Primo: partecipare
I «campioni» onsernonesi sono cresciuti a pane e hockey e quindi il confronto con alcuni dei seguenti casi sportivi non regge. In comune hanno però la stessa passione per praticare la loro disciplina allo scopo di divertirsi e la stessa tempra nel volersi impegnare al massimo, nonostante le apparenze. Oppure i risultati. Come quelli di Philip Boit, il keniota che alle Olimpiadi invernali del 1998 a Nagano si cimentò nello sci di fondo. Sulla distanza dei 10 km arrivò 97esimo, all'ultimo posto, 20 minuti dopo il vincitore. Alla passione d'altronde non si comanda. Lo sa bene il fondista thailandese Prawat Nagvajara, che ha lasciato una carriera nell'ingegneria per questo sport impossibile da praticare in patria. Che il risultato non sia importante l'ha dimostrato Trevor Misipeka: ai Mondiali di atletica leggera, nel 2001, corse i 100 metri in oltre 14 secondi aggiudicandosi il soprannome «Trevor la tartaruga». A dimostrazione che distinguersi può generare fama vi sono poi i giamaicani fenomeni del bob, protagonisti dei Giochi olimpici di Calgary nel 1988. Una storia che venne raccontata anche su grande schermo con il film Cool runnings. La lezione più importante l'ha però data durante le recenti Olimpiadi di Pyeongchang German Madrazo. Nonostante il suo ultimo posto durante la gara di fondo, il messicano – un imprenditore appassionato di triathlon che ha dedicato alcuni mesi della sua vita ad allenarsi 10 ore al giorno per riuscire a qualificarsi – ha esultato come se avesse vinto l'oro in occasione del suo debutto a 43 anni.