Cecilia Testa
Lottiamo contro l’isolamento Sconfiggiamo le apparenze
ci guardiamo intorno potremmo pensare di vivere in un’epoca che ha poco di cui farci rallegrare. E, cantava Niccolò Fabi, «abbiamo due soluzioni, un bell’asteroide e si riparte da zero o una somma di piccole cose». A questo giro opto per la seconda opzione, e tra le piccole cose che possono fare la differenza esistono esseri umani che si dedicano agli altri per un richiamo professionale o un innato sentire interiore.
Una di loro è Cecilia Testa, che ha iniziato il suo cammino nel settore sociale un po’ come se fosse un percorso inevitabile per lei. «I miei genitori sono stati molto impegnati politicamente per l’estrema sinistra negli anni Settanta e mia mamma era, ed è tutt’oggi, una fervente femminista. Ho respirato quest’energia, imparando quindi a lottare per quello in cui credevo, per le cause giuste e in generale per quello che sentivo fosse importante per me, per la mia crescita». Cecilia ha vissuto a Losanna e ammette che prima di decidere di rientrare in Ticino con il suo compagno ci ha pensato molto. « Avevo paura di tornare, perché molti lo descrivono come uno scoglio insormontabile che frena tutto e tutti. In realtà ho trovato terreno fertile e molte opportunità da cogliere nell’ambito in cui lavoro. È vero, c’è ancora molto da fare, ma ci sono le possibilità e lo spazio per essere ascoltati e creare progetti concreti».
L’integrazione per creare ponti
A Losanna Cecilia lavorava per un centro di donne migranti, un luogo di socializzazione-incontro e formazione dove si occupava di integrazione sociale in senso ampio del termine. «È stata la mia prima esperienza professionale e ho acquisito molto «sapere». Grazie a questo bagaglio conoscitivo, infatti,
mi sono state aperte le porte per sviluppare, insieme ad altre fantastiche collaboratrici, un format che già altrove funzionava. In realtà, io non ho inventato nulla. È stato bello sentirsi accolta e soprattutto che venisse data la possibilità di promuovere un centro di socializzazione anche qui».
Il campo di intervento di Cecilia è sempre stato l’integrazione. «Mi sono occupata di progetti comunitari nei quartieri, così da coinvolgere la gente, per creare momenti di aggregazione e condivisione, per migliorare la vita di vicinato e promuovere il volontariato». Mentre parla ha un largo sorriso che le disegna il viso e un entusiasmo contagioso. Si percepisce che fa quello che ama e ama quello che fa. «Da tre anni lavoro per l’associazione Il Tragitto di Lugano, di cui sono una delle coordinatrici», struttura che si rivolge alle famiglie e all’infanzia: «Qui offriamo diversi tipi di progetti, che creano momenti di incontro e scambi». Ho trascorso una mattina con Cecilia e le donne che orbitano nel centro. Si chiacchiera del più e del meno, si organizzano corsi di cucina (siriana o indiana), laboratori di cucito. Niente di straordinario – o forse sì? –, ma si dà a queste donne l’opportunità di rimettersi in gioco e la possibilità di uscire dal loro bozzolo per integrarsi.
Socializzare dal vero
La maggior parte delle donne che frequenta Il Tragitto sono migranti, spesso non lavorano e hanno figli. «Il denominatore comune di tutte queste donne così diverse per provenienza, storie personali e di vita è uno: la voglia e il bisogno disperato di socializzare. Per loro è una necessità primaria e quindi per me, per chi lavora in questo ambito, è semplicemente naturale accogliere il loro entusiasmo, la loro voglia di conoscere e conoscersi».
In un giorno Cecilia può interagire con donne che non hanno mai frequentato una scuola o con dottorande. «È incredibile come l’isolamento accomuni queste persone. Interagire con loro mi carica di energia e in qualche modo riequilibra le energie profuse. Spesso vengo a conoscenza di storie di vita intense, scorci di vita di esseri umani che non hanno paura di trasformare e trasformarsi. Tutto questo mi arricchisce profondamente. Mi sento profondamente impegnata civilmente e civicamente. Questo mi dà la forza per non rassegnarmi e continuare a percorrere questa strada».
Puoi essere chi vuoi
Cecilia ha un bellissimo pancione: è in attesa della seconda bimba che arriverà in primavera. «Sai cosa? Sono contenta che sia una bimba, perché sempre di più sento che uno dei messaggi che voglio passare alle donne nonostante tutto è: ‘Guarda che se vuoi, puoi farlo! Se vuoi puoi fare il meccanico, puoi studiare scienze, puoi sporcarti le mani se lo desideri’. Sento il forte desiderio di comunicare loro che, con cognizione di causa ( ride), possono fare quello che sognano e hanno sempre sognato, che hanno le stesse identiche opportunità degli uomini. E possono lottare per averlo. Volere è potere!».