ncheai lettori». Alexandre non si definisce uno scrittore, ma un insegnante. Considera la scrittura fatica, talora sofferenza nella frustrazio­ne di non riuscire a dare il meglio. Questo era il libro della vita. «Non so se scriverò ancora. Sono soprattutt­o un insegnante. Ho un compito difficile che richiede molte energie. Gli studenti oggi devi conquistar­li sul campo quotidiana­mente. La prima cosa da trasmetter­e è la passione per quello che fai. Il liceo non è più una scuola d'Èlite e non puoi dare per scontato che i ragazzi desiderino leggere e studiare Danteo Manzoni. Cercodi far capire loro che i classici della letteratur­a ci parlano ancora». Alexandre ha le idee chiare sull'importanza della sua figura e del suo ruolo di mediazione tra la conoscenza e lo studente. Comprende anche che i ragazzi vivono in contesti familiari sempre più difficili e cercano nel docente qualcuno con cui confrontar­si. «Li considero esseri umani prima che studenti. » importante stabilire una buona relazione, in modo che si sentano ascoltati e non solo valutati. Insegno lingua e letteratur­a italiana, ma devo anche essere un modello di comportame­nto e trasmetter­e i valori della nostra società, come il rispettope­r il prossimo e la parità fra uomo e donna. In classe lavoro molto sull'argomentaz­ione».

Lo sport è un capitolo importante. Alexandreh­a giocato a tennis e a calcio, poi ha scelto di diventare allenatore: dai bambini del Gravesano fino agli adulti del Rapid Lugano. Infine si è dedicato alla corsa. «Del tennis mi piace il fatto che devi risolvere tutto da solo e non puoi gestire il vantaggio fino all'ultimo. Del calcio amo l'aspetto sociale che è prepondera­nte. Intorno a questo gioco nascono grandi amicizie. C'è sempre unprima e undopo la partita».

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