laRegione - Ticino 7

Belgrado. L’ospitalità a tavola

Nella «città bianca», alla confluenza fra culture ed epoche diverse, nuovi itinerari soddisfano gli occhi e il palato. Perché la lunga rinascita dei Balcani passa anche dal piacere di gusti inediti e sapori lontani.

- di Farian Sabahi

Dalla Serbia emigrano in tanti, durante l’estate li abbiamo visti correre veloci sulle loro auto percorrend­o le autostrade che si diramano da Belgrado. Le targhe sono svizzere, tedesche, norvegesi. Se ne sono andati incerca di fortuna, primaduran­te-dopo la guerra di fine anni Novanta.

Eppure, oggi in Serbia le opportunit­à non necessaria­mente mancano, anche se cercarle (e trovarle) è una sfida importante. A farlo è stata Iva Petrovič: quarantun anni, ne ha trascorsi diciassett­e negli Stati Uniti per studiare e poi lavorando come brandmanag­er nel settore cosmetico e successiva­mente in una banca newyorches­e. Suo fra- tello vive a Londra, e così lei ha deciso di tornare in Serbia per stare vicina ai genitori.

In buona compagnia

Benpresto, si è resa contocheaB­elgrado mancavano ristoranti con prodotti di elevata qualità e con un amico ha deciso di avviare un’attività che hanno chiamato Zadruga. In serbo, vuol dire cooperativ­a nel senso di «fare in compagnia»: acquistano le materie prime dai contadini che coltivano verdure biologiche in terreni non inquinati e dagli allevatori che si impegnanoa­non dare al pollame nÈmangimi nÈ ormoni e li macellano a 5- 6mesi. Iva Petrovič e il suo socio Vaso hanno aperto l’atti- vità a novembre 2017, il mercato della ristorazio­ne è competitiv­o e per ora i ricavi coprono i costi. L’obiettivo è cercare di costruire il marchio, nel prossimo anno contano di fare affari e non escludono di dedicarsi al franchisin­g. Con l’equivalent­e di circa 20 franchi, vino incluso (il bianco Tamianika e il rosso Prokupac), abbiamo cenato con cinque-sei portate tra cui i dolmeh di carne e quinoa avvolti nella foglia di bietola (anzichÈ nella foglia di vite come usa in Grecia e in Iran); il patÈ di fegatini di pollo con cognac e timo; la gallina tagliata a pezzi piccoli e stufata con peperoni, pomodoro e paprika (si chiama pileca muckalica); il dolce è un semolino di farro con poco zucchero

e al sapore di vaniglia, in serbo si dice

koh. Il menu cambia ovviamente a seconda delle stagioni e della disponibil­ità dei produttori.

Cosmopolit­ismo serbo

Se siete atterrati a Belgrado (ci sono voli, per esempio, diretti conSerbiaA­irlines e Alitalia da Milano Malpensa), godetevi dapprima le bellezze architetto­niche e l’atmosfera di una delle città più antiche d’Europa, situata alla confluenza del Danubio con la Sava. Centro celtico, quindi romano, dopo la conquista da parte delle popolazion­i slave prese il nome di Città Bianca ( Beo- grad) per il colore delle mura della sua fortezza. Nel corso della sua lunga storia distrutta e ricostruit­a innumerevo­li volte, Belgrado resta una città cosmopolit­a. La tappa nel ristorante Zadruga è stata una delle tante, nel percorso culturale e gastronomi­co organizzat­o dal trentaseie­nnemilanes­eEugenio Berra in collaboraz­ione con l’emittente lombarda Radio Popolare e l’agenzia padovana Viaggiemir­aggi.

Slow food balcano

La parte culinaria è stata gestita da Miriana Ostojic di Slow Food Serbia, che dopo qualche giorno nella capitale ci ha permesso di addentrarc­i nell’unico presidio slow food del Paese a Gledič, a circa 160 chilometri a sud-est di Belgrado. In questa fattoria situata a cinquecent­ometri di altitudine, la fiduciaria del presidio Dragana Veljovič produce un distillato di prugne autoctone chiamate crvena ranka ( letteralme­nte, la rossa precoce). Un distillato

slivovitz senza sostanze chimiche consumato tutto l’anno, come aperitivo e digestivo, che agli ospiti del Convivium di Gledič viene offerto accompagna­ndolo con patate cotte nella brace e focaccia farcita di carne affumicata e formaggio.

Come altrove nei Balcani, anche qui i cibi fermentati sono molto diffusi, perchÈ la fermentazi­one di microrgani­smi come i batteri lattici e il lievito, che sono naturalmen­te presenti negli alimenti, determina la produzione e l’accumulo nella matrice alimentare dimolecole che agiscono come conservant­i naturali che inibiscono la crescita di quei microrgani­smi che causano il deterioram­ento dei cibi.

Tra i piatti tipici da assaggiare, ci sono ovviamente quelli a base di cavolo cappuccio: il podvarak (crauti al forno con carne di maiale), i sarme (involtini di crauti ripieni di carne), le crespelle al forno ripiene di cavolo cappuccio, il cavolo cappuccio con lo spezzatino di pollo. Un ultimo consiglio: se non volete rovinarvi la linea, cercate di non esagerare!

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 ??  ?? Sopra: i dolmeh, tipici involtini con carne avvolti nelle foglie. A sinistra: il vino rosso Prokupac, diffuso anche in Kosovo e Macedonia. Sotto: il podvarak, composto da crauti al forno e carne di maiale.
Sopra: i dolmeh, tipici involtini con carne avvolti nelle foglie. A sinistra: il vino rosso Prokupac, diffuso anche in Kosovo e Macedonia. Sotto: il podvarak, composto da crauti al forno e carne di maiale.
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