Libere associazioni
Tratto da La notte dei morti viventi «Vivere assieme per noi non è una gran gioia, ma morire assieme non risolverà niente»
La pièce teatrale che ultimamente mi torna in mente più spesso è Il Rinoceronte di Eugène Ionesco (1959; tr. Einaudi). La storia, detta in breve, è quella di una misteriosa epidemia che si diffonde in un paesino francese: gli abitanti iniziano a trasformarsi in rinoceronti. È un capolavoro assoluto del teatro dell’assurdo, e questo si sa. Denuncia la barbarie nascosta in ogni uomo, e si sa anche questo.
Ma perché mi balena in testa così spesso? Perché sono paranoico, probabilmente. Ma anche perché quella malattia collettiva, che inizia dal sovvertimento della logica e del linguaggio e deflagra nel caos, ha qualcosa che mi ricorda il presente. Sono quei primi sintomi di tentazioni totalitarie che mi pare di scorgere in chi abbocca a certe bufale e dà retta a certi personaggi politici. E probabilmente ci sono dentro anch’io.
Il tema ritorna – o così sembra alla mia psiche instabile – in un film famosissimo uscito appena otto anni dopo:
La notte dei morti viventi di George A. Romero. Quello dei cadaveri che escono dai cimiteri per cibarsi di carne umana e zombificare i vivi, per capirci. L’ho rivisto da poco e quegli zombie quasi scolpiti in bianco e nero epressionista, che avanzano inesorabilmente verso lo spettatore, fanno ancora una gran paura. Chi sono quei morti viventi? Il nuovo che avanza? I sovietici? Gli stupidi? Mah. L’importante, qualunque cosa succeda, è che non andiate a rifugiarvi in cantina.