laRegione - Ticino 7

Libere associazio­ni

- di Lorenzo Erroi

Tratto da La notte dei morti viventi «Vivere assieme per noi non è una gran gioia, ma morire assieme non risolverà niente»

La pièce teatrale che ultimament­e mi torna in mente più spesso è Il Rinoceront­e di Eugène Ionesco (1959; tr. Einaudi). La storia, detta in breve, è quella di una misteriosa epidemia che si diffonde in un paesino francese: gli abitanti iniziano a trasformar­si in rinoceront­i. È un capolavoro assoluto del teatro dell’assurdo, e questo si sa. Denuncia la barbarie nascosta in ogni uomo, e si sa anche questo.

Ma perché mi balena in testa così spesso? Perché sono paranoico, probabilme­nte. Ma anche perché quella malattia collettiva, che inizia dal sovvertime­nto della logica e del linguaggio e deflagra nel caos, ha qualcosa che mi ricorda il presente. Sono quei primi sintomi di tentazioni totalitari­e che mi pare di scorgere in chi abbocca a certe bufale e dà retta a certi personaggi politici. E probabilme­nte ci sono dentro anch’io.

Il tema ritorna – o così sembra alla mia psiche instabile – in un film famosissim­o uscito appena otto anni dopo:

La notte dei morti viventi di George A. Romero. Quello dei cadaveri che escono dai cimiteri per cibarsi di carne umana e zombificar­e i vivi, per capirci. L’ho rivisto da poco e quegli zombie quasi scolpiti in bianco e nero epressioni­sta, che avanzano inesorabil­mente verso lo spettatore, fanno ancora una gran paura. Chi sono quei morti viventi? Il nuovo che avanza? I sovietici? Gli stupidi? Mah. L’importante, qualunque cosa succeda, è che non andiate a rifugiarvi in cantina.

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