Invasioni barbariche. Il turista non lo voglio
Il turista non lo voglio Voli low-cost, promozioni valide tutto l’anno, portali nei quali privati cittadini mettono a disposizione le loro abitazioni. Aggiungetevi una diffusa maleducazione con una carente cultura del rispetto e l’incubo è servito.
Dev'esserci qualcosa di genetico nellapassionedinoi sapiensper il viaggio. Abbiamo cominciato praticamente da subito, lasciando l'Africa per venire a esplorare l'Eurasia, con grande disappunto dei neanderthaliani che, com'è noto, ne avrebbero fatto le spese. E abbiamo continuato nel corso del tempo con le innumerevolimigrazioni che piano piano ci hanno «spalmato» più o meno uniformemente sull'intera crosta terrestre. Alcune popolazioni sono rimaste nomadi anche dopo che lamaggior parte di «noi» era divenuta stanziale, decidendo, per così dire, che i vantaggi comportati dalla coltivazione della terra in termini di sicurezza e stabilità non valevano la vita più incerta ma liberadi chi il cibo lo raccoglie o lo caccia, spostandosi di volta in volta per cercarlo. E anche presso coloro che si erano «piazzati» da tempo, costruendo villaggi e poi paesi, e a seguire città e nazioni, il desiderio di esplorazione – tramutatosi tante volte nel suo fratello malvagio, ovvero labramadiespansione– èrimastoforteevivo lungotutto il corso della Storia... un corso che è stato più volte deviato dall'iniziativa di singoli viaggiatori.
Città sotto assedio
Anche oggi lo spostarsi si configura come «cifra distintiva» del consorzio umano, crudelmente suddiviso fra chi si muove per scampare a guerre e carestie, e chi invece lo fa per «fuggire», almeno temporaneamente, da una quotidianità fin troppo prevedibile: i secondi siamo noi, ovvero... i turisti. Viaggiamo lungo linee pre-tracciate nel tentativo di conciliare l'atavica attrazione verso «l'ignoto» con l'esigenza di mantenere sugli accadimenti il consueto, stretto grado di controllo. Ed è così che ci si trova a fare tutti le stesse cose, di solito nello stesso perio- do dell'anno e negli stessi luoghi: una «polarizzazione» che risulta particolarmente evidente – a tratti insostenibilmente evidente – nel caso delle città d'arte, dove lo spazio circoscritto aumenta a dismisura il coefficiente di concentrazione turistica. Venezia, con circa 25 milioni di visitatori l'anno, è il prototipo di questa insostenibilità, un assaggio della quale è toccato pure al Ticino l'estate scorsa con il caso delle «Maldive di Milano» quando, a causa di un video postato su Facebook, parte della Verzasca è stata «scoperta» da centinaia di milanesi e varesini in fuga dalle rispettive, caldissime città. Le reazioni sono state contrastanti: c'è chi si è lamentato di questo turismo «improvvisato», percepito talvolta come poco rispettoso dagli autoctoni, e chi, come Elia Fra- polli, direttore di Ticino Turismo, ha rilanciato i valori dell'identità turisticaedellaculturadell'accoglienzainun settore che genera un valore prossimo al 10% del Prodotto interno lordo.
Attorno a Disneyland
Gli abitantidiLavertezzonon sonoperò gliunici a soffrire di «turismofobia»: la «sindrome» si sta diffondendo, tanto che lo scorso 24 aprile si è costituita in organizzazione. La SET ( Rete di Città del Sud d'Europa di fronte alla Turistificazione) è una piattaforma che raggruppa entità e collettivi diversi, sorti spontaneamente in 16 città dell'Europa meridionale: Barcellona, Venezia, Firenze, Valencia, Girona, Malaga, Palma de Mallorca, Madrid, Lisbona, Donostia/San Sebastián, Siviglia, Ibiza, Pamplona, Malta, Tarragona e le
isole Canarie. I cittadini che ne fanno parte protestano per la mancanza di regolamentazione che satura di turisti le loro città, ma soprattutto vogliono attirare l'attenzione sul processo di gentrificazione che sempre più spesso costringe i residenti a lasciare i centri storici per trasferirsi altrove. «Per via di una mancanza di regolamentazione fiscale, un'economia che di collaborativo ha ben poco si sta concentrando nelle mani dei fondi immobiliari», afferma Maria Fiano, attivista del gruppo OPA (Officina Pensiero Azione, Venezia).
Fra pizze e autoscatti
Il ruolo di portali oggi molto diffusi come Airbnb – nato per agevolare l'affitto breve fraprivatima trasformatosi in un business per investitori immobiliari – gioca un ruolo importante nel mutamento di quartieri un tempo vitali in pallide vestigia disabitate. Come spiega bene Marco d'Eramo nel saggio Il selfie del mondo. Indagine sull’età del turismo ( Feltrinelli, 2017), «il turismo [...] uccide la città inmodo più sottile, svuotandola di vita, privandola dell'interiore, proprio come nella
mummificazione, facendola diventare un immenso parco a tema, un'immensa Disneyland storica, in una sorta di tassidermiaurbana: musei e paninoteche, ruderi e boutique di lusso, “suoni e luci” tra pizze al taglio e ristoranti a tre stelleMichelin, isole pedonali, e poi tanti dormitori eleganti per ceti medi. [...] e i centri vengonotrasformati inen
tertainement districts, dove però non si diverte nessuno».