Herbert Cioffi
LucioDalla era un folletto La musica? Pure emozioni
La prima volta fu una sera di febbraio di molti anni fa. Alla nostra radio una voce dal timbro evocativo parlava di musica italiana padroneggiando Dalla e Battisti come un professore d'italiano padroneggiaDanteeManzoni, inclusi i rimandi a pie' di pagina.
Anno 2018, estate inoltrata, interno giorno. «Sono un radiofonico puro. L'amore sconfinatonei confrontidi questo mezzo anticome lo insinuòmiamadre insegnante». Così inizia a raccontarsi Herbert Cioffi, uno che ha fatto «la trafila senza alcun tipo di aiuto perchÈ i miei genitori venivano da un contesto diverso». Uno per il quale «quello del radiofonico è un mestiere vero», uno che ricorda perfettamente «tutti i dettagli strazianti e affascinanti di piccole realtà radiofoniche che spesso non pagavano».
No, grazie…
Herbert varca la porta della RSI grazie a un'inserzione sulla stampa locale. «Cercavano un animatore polivalente. Fui scelto perchÈ oltre ai titoli di studio e alle esperienze radiofoniche si richiedeva un video. Parallelamente avevo intrapreso la strada dell'attore comico, il contenuto di quel video è ancora oggi una parte del mio spettacolo». Porte aperte, dunque, ma solo al secondo tentativo: «Sono laureato in giurisprudenza. La prima domanda di lavoro l'avevo spedita tempo prima allo stesso indirizzo». Gli risposero: «Ci dispiace, non abbiamo bisogno di lei», ma Herbert, quella lettera, l'ha sempre conservata. «La RSI è come la Rai di tanti anni fa, un posto nel quale si contempla ilmestiere del radiofonico come tale». Un posto che considera «in modo serio e professionale ilmestiere di artista». Anche se per tutti, «come diceva EduardoDeFilippo, alla A dell'abbecedario c'è sempre avvocato ».
L'artista, figura che per il pensiero cioffiano è «status ancor più terribile di altri, perchÈ gli artisti vivono il rischio del mestiere quintuplicato. Un po' per l'entità che esso rappresenta, un po' per quanto devono affrontare dal punto di vista della casualità, per l'incognita del non piacere». E per quel calcareo pregiudizio sociale che l'intrattenimento non si possa annoverare nella categoria «lavoro»... «In realtà, sapere intrattenere, divertire, sollecitare l'attenzione con una storia è un mestiere come l'insegnante, il dentista, indispensabile come tutte le professioni indispensabili», prosegue Herbert. Incluso il barzellettiere: «Io, per esempio, non lo sono, ho l'ansia della resa. Ma raccontarle è un'arte sublime, suprema. E chi lo fa bene è un leader». Per la cronaca, Cioffi è anche Fogazzaro, il collega del Bussenghi che in Frontaliers disaster si danna che «c'è la crisi, c'è la crisi». Negatività non del tutto casuale. «Essendo personamolto depressa, ho un'indole comica fortissima, non tradizionale. Non sono cabarettista, battutaro, non garantisco risate. Trovo chiavi comiche particolari.
Per lamusica italiana
Capitolo mattiniero Un’ora per voi, su Rete Tre di martedì alle 9. Ma anche Emozioni, su ReteUno il mercoledì alle 23: «Racconto la musica italiana nella Svizzera italiana, che non è solo terra di rockettari. Per i Nomadi, per Vasco Rossi e i Litfiba farebberodi tutto. Non sono unmusicologo, attingo dalmio lavoro di radiofonico».
Con lunghi «stage» sanremesi sulle spalle, Cioffi ha cominciato in epoca pre-smartphoniana: «Ricordo che nelle cabine telefoniche registravo i contributi su una cassetta e li riversavo alla radio per la quale lavoravo attraverso una cuffia poggiata sul microfono della cornetta. Erano gli anni Novanta, quelli della Piccola Orchestra Avion Travel». Tra gli aneddoti sanremesi, «l'intervista a Laetitia Casta seduta sul letto in camera sua, al quinto piano di un hotel che oranon c'è più» e uno spassoso errore di gioventù: «Nel '97 mi rifiutai di intervistare i Ragazzi Italiani ( versione italica delle boyband anglosassoni, ndr.). Dissi ai miei colleghi: «Se vincono loro, qui non metto più piede». Successe che i Ragazzi Italiani, alla fine, vinsero con Vero amore. «Sono sviste che prendo tutt'ora. Anche perchÈ Sanremo è sempre andato un po' dove gli pare». Tornando a Dante Alighieri e AlessandroManzoni. Tra gli illustri defunti di un'arte tutt'altro chepovera, al professor Cioffipesa il dover parlare di Lucio Dalla e Pino Daniele al passato. Gli mancano come l'acquamanca a un pesce rosso. Soprattutto il grande Lucio. «Era un folletto, un essere soprannaturale arrivato chissà da dove. Amava ballare, diceva di voler sperimentare di tutto nella vita, compreso un intervento chirurgico, per sapere com'è. Parlava alla gente come nessuno. Avete mai sentito il monologo nel quale descrive Ayrton Senna?».