Muri come specchi
L’opera combinatoria di Ozmo
Pioniere della street art in Italia, Gionata Gesi ci porta dal caos al cosmo e ritorno. E non esita a interrogarci, invitandoci a trovare la nostra personale rotta.
Più lo si guarda e più si moltiplicano gli stimoli e gli spunti visivi, che invitano a perdersi in un viaggio cosmico e intimo allo stesso tempo, come al cospetto dei conturbanti dipinti di Hieronymus Bosch dalla straordinaria ricchezza inventiva. Sulla tela, al vertice una corona domina la composizione; sotto, disposta a piramide, una miriade di personaggi, oggetti e simboli crea una configurazione in bianco e nero dal forte impatto: elicotteri militari, poliziotti in antisommossa e un ragazzo a terra ucciso («Carlo» è scritto vicino, come sui muri di Genova dove al raduno dei potenti è stata fermata la sua «rotta indipendente»); poco lontano la Pietà di Michelangelo, e di tutte le madri alle quali è stato strappato un figlio; sullo stesso piano donne ammiccanti in abiti succinti, nudi rinascimentali, eroine mitologiche dei telefilm; e poi San Giorgio e il drago di Paolo Uccello e la fanciulla che da una sorta di taser genera Biancaneve e il Principe Azzurro; il simbolo delle Black Panthers accanto al marchio Puma; la testa di topolino senza orecchie e quella della Medusa di Caravaggio che ci guarda con orrore.
Millenni di umanità
Questo e moltissimo altro è contenuto nel dittico Apocalypse dell’artista italiano Ozmo. Un mondo in cui su strade asfaltate, schermi o tele in pvc, storie moderne ricalcano vecchie trame e chiamano al confronto.
Classe 1975, pioniere della street art in Italia, Gionata Gesi, aka Ozmo, è conosciuto per le sue grandi opere murarie realizzate in numerose città di tutto il mondo; ma anche per le tele «indoor» che continuano a generare interessanti esposizioni in musei e gallerie, come in queste settimane alla Artrust di Melano. L’opera descritta ha fatto parte della mostra personale realizzata nel 2012 al Museo del Novecento a Milano dal titolo emblematico «PreGiudizio Universale». Come in una moderna Cappella Sistina, assemblando varie scene, Ozmo realizza un affresco in cui sono riuniti millenni di umanità. Oltre a richiamare il tema biblico, come suggerisce lo stesso artista, il titolo può riferirsi alla presunta profezia Maya sulla fine del mondo indicata il 12.12.2012; o ancora ai concetti di giustizia, giudizio e pregiudizio che regolano i valori nella civiltà così come nel mondo dell’arte. Connesso con varie parti della società e della cultura, Ozmo utilizza sapientemente diverse tecniche, attingendo a vastissimi repertori (dai vangeli ai tarocchi, dalle enciclopedie alla pubblicità). La sua arte si nutre di tutti questi elementi che vengono accuratamente remixati su tele e muri senza gerarchie di provenienza, e risemantizzati grazie a parallelismi, innesti di dettagli, rovesciamenti (celebre la gigantesca Madonna con bambino con le teste gi-