Jacopo Gilardi
L’arte e la tecnica di tornare alle origini
Per le vie del paese c’è quella inconsueta forma di quiete di quando le scuole sono appena finite e il respiro delmondo sembra sopito. Alnumero20dellaCortediMagg, nel nucleo di Mendrisio, la luce dorata del mattino si stende sull’intonaco arancione segnato dal tempo. Il grande portonedi legnosi apreeJacopoGilardi mi invita a seguirlo lungo le scale del palazzo storico che ospita il suo laboratorio. «Peccato per il lucernario che è stato inserito qui al centro – mi dice indicandolo –, l’umidità che causa sta rovinando questo magnifico edificio». Parla con cognizione di causa, lui che diprofessione fa il restauratore. Arrivati nella stanza principale inizia a mostrarmi ciò a cui sta lavorando: «Questo mi occuperà per molti mesi, si tratta di un allestimento di tele di epoca barocca realizzato per la locale chiesa di San Giovanni». Poi prende a parlarmidei vari interventi a cuidevono essere sottoposti i differenti pezzi. Si riferisce alle opere come se fossero pazienti: «Questo mestiere somiglia unpo’ a quellodel chirurgo: serveun’analisi precisa della situazione, capire quali sono state le interazioni precedenti, valutare le caratteristiche individuali e agire di conseguenza; non ci si può affidare semplicemente ametodi di routine».
Alchimie di colori
La sua costante attività di aggiornamento fatta di letture, consulenze e congressi è un indicatore della grande passione che lo motiva e che scaturisce dai suoi gesti e parole. «La scienza continua a fare passi da gigante, è impegnativo starle dietro, ma poi sul piano operativo si vedono i benefici. Io peraltro ho la fortuna di lavorare anche alla Supsi, e ciò mi permette il confronto continuo con colleghi ed esperti. Per
questo restauro – mi fa un esempio – ci sono voluti 6 anni di studio e 2 tesi di laurea. Spesso poi si opera nel campo sperimentale: è sempre necessario fare test, valutare i risultati e ricominciare». Ma il fatto di rimettersi ogni volta indiscussione nonlo disturba. Proseguendo il giro passiamo accanto a solventi, lime e punteruoli, e arriviamo ai ripiani con i pigmenti: i colori stupefacenti e le storie che li riguardano conducono l’immaginazione verso terre lontane. «Quelli in commercio sono sempre più costosi e la composizione è spesso un segreto industriale – mi spiega –. Dato che ci tengo a conoscere lanaturadi ciòcheutilizzo, spesso li autoproduco, facendo capo anche a ricettemedievali».
Mi mostra la terra che ha raccolto sull’isola di Cefalonia e macinato; un raro reperto proveniente dalle antiche cave sotterranee di marmo di Verona portatogli da un amico studioso; minerali di 150mila anni impiegati già nella preistoria. » un tesoro custodito dalla sua famiglia da generazioni e che lui continua a impreziosire.
Storie da tramandare
Papà, nonno e bisnonno erano tutti pittori, autori di molti Trasparenti –i dipinti traslucidi che vengono esposti per le strade del Borgo durante le Processioni della Settimana Santa. «Io mi occupo di rimettere in sesto quelli che si rovinano ogni anno. Sono stati creati per resistere all’esposizione all’aperto durante il periodo pasquale, ma ci sono sempre delle vittime».
Mi mostra qualche ricoverato, poi mi conduce al Museo di Casa Croci dove ne sono conservati altri. Mi indica due tele recentemente commissionate a delle artiste ticinesi, realizzate in stile moderno ma con tecniche tradizionali: «Sostituiscono nella sfilata due Trasparenti rovinati, e rispondonoal desiderio di mantenere viva una tradizione di cui mio padre è l’ultimo interprete specializzato». Poi tira fuori un’opera «mai piaciuta ai mendrisiensi, tanto che un annoèstataappesaatestaingiù». Euna a carattere religioso in cuimi chiede di trovare l’intruso, unpennutodisegnato amatita: «L’ha realizzatomio padre nei giorni incui cadeva il 50esimoanniversariodellanascitadi Paperino».
Nel magazzino ci sono anche le prime tele del Settecento di Giovan Battista Bagutti, alcune perfettamente conservate, altre in pessimo stato. I dipinti da sistemare sono tanti, lavoro e volontà certo non mancano, ma a far difetto sono le risorse. Per novembre però si attende la decisione dell’Unescoper l’iscrizione delle Processioni nella Lista del Patrimonio culturale immateriale dell’umanità. Sarebbe un prezioso incentivo per il sogno nel cassetto di Gilardi: «Creare un centro di competenza per i Trasparenti in modo da poter affrontare i restauri in maniera scientifica e tramandare ai posteri nozioni e conoscenze su questa straordinaria ricchezza locale».