Ingmar Bergman. Pubblicità d’autore
Da Fellini aWoody Allen, da Sofia Coppola a Ridley Scott: molti famosi registi hanno girato filmpubblicitari. Ingmar Bergman per primo.
Nel festeggiare il centenario della sua nascita, Ingmar Bergman (1918-2007: in alto una serie di
scatti giovanili) è stato ricordato soprattutto per la natura impegnata dei suoi film, ma in molti si sono dimenticati che, nel 1951, diresse 9 «commercial» divertenti e ironici. L'industria cinematografica svedese erainscioperoinsegnodiprotestacontro le tasse sull'intrattenimento, «smise di fare filmper 2 anni, una catastrofe economica per tutti noi». AtrentatrÈ anni, con due ex mogli, cinque figli, una nuova consorte e un sesto bimbo in arrivo (e il contratto del Gothenburg City Theatre scaduto) Bergman accettò l'offerta della Unilever svedese di creare una campagna pubblicitaria per il nuovo sapone antibatterico Bris: nove film, ognuno di circa un minuto, da proiettare nelle sale cinematografiche nel corso dei successivi tre anni. In cambio, Bergman ottenne piena libertà creativa, un budget illimitato, l'accesso allo stesso equipaggiamento tecnico di un lungometraggio e il suo cameraman di fiducia Gunnar Fischer. E, soprattutto, il controllo totale sui film, dalla sceneggiatura almontaggio, il sognodi ogni admaker. Unica limitazione: auncertopunto, doveva comparire lo slogan del sapone.
Un maestro «frivolo»
«Inizialmente, ho accettato gli spot di Bris per salvare la mia vita e quella delle mie famiglie. Ma (…) il motivo principale (…) è che avevo carta bianca e potevo fare esattamente quello che volevo. Tutta la mia carriera cinematografica è stata sponsorizzata da capitale privato. Non sono mai riuscito a vivere soltanto dei miei begli occhi! Come datore di lavoro, il capitalismo è brutalmente onesto e piuttosto generoso, quando lo ritiene utile. Ho sempre trovato difficile provare risentimento quando l'industria si precipita verso la cultura, con un assegno in mano». I risultati furono immediatamente evidenti. Nelle mani del regista svedese, ogni messaggio andava al di là della comunicazione creativa per un sapone e disegnava un arco tra follia e genialità, tipiche espressioni dello stile bergmaniano. Nonostante l'obbligo di lavorare entro gli spazi pubblicitari, la precisione della regia e l'amore per i dettagli simbolici trovarono posto negli spot: per Bergman questo fu anche unmododi rimanere fedele ai propri intenti creativi. Bergman sfruttò l'opportunità per sperimentare nuove forme visive e narrative, e prese il progetto come un esercizio per le proprie finalità cinematografiche.
Il primo spot introduce un simpatico testimonial, il vecchietto del filmSommarlek (1951), interpretato da John Botvid. Il secondo e il quinto spot vedono una battaglia tra «buoni» ( Bris) e «cattivi» ( batteri). Il terzoe il nono sono in costume e si svolgono nel passato. Il quartousaunmetalinguaggio tra finzione e realtà. In ogni spot c'è una grande vitalità di montaggio. Il quinto announcement usa la frase «Magic Show » che richiama il libro autobiografico La lanterna magica e il sesto utilizza effetti alla GeorgesMÈliès. Queste pubblicità possono essere viste come un interludio sperimentale del regista, 4 anni prima della sua svolta professionale con il film Sorrisi di una notte d’estate. Bergman non fece altri spot pubblicitari e questi scomparvero nell'oscurità di una cineteca. Grazie alla rete, oggi si possono rivedere. Quando gli dissero: «Sei un artista, non dovresti fare pubblicità», il grande regista rispose: «Sono molto orgoglioso di questo lavoro (…), è un lavoro artigianaleemi piace farlo».