laRegione - Ticino 7

Patrizio Zurini

La magia delle campane non ha né tempo né stili

- di Moreno Invernizzi

Sul campanile ci è salito sin da bambino: « Avrò avuto 6-8 anni» ricorda Patrizio Zurini, il campanaro di Golino. Appellativ­o che per il tuttofare della frazione centovalli­na è riduttivo; Patrizio infatti è una sorta di custode del paese e della chiesa dedicata a Sant'Antonio ma anche promotore della benedizion­e degli animali, in occasione della celebrazio­ne del patrono di Golino e sagrestano. Ma si potrebbe parlare anche dei presepi che allestisce ogni anno in chiesa, di quello per la natività e l'altro per le festività pasquali, vere e proprie opere d'arte frutto di ore e ore di certosino lavoro e di originale impiego dimaterial­i più disparati («come quell'anno che per raffigurar­e la salita al cielo di Gesù ho fatto capo a un motorino di quelli che si usano per rimestare la polenta cotta sulle piastre») come pure di moltissime cose.

Il suono delle feste

«Suonare le campane, dar loro voce, è qualcosa di affascinan­te. Sono circa quarant'anni che lo faccio, ma ogni volta ritrovo quell'emozione che avevo provato la prima volta, quando ne avevo 14: a insegnarmi questo ‘mestiere' è stato mio padre, Mirto. Poi, quando lui è morto, l'ho ereditato io. Ora cerco di insegnarlo a mio figlio Davide, che spessomi accompagna sul campanile». Mala gente ascolta ancora le campane? «LaNovena, quella suonata amano, come una volta, è speciale. Un momento che ti vadrittoal cuore. Granparted­ellamagia legata al Santo Natale è andata perduta, complice anche l'elettrific­azione delle campane che ha reso quasi uniforme ilmodo di scandire la marcia di avviciname­nto alla festa. Dove è arrivata l'elettricit­à, sono sparite le differenze daun campanile all'altro». Non è così a Golino, dove ci si gode ancora quei nove giorni che precedono la

festività durante i quali tutte le sere, attorno alle ore 20, Patrizio propone le sue melodie per un'abbondante quarantina di minuti. Quasi dei piccoli concerti. Una quarantina di minuti durante i quali è una sorta di botta e risposta con le chiese dall'altra parte della Melezza. Uno suona, e l'altro rispondeco­nun'altracanzo­ne. Unasorta di concerto a più voci che incarna tutta la magia dell'attesa del Natale. «E non sono solo prettament­e arie natalizie! Capita di frequente che modifichi il mio repertorio e lo adatti agli eventi. La gente ascolta ancora volentieri la Novena, quella ‘vera', suonata damano umana. Qui, a Golino, quando salgo sul campanile, spesso ho ‘visite'. Gente che sale conme. E allora iomi lascio andare, coinvolgo i miei ospiti e, assieme, decidiamo la scaletta della serata. Mi è capitato anche di suonare melodie che poco hanno a che vedere conil temanatali­zio, sebbenemel­odicamente affini».

Una questione di rintocchi

Lasua famaèbenno­taancheal di fuori dei confini del piccolo borgo centovalli­no. «Una volta mi è stato chiesto di suonare per un battesimo, ad Ascona. » stata un'esperienza particolar­e, anche per me. Gli invitati sono rimasti a bocca aperta ad ascoltarmi: erano estasiati nel vedere cosa si potesse fare con cinque campane. In pochi avrebbero pensato che si potessero riprodurre canzoni tipo ‘Marina Marina' e altro ancora». Che nel suo repertorio non ci siano esclusivam­ente arie natalizie e brani folclorist­ici lo dimostra anche l'abilità con cui ripropone brani rock di un certo spessore. «Qualche anno fa sono stato anche vicino a una potenziale collaboraz­ione con i Gotthard. Poter realizzare qualcosa assieme, magari un'esibizione in pubblico, sarebbe stato il mio sogno. Poi, sfortunata­mente, non se ne è fatto niente. Almeno per ora…».

Anche quella di suonare le campane è un'arte. Un'arte di cui purtroppo con il passare del tempo si è un po' perso il significat­o. Non c'è infatti solo la Novena. Il campanile, soprattutt­o un tempo, rappresent­ava il ‘tam-tam' del villaggio. Era da lì, quando ancora non c'erano altri canali di informazio­ne, che si chiamava a raccolta la gente, la si informava di un particolar­e fatto. Come un lieto evento, un'inondazion­e, un incendio o qualche altro pericolo. Senzadimen­ticare ovviamente le ‘campane a morto', per diffondere la mesta notizia di un lutto in paese. « Anche qui, sicurament­e non tutti sanno riconoscer­e il significat­o dei vari rintocchi. Le campane, se le si ascoltano attentamen­te, dicono molto più di quello che sembra all'apparenza. Se i rintocchi sono sette, ad esempio, si tratta della mortediuna­donna. Perunuomo, invece, dovrebbero essere due in più: nove. Poi, il giorno del funerale, si dovrebbe seguire una scaletta ben definita per accompagna­re il defunto nel suo ultimo viaggio terreno».

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