Sighanda
Quella musica che profuma di Sicilia
sono concerti dai quali si esce con la certezza di essere stati in Sicilia. In uno di quei concerti, una notte di fine novembre del 2017 al «Sociale», riuscirono ad ascoltare la musica anche quelli della Federazione svizzera dei sordi, grazie a un doppio canto di voce e segni. Ma c’è chi giura che in sala si sentisse anche profumo di limoni e gelsomino.
«Sononata inBelgio, dagenitori siciliani. Ci hovissuto11anni, poi sonotornata coi miei in Sicilia. A 19 annimi sono trasferitaaMilano. Da lì a Parigi, che è sempre stata meta dei miei concerti». Dominique Fidanza, in arte Sighanda, in Ticino è arrivata nel 2011 quand’era già cantautrice. «Ho iniziato a fare musica a 20 anni, professionalmente parlando. Ho iniziato con il pop, quello che piùpopnonsipuò», racconta senza rinnegare nulla degli esordi nell’equivalente di una boy band, ma al femminile. «Sono passati anni luce. Era pop commerciale al 100%, studiato a tavolino. Siamo uscite dal primo talent musicale in assoluto in Italia, eravamo figlie della televisione. Non sono mai stata a mio agio, ma fa tutto parte del mio percorso artistico, chemi ha dato elementi per non fare ulteriori sbagli. Cosa penso quando mi rivedo? Mi faccio tanta tenerezza, vedo una ragazzina ambiziosa che a 20 anni lascia la Sicilia per approdare in un mondo completamentenuovo, nel quale di artisticonon c’era praticamente nulla. Ma non penso mai di essere stataun’altrapersona». Oggi che Sighanda fonde il dialetto siciliano con la lingua francese e un po’ d’italiano, costruisce pregevoli architetturemusicali e si è fattaunnomenel settore della canzone d’autore, siamo al massimo noi ad avere la sensazione che la teenager della girl band sia sempre stata un’altra persona, come quella storia di Paul che non sarebbe Paul, e Un ultimo disco, Mitofonie, che è pure un'opera d'arte grafica, tutta sua come le canzoni. Dentro, una lingua nuova retta dal dialetto siciliano, contaminata da poco italiano e tanto francese, degna di un invito al Premio Tenco, terra di chi di cantautori qualcosa ci capisce. Questa è la storia di Dominique Fidanza, in arte Sighanda,
dalla sua infanzia in Belgio agli esordi nell'impalpabile pop teen-generazionale.
Morrison che sarebbe Manilow. Sulla sua nuova lingua dice: «Ho semplicemente trasportato il modo di parlare che abbiamo quotidianamente in famiglia, dove mischiamo il francese e il siciliano, e poco italiano. L’ho trasportato nelle canzoni, in modo naturale. Ho applicato il concetto del ‘parla comemangi’, nel senso che canto come parlo».
L’emigrazione sulla pelle
Anche nell’arte parallela ( pittura, incisione) che affianca graficamente la sua musica, c’è tutto il suo vissuto, roseo e meno roseo: «L’emigrazione l’ho vissuta sulla mia pelle. Ti parlo degli anni Ottanta in Belgio, una nazione in cui i fiamminghi, almenoal tempo, non amavano i migranti. ‘Tornatene al tuo paese’ l’ho sentito più di una volta. Sono cresciuta in mezzo a turchi, marocchini e senegalesi, e i fiamminghi non ci amavano». C’è anche questo dentro le sue storie, oggi; anche questo è «materia che riaffiora senza che io vada forzatamenteacercaretra i ricordi». Asuo modo animale da palcoscenico, nelle dinamichepiùcontenutedi chinondeve stupire tanto per farlo, Dominique possiede l’inusuale discrezione di chi ti racconta di aver duettato con Zucchero in Francia cambiando discorso velocemente per non farlo pesare. Ti dice che ha vinto un concorso per cantautrici, manon che è il ‘Bianca d’Aponte’, quellopiù importante. Eprimachesiatroppo tardi, dell’invito al Premio Tenco di quest’anno, sull’altropalcodell’Ariston ( lo stesso, ma occupato in settembre dalla canzone d’autore), gliene parliamo noi per primi. «È stata una piccola consacrazione già essere lì, inmezzo ad artisti che avevo incontrato in passato e con cui avevo cantato. L’ambiente è sano, ci va gente che ha le idee molto chiare su cosa sia questa professione. È stato emozionante, avevo davanti a meduemilapersone. Ma il numeronon conta, mi sono esibita anche davanti a 30mila persone, cantando però le canzoni di altri, e l’emozione era diversa». Autodidatta dellamusica, Sighanda insegna disegno e tecniche pittoriche, dividendosi tra il Centro scolastico per le industrie artistiche di Lugano e la sua cattedra all’Accademia delle Belle Arti di Agrigento. «L’ultimo album ha una vena nostalgica, è scritto davanti al camino pensando al sapore, all’odore, ai colori della mia terra. È solo quando si è lontani che si può comporre con i ricordi. Stando in Sicilia, certe cose non potrei nemmeno scriverle, perché le vivo». Dominique non ricorda che musica girasse per casa da piccola. Anche perché i dischi, in casa Fidanza, non ci sonomai stati. «InBelgioimiei si alzavano alle 5 di mattina e non li rivedevo prima delle 6 di sera, c’erano pochi soldi e di certononquelliper comprare lamusica. Mio padre amava quella napoletana, che poco c’entra con la mia formazionemusicale. Mio nonno, quello da parte di mamma, eramusicante. Ma non so da dove siano arrivate le arti. Siamo persone abbastanza normali, siamo una famiglia di operai, tra noi non ci sono né poeti, né scrittori, né musicisti, né artisti». Tranneuna.