laRegione - Ticino 7

Una questione pubblica

- di Giancarlo Fornasier

Ho sempre pensato che il profondo fastidio (quasi viscerale) che ancora oggi molte persone nutrono nei confronti di chi ha orientamen­ti sessuali che non rispecchia­no il classico schema uomo-donna nasca sovente da una confusione di fondo, non di rado dettata da mitologie, dicerie e discorsi da bar dopo la quinta birra: ovvero, scambiare l’omoaffetti­vità – maschile o femminile che sia – con le devianze sessuali e le depravazio­ni. E naturalmen­te, essendo quello dell’amore tra persone dello stesso sesso un universo ai più sconosciut­o, avvolto da «sentito dire» e falsi miti, la fabbrica delle paure e delle minacce per le fondamenta della civiltà/società e dei suoi pilastri

– la prosecuzio­ne della specie e la famiglia – sforna teorie dai toni cupi. Certo, tra bassi tassi di natalità, matrimoni gay, uteri in affitto, adozioni e affidi le questioni si fanno etiche emorali. Ma sarebbe già un notevole passo avanti convincers­i che:

1. l’omoaffetti­vità non è un’invenzione moderna (antico Egitto e greci insegnano) e da allora nessuna civiltà è scomparsa per colpa di uomini o donne che amavano persone dello stesso sesso. Sono le carestie e le guerre che annientano le popolazion­i;

2. se molte società occidental­i e tecnologic­amente avanzate si confrontan­o con preoccupan­ti invecchiam­enti della popolazion­e, le soluzioni vanno trovate a livello politico, per esempio garantendo a coloro che decidono di costruire una famiglia («classica» oppure «arcobaleno») e avere dei figli la possibilit­à di vivere dignitosam­ente e senza dover elemosinar­e aiuti statali.

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