Il tempo del ginkgo biloba
Albero sacro e custode della casa, questa pianta originaria dell’Oriente regala giochi cromatici giallo-oro proprio in autunno. Ma le sue virtù sono anche altre.
Èla sola specie sopravvissuta delle Ginkgoaceae e pare essere la pianta a semi piùanticaoggipresente sulla Terra; un vero dinosauro in un’epoca dove questi giganti camminano solo al cinema. Il ginkgo biloba è un «fossile vivente» proveniente direttamente dal Giurassico, anche se la datazione archelogica non gli si addice piùdel tutto: le fogliedallasingolare lamina a ventaglio, dalmargineondulato e nervature parallele, non sempre sono incise nel mezzo a formare i due lobi, caratteristica evidente nei ritrovamenti archeologici.
Misteri d’Oriente
Originario dell’Estremo Oriente, questo albero è giunto in Europa attorno al XVIII secolo, e se ne possono ammirare esemplari settecenteschi negli orti botanici di Brera e di Padova. Notevole è pure il grande ginkgomesso a dimora nella seconda metà dell’Ottocento da Giuseppe Verdi nella sua villa campestre di Sant’Agata. Una fortuna legata al segno distintivo della sua presenza: in Oriente infatti era venerato come albero sacro, custode della casa, simbolo dell’immutabilità del tutto e della coincidenza degli opposti.
L’inusuale flabello fogliare dal lungo picciolo conserva intatto il fascino da antica stampa giapponese, ma il portamento stilizzato dei giovani esemplari dai radi rami orizzontali sembra uscito dalla matita di Bruno Munari ispirata, si sa, dall’estetica nipponica. Portamento che, poi, nei maschi adulti si fa conico, espanso nelle femmine. Assai diffuso come albero ornamentale per l’indubbio pregio estetico, è inarrivabile nella livrea autunnale giallo-oro fino. Il suo nome deriverebbe dal vocabolo yin, che in cinese significa argento, xing, albicocca (forse per la patina biancastra che riveste a maturità l’ocra dei falsi frutti). Da qui ginkyo, il nome del genere, poi traslitterato erroneamente in ginkgo.
Sacro e profano
Lentonella crescitama longevo, il ginkgo è pianta dioica con strutture riproduttive su individui diversi e diverse nell’aspetto: i fiori maschili disposti lungo amenti penduli, quelli femminili con due ovuli all’apice di peduncoli eretti. Bench Èpiùfrondose, le femmine producono drupemaleodoranti, perciò la misoginia botanica le bandisce dai giardini.
L’esito dell’impollinazione anemofila è infatti uno pseudofrutto, aranciato a maturazione, con una parte esterna carnosa, tossica (contiene acido butirrico), sgradevole all’olfatto, e una interna commestibile, dal sapore particolare: le «noci» di ginkgo si mangiano torrefatte come semi, decorticate sono ingrediente per molti piatti della cucina tradizionale cinese e giapponese. Noci e foglie del ginkgo sono oggetto di studio in campomedico. Paiono infatti confermate le preziose proprietà antiossidanti e neuroprotettive già note all’antica farmacopea orientale: rafforzano i vasi sanguigni e lamemoria, rallentano i processi neurodegenerativi. Insomma, con l’estratto di ginkgo potremmodiventare giurassici anche noi! E pensare che pochi mesi fa a Chironico (si veda la Regione del 15 luglio), qualcuno ha pensato bene di avvelenrarne uno, piantato oltre vent’anni prima. Tanto bello da infastidire forse per le rigogliose fronde. Paese che vai, sensibilità che trovi...