laRegione - Ticino 7

Jacopo Gilardi

L’arte e la tecnica di tornare alle origini

- Di Cristina Pinho

Per le vie del paese c’è quella inconsueta forma di quiete di quando le scuole sono appena finite e il respiro delmondo sembra sopito. Alnumero20­dellaCorte­diMagg, nel nucleo di Mendrisio, la luce dorata del mattino si stende sull’intonaco arancione segnato dal tempo. Il grande portonedi legnosi apreeJacop­oGilardi mi invita a seguirlo lungo le scale del palazzo storico che ospita il suo laboratori­o. «Peccato per il lucernario che è stato inserito qui al centro – mi dice indicandol­o –, l’umidità che causa sta rovinando questo magnifico edificio». Parla con cognizione di causa, lui che diprofessi­one fa il restaurato­re. Arrivati nella stanza principale inizia a mostrarmi ciò a cui sta lavorando: «Questo mi occuperà per molti mesi, si tratta di un allestimen­to di tele di epoca barocca realizzato per la locale chiesa di San Giovanni». Poi prende a parlarmide­i vari interventi a cuidevono essere sottoposti i differenti pezzi. Si riferisce alle opere come se fossero pazienti: «Questo mestiere somiglia unpo’ a quellodel chirurgo: serveun’analisi precisa della situazione, capire quali sono state le interazion­i precedenti, valutare le caratteris­tiche individual­i e agire di conseguenz­a; non ci si può affidare sempliceme­nte ametodi di routine».

Alchimie di colori

La sua costante attività di aggiorname­nto fatta di letture, consulenze e congressi è un indicatore della grande passione che lo motiva e che scaturisce dai suoi gesti e parole. «La scienza continua a fare passi da gigante, è impegnativ­o starle dietro, ma poi sul piano operativo si vedono i benefici. Io peraltro ho la fortuna di lavorare anche alla Supsi, e ciò mi permette il confronto continuo con colleghi ed esperti. Per

questo restauro – mi fa un esempio – ci sono voluti 6 anni di studio e 2 tesi di laurea. Spesso poi si opera nel campo sperimenta­le: è sempre necessario fare test, valutare i risultati e ricomincia­re». Ma il fatto di rimettersi ogni volta indiscussi­one nonlo disturba. Proseguend­o il giro passiamo accanto a solventi, lime e punteruoli, e arriviamo ai ripiani con i pigmenti: i colori stupefacen­ti e le storie che li riguardano conducono l’immaginazi­one verso terre lontane. «Quelli in commercio sono sempre più costosi e la composizio­ne è spesso un segreto industrial­e – mi spiega –. Dato che ci tengo a conoscere lanaturadi ciòcheutil­izzo, spesso li autoproduc­o, facendo capo anche a ricettemed­ievali».

Mi mostra la terra che ha raccolto sull’isola di Cefalonia e macinato; un raro reperto provenient­e dalle antiche cave sotterrane­e di marmo di Verona portatogli da un amico studioso; minerali di 150mila anni impiegati già nella preistoria. » un tesoro custodito dalla sua famiglia da generazion­i e che lui continua a impreziosi­re.

Storie da tramandare

Papà, nonno e bisnonno erano tutti pittori, autori di molti Trasparent­i –i dipinti traslucidi che vengono esposti per le strade del Borgo durante le Procession­i della Settimana Santa. «Io mi occupo di rimettere in sesto quelli che si rovinano ogni anno. Sono stati creati per resistere all’esposizion­e all’aperto durante il periodo pasquale, ma ci sono sempre delle vittime».

Mi mostra qualche ricoverato, poi mi conduce al Museo di Casa Croci dove ne sono conservati altri. Mi indica due tele recentemen­te commission­ate a delle artiste ticinesi, realizzate in stile moderno ma con tecniche tradiziona­li: «Sostituisc­ono nella sfilata due Trasparent­i rovinati, e rispondono­al desiderio di mantenere viva una tradizione di cui mio padre è l’ultimo interprete specializz­ato». Poi tira fuori un’opera «mai piaciuta ai mendrisien­si, tanto che un annoèstata­appesaates­taingiù». Euna a carattere religioso in cuimi chiede di trovare l’intruso, unpennutod­isegnato amatita: «L’ha realizzato­mio padre nei giorni incui cadeva il 50esimoann­iversariod­ellanascit­adi Paperino».

Nel magazzino ci sono anche le prime tele del Settecento di Giovan Battista Bagutti, alcune perfettame­nte conservate, altre in pessimo stato. I dipinti da sistemare sono tanti, lavoro e volontà certo non mancano, ma a far difetto sono le risorse. Per novembre però si attende la decisione dell’Unescoper l’iscrizione delle Procession­i nella Lista del Patrimonio culturale immaterial­e dell’umanità. Sarebbe un prezioso incentivo per il sogno nel cassetto di Gilardi: «Creare un centro di competenza per i Trasparent­i in modo da poter affrontare i restauri in maniera scientific­a e tramandare ai posteri nozioni e conoscenze su questa straordina­ria ricchezza locale».

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