Mazara del Vallo
La civiltà sopra un’isola
Città di pescatori, commercianti e marinai, ma anche di racconti, gabbiani e cani randagi. Fu un centro artistico e letterario degli arabi e tra le sue mura e viuzze, che paiono una medina, si dipana tutta la storia della Sicilia.
Dicono sia la città più araba della Sicilia. Ma è una città fenicia, poi greca, cartaginese, vandala, bizantina. Una città di pescatori, di contadini, di commercianti. Nell’867 sbarcarono gli arabi e ne fecero un centro artistico e letterario. Costruirono una Casbah, il centro storico fatto di viuzze come in una medina, dove si passeggia ancora oggi e dove sono tornati a vivere migliaia di tunisini, quasi il 20% della popolazione di Mazara del Vallo.
Poi sono arrivati i normanni, che edificarono le mura e la cattedrale. A Fe- derico II di Svevia si deve invece il «più grande convento del mondo», come dice un foglio appeso sul suo portone. E in seguito ancora si dipana tutta la storia della Sicilia, con i suoi invasori che l’hanno depredata e amata. E ci hanno lasciato questo: il mondo sopra un’isola.
Mazara non è turistica, più che altro è abitata da cittadini. È una città di storie, di gabbiani e cani randagi. Di marinai. Il Muezzin richiama alla preghiera cinque volte al giorno, le barche se ne escono a pesca al mattino e dalle chiese la sera escono i canti della Messa. Al porto il mercato del pesce è piccolo ma zeppo di meraviglie; subito più in là iniziano le stradine della Casbah. Alle sue soglie c’è il Circolo degli Uomini di Mare, dove i pescatori in pensione giocano a tresette e a briscola. «Eravamo il primo porto di pescherecci d’Italia», racconta Mario. «Eravamo quasi tutti pescatori. C’era una flotta di 500 barche da pesca, ora ne rimane la metà». Dopo la seconda guerra dall’agricoltura si è passati alla pesca, che diventò un fiore all’occhiello della città. Tutti hanno già sentito parlare del famoso gambero rosso di Mazara, ammaru