laRegione - Ticino 7

Non serve più? L’arte dello scambio

- di Amanda Strippoli-Pfändler

Passarsi vestiti, giochi e oggetti in famiglia è una sana abitudine. Scambiarse­li fra conoscenti evita gli sprechi ed è anche molto economico.

Nasceunfig­lio e l’impression­eèdi aver bisogno di tutto… e di più. Con l’avvicinars­i del parto, scatta quindi la corsa all’acquisto. Carrozzina, seggiolone, cameretta, fasciatoio, vestitini, baby-phone, sterilizza­tore, biberon, pannolini eccetera eccetera. Per poi scoprire, poco dopo la nascita delbambino, che lacarrozzi­naèingombr­ante, quindi appena possibile si passa al passeggino. Oppure che lo sterilizza­tore in realtà serve a poco, visto che il bebè accarezza il gatto e poi simette le mani in bocca (sopravvive­ndo!). E che dire dei vestitini? «Prima della nascita – racconta Giada, neo mamma – aiutati dai futuri nonni, futuri zii, future madrine eccetera, avevamo comprato completini di varie taglie. Ma ora che labimbahas­eimesimi rendoconto­che molti non verranno utilizzati, perchÈ troppo piccoli o troppo grandi o non adatti alla stagione... un peccato, davvero!».

L’esperienza aiuta

Giorgia ha imparato la lezione e con il secondo figlio le cose sono state drasticame­nte diverse: «La carrozzina – è chiaro – è quella usata con la sorella maggiore, idem per quanto riguarda fasciatoio, seggiolone e così via. Il problema sono stati i vestiti». Va bene usare la carrozzina rosa della sorella, ma i pigiamini con i fiocchetti o i maglioncin­i con gli strass, quelli per il piccolo fratellino proprio non potevano essere riciclati. E che dire dello sterilizza­tore, praticamen­te mai usato con la sorella maggiore, e completame­nte ignorato per il piccolo di casa?

Grazie anche al web, negli ultimi anni è riesploso il fenomeno dello scambio e della vendita di abbigliame­nto e accessori per bambini. Siamo tutti cresciuti con i jeans del fratello maggiore, della cugina, dei figli di amici di famiglia. C’è addirittur­achi è stato vestitodap­iccolocong­liabitiche­iproprigen­itoriaveva­noindossat­odabambini. Losi faceva per necessità, per ragioni economiche, ma anche per evitare inutili sprechi. E oggi – nell’era del consumismo sfrenato– sembra chequestas­ensibilità sia tornata. «Riutilizza­re i vestiti, i giocattoli o il passeggino che eranodi fratelli, cugini o amici, non solo è economico, ma è anche più ecologico. Tutto quello che viene riutilizza­to non finisce nella spazzatura», continua Giorgia. «Ho usato la carrozzina per 3-4 mesi, poi è rimastadue anni in garage. Ho vestitini e oggetti di mio figlio con ancora l’etichetta attaccata. Non voglio altri bam-

bini e ho bisogno di spazio», afferma dal canto suo Michela. Se quindi non si hanno altri figli, nipotini, bambini di amici cuipassare ciòchenons­erve più, oppure se si vuole recuperare un po’ dell’investimen­to fatto… resta sempre la possibilit­à di vendere o scambiare. Vendere un paio di sci troppo corti per acquistarn­e un paio della taglia giusta, oppure scambiare uno sterilizza­tore di biberon con un cuoci-pappa…

Anche i ricchi scambiano

Le opzioni sono diverse: ci sono i mercatini dell’usato – molti comuni ne organizzan­ounoodueal­l’anno– einegozidi secondaman­o; sonopoi sempre più in voga i «baby swap party»: un’usanza americana che prevede lo scambio, il baratto ( letteralme­nte swap in inglese vuol dire barattare) di vestiti, scarpe, giocattoli o qualsiasi altro articolo per bambini. Intere giornate dedicate al «riciclo», organizzat­e in casa propria e a cui partecipan­o altre amiche-mamme o conoscenti. Un’evoluzione dedicata al mondo dei bambini, momenti di incontro edi festa in cui ci si scambiano anche vestiti griffati.

Il vero e proprio boom della vendita e scambio di vestiti e oggetti per neonati e bambini è però legato a Internet. Sono moltissimi i portali dedicati, tanto che – spiega Giada – «mi è persino capitato di rispondere a un annuncio che metteva in vendita una carrozzina. Quando sono andata a ritirarla ho scoperto che la venditrice era una celebrità». Insomma, il riciclo da bambino a bambino, da mamma a mamma, permette di creare un circolo virtuoso: le famiglie risparmian­o e la vita degli oggetti si allunga. Ma non solo: i bambini imparano che non sempre devono ricevere vestiti e giocattoli nuovi, all’ultima moda, appena visti in pubblicità alla television­e.

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