Serena Wiederkehr-Britos
Giardini di giorno Giardini al chiar di luna
Sicapisce subito che da piccola doveva essere una discola, di quelle intelligenti, che a scuola capivano tutto in un battibaleno, ma che facevano fatica a stare sedute su una sedia. Me la vedo che scalpita e guarda fuori dalla finestra: bisogna uscire, non siamo mica orsi in letargo, voglio stare fuori, correre, andare a cavallo, arrampicarmi su un albero. Poi però ce l’ha fatta a finire gli studi, è andata a Neuchâtel alla facoltà di Biologia e Etnologia: come l’essere umano vive la natura, come la usa per curarsi, permangiare, per costruire. Serena è mamma di tre figli (11, 7 e 2 anni), lavora nell’azienda agricola di famiglia, scrive articoli di divulgazione scientifica, è etnobiologa freelance e spesso dice: «Mi sa che non sono abbastanza brava a organizzarmi, non riesco a fare tutto quello che dovrei...».
Spazi per l’anima
Il suo spirito di ricercatrice curiosa, mai sazia, sensibile al rigore scientifico e alla bellezza del disordine umano la porta alle volte a disperarsi, altre volte a sperimentare nuovi tipi di giardino. Prima di tutto c’è il suo campo, quello chedàdavivere a leiealla suafamiglia, stabilitasi in Uruguay quattro anni fa dal suocero di Serena, che per primo ha portato la coltura biologica al mercato di Montevideo.
« Abbiamo sei ettari e mezzomisti tra terreno coltivato e frutteto. Abbiamo peri, meli, prugne, pesche, fichi, gelsi, noci, limoni, aranci, mandarini e frutti tipici di qui. Come ortaggi ci sono meloni, carciofi, pomodori, cavoli, zucche, broccoli, insalate... non sto a elencarli tutti. Quello che mio suocero ci ha insegnato è: piantare molto e soprattutto diversificare le varietà e le specie, così che se una pulce o un insetto portamalattia a un tipo di pian-
ta, si raccolgono i frutti delle altre». Ora in Uruguay è primavera e Serena sta piantando il suo giardino di fiori da vendere al mercato insieme alla verdura e alla frutta. «Sono fiori di bellezza, con colori molto sgargianti, e fiori commestibili. Mi ha dato l’idea un cuoco che viene a rifornirsi da noi: mi ha chiesto con quali piante poteva decorare i suoi piatti, così ho pensato di dargli un’ampia scelta di fiori eduli, belli e buoni. Ho calendule, nasturzi (o tacchi da regina, come si dice qui), tagetes, girasoli, trifogli, borragine, fiordalisi... cerco di piantarli in modo da averne in ogni stagione e di ogni colore».
Allearsi alla natura
Il suo pezzo di terra dedicato ai fiori lei lo chiama Paradiso. Poi ha scoperto che i volontari che la aiutano nella coltivazione – ragazzi che viaggiano e chiedono vitto e alloggio nelle fattorie in cambio di manodopera – lo chiamano Guantanamo, Perchè in primavera quando lo zappano la terra è durissima. Vicino al Paradiso dei fiori c’è la serra, dove lei si rifugia almattino con una tazzadi caffè e comincia la giornata occupandosi di seminare. Qualche mese fa, durante un viaggio in Brasi- le, Serena ha seguito una formazione per creare i cosiddetti giardini com
mestibili. «Si chiamano così» spiega, «ma possono anche essere solo decorativi o misti. L’idea è quella di creare mini boschi multiuso che producono frutta, fiori, piante medicinali, legna utilizzabile per costruzione ma anche alimenti per animali, rifugi e prosperità. All’inizio imposti questo giardino pianificando tutto quello che ci pianti e ‘alleandoti alla natura’: metti vicine le piante che si fanno del bene, per esempio una che allontana gli insetti vicino a una che sarebbe mangiata dagli insetti. Poi quando è ‘avviato’ non devi curarlo quasi più».
Fiori per conquistare
Per finire mi parla di un suo studio sui giardini notturni, nati nel Settecento vittoriano e voluti dalle dame sofisticate dell’epoca. «Ci sono fiori che vengono impollinati dalle farfalle notturne e quindi si fanno belli dopo il tramonto: aprono i petali, espandono profumi sensuali, si colorano con la luna... e le signore a quel chiar di luna venivano aggraziate da quella luce. Davanti a casamiaho un’ampia distesa di calle e quando c’è la luna piena diventano quasi fosforescenti.
Potrei piantarvi le galanti di notte, i gelsomini notturni, i nardi e naturalmente la bella di notte che sono fiori bianchi e risplendono nel buio e poi delle salvie argentee che fanno una bella luce di notte. Era di moda nei giardini inglesi, ma si ispirava a giardini indiani dai profumi intensissimi; un tempo c’era una credenza per cui non bisognava far passeggiare donne non sposate di notte vicino ai campi di tuberosa, una pianta dai petali carnosi e con un profumo tentatore... altrimenti si sarebbero innamorate del primo uomo che avessero visto passare...».